Come un pesce nel boccale – Alberto Savinio, la musica e la metafisica (seconda parte)

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Nel 1917, mentre la guerra ancora imperversa, Savinio riprende ad occuparsi di musica, se non come compositore, come musicologo. Sulle riviste “Dada” e “291” pubblica due brevi saggi intitolati, rispettivamente, Un vomissement musical e Donnez-moi l’anathème, chose lascive. 02 Come un pesce nel boccale - Savinio con la moglieCon la fine delle ostilità, la sua attività di scrittore e saggista cresce ulteriormente, mentre, nel 1925, torna al pianoforte, alla composizione e alla direzione d’orchestra. Un anno dopo, il matrimonio con l’attrice Maria Morino e le prime prove di disegno che piacciono molto al fratello Giorgio. È anche l’anno del ritorno a Parigi e della consacrazione alla pittura. La sua prima personale è del 1927 e il catalogo è curato da Jean Cocteau. 03 Come un pesce nel boccale - Jean CocteauLe sue opere pittoriche, apparentemente riferibili al Surrealismo, vanno lette, in realtà, come il tentativo di dare forma ai due principi fondamentali della poetica metafisica: la spettralità e l’ironia. I suoi paesaggi e le sue figure metamorfiche sono spesso arricchite da un repertorio d’immagini derivate dalla classicità mai idealizzata[1]. La mostra riscuote un grande successo e i Savinio frequentano assiduamente Luis Aragon, Paul Eluard, Max Ernst e André Breton, che da tre anni hanno dato vita al movimento surrealista. Breton lo includerà (1938) – unico italiano – nella sua Antologia dello humour nero[2], presentandolo, insieme al fratello Giorgio, tra gli ispiratori del Surrealismo: “Tutta la mitologia moderna ancora in formazione ha le sue fonti nelle due opere, quasi indiscernibili nello spirito, di Alberto Savinio e di suo fratello Giorgio De Chirico, opere che raggiunsero il loro punto più alto alla vigilia della guerra nel 1914. Essi sfruttano simultaneamente tutte le risorse visive e auditive ai fini della creazione di un linguaggio simbolico, concreto, universalmente intelligibile […]”[3]. 04 Come un pesce nel boccale - BretonNel 1938, Savinio, che è tornato in Italia, a Roma, da tre anni, subisce la scure della censura fascista: le mostre soppresse, la scrittura di articoli vietata, la pubblicazione di libri annullata. Sotto falso nome riesce a farsi pubblicare recensioni di opere liriche e di concerti, che gli consentono di sopravvivere. Continuerà l’attività di critico, che si svolge soprattutto a Roma e a Milano, anche nel secondo dopoguerra. Savinio non si limita a descrivere opere e concerti, ma coglie sempre l’opportunità per affrontare le problematiche della musica contemporanea e per esprimere la propria poetica musicale. Eccone un esempio. Qui la recensione di un concerto al Teatro Adriano di Roma diventa l’occasione per dissertare sulla natura stessa della musica: “La musica è una straniera nel nostro mondo, un’intrusa. Le sue condizioni di vita sono così diverse dalle nostre, che ogni «naturale» convivenza con la musica riesce impossibile; meno per una completa rinuncia di noi stessi, per una resa incondizionata. Pure con la musica noi conviviamo. Sì. Ma è veramente con la «musica» che conviviamo? E quali le condizioni di vita della musica? Non lo sappiamo. Troppo diverse dalle nostre, le nostre facoltà intuitive non bastano a farcele conoscere. L’essenza della musica ci sfugge. E sempre ci sfuggirà. Ci sfuggirà sempre perché la musica «non è cosa nostra». La musica non fa parte delle cose che compongono l’assieme degl’«interessi umani». E l’organismo della conoscenza non funziona se non per le cose che in qualche modo rientrano negli interessi umani. Ci sono cose che noi conosciamo e altre che non conosciamo. Tutte le cose che noi conosciamo rientrano negli interessi umani, altrimenti non le avremmo conosciute. Tra le cose che non conosciamo alcune riguardano gli interessi umani, altre no: quelle che riguardano gli interessi umani noi prima o dopo le conosceremo: è il lento accumularsi della conoscenza, la causa del progresso; le altre, che non riguardano gli interessi umani, noi «non le conosceremo mai». 05 Come un pesce nel boccale - Alberto SavinioTra queste è la musica. È per questo che l’essenza della musica rimarrà per noi eternamente ignota. Che è questa misteriosa cosa che vive soltanto nel tempo? Come possiamo noi stringere rapporti con una cosa che vive soltanto nel tempo e farne una cosa nostra – un’arte? Noi crediamo di possedere la musica, e invece è la musica che possiede noi. L’uomo, per fare «anche» della musica un’arte, ossia uno strumento maneggevole, ha dovuto addomesticarla, ridurla, mutilarla. Ha dovuto rendere terrestre una cosa non terrestre, fermare una cosa essenziale, sfuggente, formare una cosa per sua natura informe. E l’uomo per prima cosa ha dovuto dare alla musica – a questa misteriosa cosa che vive unicamente nel tempo – anche un’apparenza di vita nello spazio; e le ha dato il ritmo; come si mette un morso a un cavallo selvatico […]. Il ritmo è per noi […] la garanzia che la musica è doma e addomesticata e che ormai possiamo considerarla «cosa nostra». Ma è assoluta questa garanzia? Musica senza ritmo per me è inaudibile. La sola musica che la mia mente e i miei nervi sopportano è la musica fortemente ritmata, ossia la musica che ha una qualche organizzazione umana e che in fondo somiglia a noi. Perché il ritmo è l’elemento «umano» della musica, la garanzia della sua stasi quaggiù e del suo ritorno, la confortante risposta a quella idea del ritorno che è la più umana delle idee. Ma nella musica tuttavia il ritmo è un elemento estraneo, un elemento imposto, un elemento che la musica sopporta a stento e dal quale tende a liberarsi […]. L’essenza della musica sfugge talmente a qualunque possibilità di conoscenza, che l’uomo tenta di spiegarsela mediante spiegazioni immaginarie; sia, come Pitagora, assimilandola ai numeri […]; sia, come Goethe, presentandola come una «architettura fluida» […]; sia, come Schopenhauer, facendo di lei l’immagine della volontà pura. Ma a che tentar conoscere l’inconoscibile? A che voler spiegare l’inesplicabile? La sola definizione che si addica alla musica, è la Non Mai Conoscibile. E non senza ragione. La non conoscibilità della musica è la ragione della sua forza, il segreto del suo fascino; e se l’uomo cede con tanto piacere alla musica, è soprattutto per il «diverso», per l’«ignoto» che è in essa […]. Cedere alla musica è un atto di soggezione a quello che non si conosce, e per questo attira”[4].

