Concertismo e insegnamento. Intervista a Francesco Gesualdi (1a parte)

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GesualdiIl suo interesse per lo studio e l’interpretazione della musica contemporanea lo ha portato a realizzare, in Italia, in Europa e in Australia, prime esecuzioni di molti compositori della scena musicale contemporanea.

Numerose e importanti le sue collaborazioni nel contesto della musica da camera di oggi: ha suonato con il chitarrista L. Attademo, i violinisti M. Kanno e D. Ceccanti, i violoncellisti F. Dillon, A. Ivashkin e M. Barrera, l’oboista F. Bagnoli, i pianisti M. Fossi e G. Nardi, le voci S. Bergamasco e M. Leoni, l’Ensemble Europeo “Antidogma”, il “Freon” ensemble, il “Contempoartensemble”, e con il centro di ricerca e produzioni “Tempo Reale”.

Recentemente ha ideato e curato il progetto “Futurismo in periferia”, sostenuto dall’Università di Cosenza, dove lo spettacolo – per fisarmonica, oboe, baritono e voce recitante – ha debuttato, per poi essere replicato all’Auditorium dell’Accademia di Danimarca a Roma e presso il Museo delle macchine tessili (MUMAT) di Vernio.

Nel 2013 è stato ospite del cartellone principale della celebre stagione degli Amici della Musica di Firenze, al Teatro della Pergola. In questo contesto ha realizzato la prima esecuzione italiana di Fetzen – per fisarmonica e quartetto d’archi -, un’importante composizione di uno dei più celebri compositori contemporanei, il tedesco W. Rihm. Sempre nel 2013 ha suonato all’Auditorium Parco della Musica – in Sala Petrassi -, per la settima stagione di Concerti del Parco della Musica Contemporanea Ensemble (PMCE). È fisarmonicista del PMCE Ensemble in residenza del Parco della Musica di Roma.

Ha inciso per EMA records e per la Curci. Insegna presso il Conservatorio di Avellino. Ha fondato il RowsEnsemble di cui è il direttore artistico. Dal 2011 è Direttore del Gruppo Aperto Musica Oggi (G.A:M.O.) di Firenze.

Quali sono le sue impressioni sullo stato dell’arte in Italia? La fisarmonica ha i giusti riconoscimenti, oppure è da considerare uno strumento di nicchia?

Se mi chiede quanto la fisarmonica abbia affermato la propria identità di strumento da concerto, sulla scena musicale di primo piano, quanto sia riuscita a collocarsi a fianco dei grandi strumenti della tradizione colta, le dico non ancora abbastanza. Perché un fenomeno di completa emancipazione artistica di uno strumento musicale si compia in modo capillare-regolare-definitivo è necessario passi del tempo di assestamento, un arco temporale naturale in grado di definire una storia più ampia dello strumento e del suo sviluppo culturale. Dunque bisognerà attendere ancora, e gli esiti a cui giungeremo dipenderanno molto dalla quantità e dalla qualità del lavoro che continueranno a fare i fisarmonicisti e gli interpreti – dallo spessore culturale ed artistico dei loro progetti musicali -, gli operatori culturali che si occupano di fisarmonica, i docenti e musicologi, i direttori artistici di festival fisarmonicisti. A proposito di organizzazione di manifestazioni musicali, con la fisarmonica tema centrale, spero davvero ci siano presto “Festival della Fisarmonica” che non prevedano troppi concorsi-competizioni-trofei-coppe o addirittura – parola che suona male in arte – campionati. Penso che sarebbe molto interessante immaginare la fondazione di un Premio prestigioso per fisarmonicisti, in grado di lanciare coloro i quali lo vincessero in una brillante carriera, e poi, davvero, immaginare “Festivals della Fisarmonica” con solo esibizioni concertistiche, frequentati da artisti invitati a raccontare il proprio percorso personale. Festivals in grado di divenire uno spazio aperto riconoscibile, dove i fisarmonicisti possano esprimersi non in opposizione “agonistica” fra loro. Luoghi di incontro e di confronto fra musicisti-fisarmonicisti, dove poter discutere per esempio nel merito dell’arte di suonare la fisarmonica, del rapporto che ogni artista ha con il suono della fisarmonica. Luoghi di cultura stimolanti dove vivere e pensare la musica. Insomma, un po’ o in parte come è avvenuto per la chitarra: ci sono molti festival interamente dedicati a concerti di chitarra, strumento con un background simile alla fisarmonica e che prima della fisarmonica, per ragioni anagrafiche, ha già compiuto il suo definitivo processo di maturazione.

Ciò detto, aggiungo che ad oggi tanto già è stato fatto per far uscire la fisarmonica dalla propria nicchia. E molti sono stati i riconoscimenti arrivati dal mondo della musica. Diversi fisarmonicisti lavorano con talento e intelligenza nella direzione di un concertismo di alto profilo artistico e culturale, sarebbe bello immaginare un numero sempre più crescente di concertisti in grado di collocare la fisarmonica nei cartelloni principali dei più importanti Teatri, Festivals e Stagioni concertistiche, dove la presenza della fisarmonica, soprattutto in ruoli solistici e cameristici, ancora oggi non è per nulla scontata. Notare la fisarmonica, e i suoi interpreti di valore, costantemente presenti nelle stagioni concertistiche sarebbe, sì questo, il riconoscimento più grande per tutto il nostro movimento fisarmonicistico. Ripeto, ma per questa visibilità dello strumento e dei suoi protagonisti sarà necessario ancora del tempo.

