Ci ha lasciato Bob Brozman, etnomusicologo e virtuoso della chitarra

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Brozman resonator guitarBob Brozman, uno dei più grandi chitarristi del nostro tempo, ci ha lasciato pochi giorno fa. Il suo corpo è stato trovato senza vita nella sua casa in California, il 24 aprile. Daniel Thomas, suo stretto collaboratore di vecchia data e produttore, ha dichiarato sul Guardian che Brozman soffriva molto negli ultimi anni di problemi legati a un incidente in cui era stato coinvolto negli anni Ottanta, problemi che gli procuravano molto dolore e soprattutto gli impedivano di suonare come sapeva e voleva. In particolare con la mano sinistra non riusciva a suonare la steel guitar e durante le session del suo ultimo disco, “Fire in the mind”, uscito nel 2012, ci furono dei periodi in cui fu costretto a sospendere e questo fu estremamente difficile per lui.

Brozman era uno studioso attento e innovativo, oltre che un virtuoso della chitarra resofonica, volgarmente chiamata Dobro, nell’ambito della quale ha apportato importanti innovazioni, sia in campo stilistico che tecnico. Tra i suoi strumenti vi è infatti – come si può leggere nella pagina che gli dedica Wikipedia – “una versione baritonale della chitarra resofonica a tricono, al cui sviluppo ha attivamente contribuito nella seconda metà degli anni Novanta.

Nell’arco della sua lunga carriera ha collaborato con virtuosi di tutto il mondo, incidendo con loro dischi indimenticabili e unici. Tra questi ricordiamo “Mahima” (2003) con Debashish Bhattacharya (India), “Digdig” (2002) con Rene Lacaille (Isole Mascarene), “Songs of the volcano” (2005) con Papua New Guinea Stringbands, “Nankuru Naisa” e “Jin Jin” (2001 e 2000) con Takashi Hirayasu (Okinawa), “Ocean blues” (2000) Djeli Moussa Diawara (Guinea), “Four hands sweet and hot” (1999) con Cyril Pahinui (Hawaii).