E’ Zezi: un progetto politico e artistico nato quarant’anni fa

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Si può parlare degli Zezi analizzando semplicemente il loro nome. Che racchiude informazioni amalgamate, senza sbavature.

Il gruppo operaio E’ Zezi di Pomigliano d’Arco è un collettivo che si è formato nella prima metà degli anni Settanta. Pomigliano è una città dell’interland vesuviano in provincia di Napoli, dove ha sede la Fiat, ex Alfa Romeo, uno degli stabilimenti industriali più importanti del sud Italia. Questo collettivo nasce qui e prende il nome di “gruppo operaio”, perché alcuni suoi componenti, specie nei primi anni, sono operai degli stabilimenti di questa zona. Gli anni Settanta, lo sappiamo bene, sono stati teatro di cambiamenti importanti, sia sul piano politico che musicale, ma anche nelle arti performative in generale, e il gruppo operaio apporta il suo contributo al flusso di innovazioni attraverso un progetto volto principalmente in due direzioni. Da un lato una riflessione sulla classe operaia e sulle condizioni delle classi popolari urbane, non più contadine ma proletarie (per usare un termine cristallino anche se non più in uso). Una riflessione che è anche azione, concretamente legata ai movimenti di emancipazione e di contestazione, in forma di pratica politica e performance artistica. Dall’altro lato una ricerca e una riflessione sulla cultura popolare, riproposta in musica e teatro attraverso uno stile innovativo, caratterizzato da una struttura articolata ed evocativa di un contesto industriale e allo stesso tempo di tradizione orale.

Il nome “Zezi” riflette, invece, il legame del gruppo con la tradizione teatrale dell’entroterra campano. Un legame che si è rinnovato dentro un quadro di ricerca e sperimentazione, e che ha prodotto testi politici e di satira che oggi assumono anche un valore di cronaca storica, un contro-racconto sui temi che negli ultimi decenni hanno interessato il nostro paese e che riemergono ciclicamente come irrisolti: i terremoti e le gestioni delle emergenze, l’immondizia, la mafia, il clientelismo, la corruzione, il lavoro in nero, il lavoro minorile, i diritti dei lavoratori, lo sfruttamento, la disoccupazione.

E’ zezi – con la minuscola – erano i teatranti di strada che, fino agli anni Cinquanta, rappresentavano girando per i paesi “La canzone di Zeza”, un contrasto tra la Zeza e suo marito Pulcinella il quale, invano, si oppone al matrimonio della figlia Vincenziella con don Nicola. Il contrasto è cantato e ricco di riferimenti simbolici alla dimensione del passaggio e del rinnovamento, ma la versione riproposta dal gruppo operaio ha assunto un’esplicita connotazione politica, nella misura in cui fin dall’inizio è stata rappresentata anche fuori dal carnevale – periodo in cui tradizionalmente veniva messa in scena dai loro predecessori – ed è stata integrata con alcuni riferimenti all’attualità, come ad esempio le lotte degli operai o dei movimenti dei disoccupati degli anni Settanta, raccontate attraverso i canti politici tradizionali o le canzoni originali del gruppo.

E’ Zezi oggi

Oggi – a quasi quarant’anni dalla loro formazione – gli Zezi rappresentano ancora una novità nel panorama, italiano e non solo, delle musiche neotradizionali, o in generale ispirate alla tradizione orale. Le loro produzioni non riflettono soltanto le tensioni locali dalle quali ha preso le mosse il loro progetto, ma definiscono uno spazio politico dentro il quale prendono forma molte contraddizioni contemporanee. In questo quadro – dentro il quale gli Zezi criticamente definiscono e aggiornano il panorama delle musiche e dell’arte narrativa di tradizione orale, ampliandone così lo spettro fuori dalla retorica revivalistica – ogni produzione e ogni esibizione del gruppo evidenziano una via alternativa della partecipazione e della riflessione politica, generando un ciclo nuovo di elaborazioni musicali e allo stesso tempo una nuova relazione tra il patrimonio culturale di tradizione orale e la sua trasposizione spettacolare.