Le critiche di Savinio, per quanto, a volte, demolitrici, sono sempre un esercizio dell’intelligenza e prive d’invettiva[5]. Il fascino dei suoi ragionamenti è che “non sono architettati secondo logica, sebbene una coerenza interiore ci sia sempre, ma sono degli intrattenimenti […]”[6]. La forza del Savinio critico musicale è quella di “essere altrettanto pittore quanto musicista e altrettanto arguto quanto libero”[7]. E se nella sua opera letteraria e pittorica si respira la presenza costante del linguaggio musicale, è interessante constatare che, per fare critica musicale, egli si serva delle proprie qualità di pittore e delle conoscenze tecniche di pittura[8], nonché di quelle letterarie: “La musica è arte ritardataria e il suo progredire è strettamente legato al progresso meccanico degli strumenti musicali. Tintoretto visse tra il 1512 e il 1594 e tuttavia se vogliamo trovare l’equivalente in musica della libera potenza della sua arte dobbiamo arrivare fino a Wagner e magari a Richard Strauss, mentre se vogliamo trovare l’equivalente pittorico di Johann Sebastian Bach dobbiamo indietreggiare fino a Giotto e magari a Cimabue”[9]. E ancora: “[…] se penso a Johannes Brahms, mi vien fatto di pensare assieme a Joseph Conrad. […]. Quale analogia fra i due, quale somiglianza? 06 Come un pesce nel boccale - Joseph ConradAll’Adriano, udii la Terza Sinfonia di Brahms, e mentre i suoni ben combinati componevano via via i quattro tempi di questo monumento musicale, così grave nelle sue linee, eppure così doratamente illuminato da un caldo sguardo d’amore, io pensavo alle pagine dense e fitte dei romanzi di Conrad, che una dopo l’altra compongono finalmente quei monumenti letterari così gravi essi pure, ed essi pur doratamente illuminati da un caldo sguardo d’amore. Hanno in comune questi due uomini il passo lento e sicuro, la calma operosa, l’assenza totale di ogni capriccio, di ogni bizzarria; e una specie di maturità costante, la quale fa sì che né Brahms né Conrad li puoi pensare giovanili o senili, quasi la loro vita sia stata, dall’adolescenza alla morte, una lunga e ferma maturità. […] Pure una differenza fra questi due artisti c’è. Dietro il Conrad letterato, l’ombra riappare del Conrad marinaio, nel sibilo del vento e trai lembi delle vele dilacerate, e questo fantasma del marinaio reale, disturba come un intruso la compagnia del marinaio di fantasia e costringe a una certa quale reticenza. Ma dietro il Brahms musicista che altro c’è? … Nulla. E in nessun altro personaggio artistico, l’uomo scompare così completamente dietro l’artista”[10].