Personalmente faccio anch’io la mia parte in questa direzione e cerco di farla coerentemente con la mia idea di fisarmonica, con la mia cultura e con la mia sensibilità artistica. Così sono riuscito a realizzare i miei progetti musicali in molti centri musicali di primo piano, in stagioni concertistiche di prestigio, e anche a vantare collaborazioni con importanti interpreti e compositori della scena musicale d’oggi.

Mi permetta di fare un solo esempio di uno dei miei progetti concertistici più recenti, che testimoniano quanto ho detto. Ho eseguito, per gli Amici della Musica di Firenze, in prima italiana, con il Quartetto Savinio di Napoli, un’importante composizione, dal titolo Fetzen (Frammenti), per fisarmonica e quartetto d’archi, del celebre compositore tedesco Wolfgang Rihm, recente Leone d’Oro alla carriera alla Biennale di Venezia. Il Concerto faceva parte del cartellone principale della stagione concertistica degli Amici della Musica di Firenze – una delle Società da concerto più prestigiose e antiche d’Europa -, un cartellone dove la fisarmonica in un ruolo solistico (in questo ciclo unico di otto composizioni – molto complesso e virtuosistico – il compositore ha attribuito alla fisarmonica un ruolo concertante) e principale appare molto raramente. Ecco, questo secondo me bisognerebbe potenziare per fare bene alla fisarmonica: caldeggiare un concertismo fisarmonicistico in questi importanti contesti musicali, ambienti naturali per violinisti-pianisti-cantanti-violoncellisti-flautisti, a fianco dei quali la fisarmonica deve sentirsi a proprio agio.

Può parlarci della sua esperienza nella didattica?

Collegandomi a quanto detto prima dico che il ruolo della Scuola deve essere fondamentale per educare gli studenti a raggiungere certi obiettivi di qualità e di grande maturazione musicale. A Scuola, fin dall’inizio, gli studenti dei conservatori dovrebbero, a mio avviso, sviluppare, oltre che la propria tecnica e la pratica strumentale, la loro cultura musicale. Sì, la Scuola deve puntare allo sviluppo della cultura personale di ciascun fisarmonicista, deve favorire un’apertura delle menti e delle intelligenze musicali dei giovani studenti. Apertura mentale che migliora la capacità di pensare-sentire-vedere. La Scuola deve formare musicisti capaci di ascoltare il suono e di comprenderlo, deve indirizzare i giovani verso una concezione colta e raffinata della fisarmonica, a prescindere dallo stile e dal genere musicale che ogni interprete sceglie di frequentare. Poi magari non tutti gli studenti saranno concertisti, per una selezione naturale, o per mille altre ragioni, ma chi avrà la forza, la fortuna, il caso (la musica del caso direbbe Paul Auster, “come esperimento di verità”), la capacità e la competenza per esserlo, dovrà ambire a contesti aperti, di ampio respiro, contesti di valore storico, prestigiosi, e non solo a contesti di settore, che io spesso trovo autoreferenziali.

Insegno dal 2005 presso il Conservatorio di musica “D. Cimarosa” di Avellino. Ho insegnato lì per tutti questi anni senza soluzione di continuità. Questa è stata una fortuna per me e per i miei studenti, nonostante la grande fatica di viaggi interminabili per raggiungere la decentrata sede del Cimarosa. È stata un’esperienza importante: ho iniziato con ragazzi che partivano da un livello zero e, nell’arco di questi anni, ho lavorato con loro con molto entusiasmo e tanta voglia. Oggi sto raccogliendo i frutti di tutto questo lavoro: ho un corso composto da giovani fisarmonicisti molto promettenti, che io, con le mie lezioni, cerco di guidare verso il loro naturale e più congeniale approdo artistico, e di ispirare nelle loro scelte interpretative.

In che modo l’attività concertistica si interseca (e, eventualmente, interagisce) con l’attività di insegnante?

L’attività concertistica è un’esperienza profonda nella vita di un musicista e penso aiuti a dare qualcosa in più quando si insegna. Penso, ad esempio, aiuti meglio ad insegnare come gestire il complesso impegno del suonare dal vivo, penso anche insegni meglio a superare questioni esecutive ed interpretative che sono alla base di ogni esperienza concertistica. Essere concertisti credo ci permetta d’avere, per i nostri allievi, quei consigli in più utili ad affrontare, anche da un punto di vista psicologico, la grande esperienza del suonare in pubblico, e la meravigliosa vertigine che la scena di ogni Teatro o Auditorium o Sala da concerto è in grado di dare. Ma insegnare è molto altro ancora: è soprattutto formare individui culturalmente sviluppati, con una coscienza di sé, che abbiano un’idea e un progetto chiaro che li riguardi, che siano in grado di immaginarsi “da grandi” in qualche modo – “musicale”; musicisti curiosi in grado di ascoltare la musica, con grande apertura mentale, e di essere in grado d’apprezzarne il valore; musicisti disposti ad ascoltare più volte una musica difficile da capire, per imparare a scoprirla ed amarla; musicisti in grado di rifiutare in maniera categorica molta musica posticcia e becera che il mercato ci propina ferocemente – e badi, non parlo di un genere piuttosto che un altro, per me c’è diversa musica pop apprezzabilissima; musicisti in grado di rendersi a loro volta capaci di trasferire ad altri quanto hanno assimilato durante il loro percorso formativo. Per far questo non bisogna essere necessariamente concertisti, bisogna voler bene al proprio lavoro ed essere umanamente generosi.