Nota sui tanti documentari musicali in uscita nei prossimi mesi

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Nick CaveCome ci ricorda Michael Bonner in un articolo pubblicato il 21 luglio sul magazine inglese Uncut, la seconda parte del 2014 sarà ricca di uscite cinematografiche. In particolare di documentari musicali, dedicati alle icone della musica popular internazionale, ma anche di progetti più “sperimentali”, che gettano uno sguardo nuovo sul patrimonio musicale degli ultimi cinquanta anni. Per gli amanti del rock, sono annunciati due eventi in particolare: il biopic su Jimi Hendrix, dal titolo “All Is by My Side”, e “20,000 Days On Earth”, docu-fiction incentrata su un giorno della vita del cantautore australiano Nick Cave. In quest’ultimo partecipano, oltre a Cave, i suoi più fidati collaboratori, con i quali ha condiviso i palchi di tutto il mondo: da Warren Ellis – il barbuto violinista australiano, fondatore della band Dirty Three e membro dei Bad Seeds e dei Grinderman, le due formazioni che negli ultimi anni hanno lavorato, sia in studio che dal vivo, con Nick Cave – a Blixa Bargeld (cantante e chitarrista tedesco, anch’egli con i Bad Seeds), dall’attore Ray Winstone a Kilye Minogue (quest’ultima ha duellato con Cave in “Where the wild roses grow”, brano del 1997 contenuto nell’album Murder Ballads).

Per chi invece vuole spingersi un po’ oltre, segnaliamo “Hustlers Convention”, il documentario sul disco del 1973 scritto da Jalal Nuriddin, membro fondatore dei Last Poets, gruppo di poeti e musicisti nato negli anni sessanta e impegnato nella rivendicazione dei diritti civili degli afro-americani. Come gli amanti del genere sanno, la maggior parte dei testi trattano di droga, emarginazione, gioco d’azzardo e, in generale, di cosa significhi vivere in un ghetto (condizione che rispecchiava quella dei neri d’America in quegli anni).

Per concludere, ciò che apprezzeranno di più i lettori di queste pagine sarà sicuramente “The 78 Project”, un documentario, ma soprattutto un esperimento che vede alcuni giovani ricercatori (Alex Steyermark e Lavinia Jones Wright) ripercorrere molti dei luoghi raggiunti da Alan Lomax durante le sue ricerche negli Stati Uniti e registrare i musicisti contemporanei con le attrezzature degli anni trenta. Il risultato è molto convincente, nella misura in cui ci da la possibilità di osservare un confronto insolito tra musicisti e tecnologia, ma anche perché, oltre a riconnettere l’esperienza di Lomax con la nostra contemporaneità, “scova” musica e artisti interessanti, altrimenti difficili da ascoltare.

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