Dal 1940, qualche apertura del regime permette a Savinio di tornare ad esporre i propri dipinti e di dare alle stampe nuovi racconti e romanzi. 07 come un pesce nel boccaleNel 1943, però, in piena occupazione nazista, scopre di essere stato inserito in una lista di intellettuali antifascisti ed è costretto a nascondersi, mentre con la fine della guerra e la caduta del regime fascista può tornare alla piena attività creativa, scrivendo, dipingendo e componendo. 08 Come un pesce nel boccale - Savinio col figlio Ruggiero (1948)È del 1946 il suo balletto Vita dell’uomo, rappresentato all’Eliseo di Roma (1948) e, nel 1951, alla Scala di Milano. In quegli stessi anni si dedica anche alla regia, alla composizione e alla realizzazione di scene e costumi per il teatro musicale. La morte lo raggiunge mentre sta lavorando ad una nuova opera per il “Teatro delle Novità di Bergamo”, un festival diretto da Bindo Missiroli al quale, paradossalmente, aveva appena scritto: “So che il Teatro delle Novità non è fatto per gli autori di sessant’anni. Ma io, malgrado i miei sessant’anni, sono un giovane, un giovanissimo autore. Giovane praticamente, perché sono appena tre anni che mi dedico alla musica, e giovane di temperamento, perché mai mi ero sentito così giovane come mi sento ora, che giovane non sono più. Da giovane anche la mia reazione all’invito di scrivere un’opera per Bergamo: felice sorpresa e gratitudine”.

 

NOTE

[1] Voce “Savinio” in La nuova enciclopedia dell’arte, Milano, Garzanti, 1986, p. 752.

[2] André Breton, Antologia dello humor nero, Torino, Einaudi, 1970, p. 303.

[3] Idem.

[4] A. Savinio, Scatola sonora, Torino, Einaudi, 1977, pp. 6-10.

[5] Fausto Torrefranca, Poetica di Savinio critico musicale, in A. Savinio, Scatola sonora, op. cit.

[6] Ibidem, p. 456.

[7] Ibidem.

[8] Ibidem.

[9] A. Savinio, Scatola sonora, op. cit., p. 29.

[10] Ibidem, pp. 134-135.

 

PER APPROFONDIRE

BIBLIOGRAFIA

BELLINI, Davide, Dalla tragedia all’enciclopedia. Le poetiche e la biblioteca di Savinio, Pisa, ETS, 2013.

CRESPI MORBIO, Vittoria, Alberto Savinio alla Scala, Milano, Grafiche Step, 2015.

MASTRONARDI, Gianluca, Alberto Savinio scenografo, Roma, Libreria Efesto, 2015.

SAVINIO, Alberto, Catalogo di mostra, Milano, Electa, 1976.

SAVINIO, Alberto, La nascita di Venere. Scritti sull’arte, Milano, Adelphi 2007.

SAVINIO, Alberto, Nuova enciclopedia, Milano, Adelphi 1977.

SAVINIO, Alberto, Palchetti romani, Milano, Adelphi 1982.

 

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