Fabrizio Festa: Il mio Concerto per fisarmonica, tra natura e preghiere

141
Fabrizio Festa
«Il mio Concerto per fisarmonica, tra natura e preghiere»
di Angelo Chiarle

 

Fabrizio FestaUno strumento eclettico per un talento eclettico. Questa, in rapida sintesi, la segreta “affinità elettiva” che lega la fisarmonica a Fabrizio Festa, pianista di matrice jazz, allievo di Enrico Pieranunzi, compositore, direttore d’orchestra, critico musicale, docente di musica applicata… Le sue composizioni sono state eseguite in una sfilza impressionante di Paesi, dal Canada alla Russia, dalla Lituania all’Azerbajan. Fabrizio Festa si ripresenta al pubblico di Torino con una nuova opera, la terza composta su commissione dell’Orchestra Filarmonica di Torino.

Com’è nata l’idea di questo nuovo Concerto per fisarmonica e orchestra d’archi?

«È uno strumento che conosco bene. Il Concerto è dedicato a Ivano Battiston, a cui mi lega una vecchia amicizia nonché un sodalizio artistico che dura da parecchi anni. Ivano mi aveva commissionato un pezzo per il suo Quartetto Italiano di fisarmoniche, Pioggia Vento Luce, dopo il quale abbiamo pensato di scrivere un lavoro con un’orchestra d’archi, perché fisarmonica e archi è un connubio che funziona a meraviglia, ed esiste una bella letteratura».

Come si connota stilisticamente questo nuovo lavoro?Ivano Battiston

«Fin dal primo movimento mi ricollego al Concerto per violoncello, pianoforte e archi che mi aveva commissionato sempre la Filarmonica di Torino. Quando scrivo per fisarmonica, sono attratto dalla flessibilità melodica e dalla potenza dello strumento. È un pezzo di musica “classica” di stampo europeo, ma certamente non avanguardistico. Ho una mia linea compositiva con uno stilema preciso, che affonda pienamente nel Novecento, è politonale e contrappuntistica, ma molto libera, senza alcun riferimento né folkloristico né etnico. Nei moltissimi pezzi per fisarmonica che ho scritto mi sono sempre rifiutato di usare la fisarmonica come un richiamo al mondo del jazz o del tango e tantomeno del folklore italiano o argentino».

Com’è strutturato il Concerto?

«In cinque movimenti. I movimenti dispari hanno titoli “naturalistici”, Presto al mattino, Corrono le nuvole, Mattino, e sono brillanti. I due movimenti centrali, invece, si intitolano Preghiera prima e Preghiera seconda: sono di fatto due adagi più lunghi dall’andamento molto meditativo, con un dialogo molto intenso tra il solista e l’orchestra. Nell’insieme la costruzione è molto coerente, perché tutti i movimenti sono collegati l’uno all’altro tramite le stesse cellule, anche se estremamente variate. Uso moltissimo i silenzi e sfrutto la capacità degli archi e della fisarmonica di scendere ai pianissimi per lanciarsi poi in scatti dinamici importanti. Avendo Ivano come solista, la parte della fisarmonica a volte è virtuosistica, ma anche molto contenuta: contano molto il timbro e gli arabeschi melodici che ho costruito».

 

Per gentile concessione del mensile “Sistema Musica” di Torino