Il nuovo disco del polistrumentista argentino Daniel Melingo

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Melingo LinyeraDaniel Melingo è uno dei musicisti più interessanti del panorama musicale internazionale. Argentino, con un passato caratterizzato da tanti progetti eterogenei (attivo nel teatro indipendente di Buenos Aires durante la dittatura militare, chitarrista nella band Los Twist e sassofonista con i Los Abuelos de la Nada) e collaborazioni con grandi nomi della musica sudamericana – come Milton Nascimento -, da alcuni anni si è dedicato a una personale versione del tango, che risente in egual misura del suo background e della ricerca che ha intrapreso sui repertori tradizionali. Il risultato è un nuovo tango, nel quale si percepisce un approccio molto estemporaneo e, allo stesso tempo, una grande padronanza nel modellare la grammatica di questo genere tradizionale originario del Rio de la Plata, tra Argentina e Uruguay. Gli album prodotti negli ultimi anni sono caratterizzati da questa ambivalenza e rappresentano un nuovo e plausibile stadio del tango, nel quale sono ravvisabili gli elementi tradizionali di una poetica malinconica e irriverente e, allo stesso tempo, l’elasticità della struttura popolare dei brani, aperta a interventi anche “autoriali”come quelli di Melingo. Nel solco di questa sperimentazione, il polistrumentista argentino ha finora prodotto diversi album (Santa Milonga, del 2004, Maltido Tango, del 2008, Corazón & Hueso, del 2011), l’ultimo dei quali, “Linyera”, uscito quest’anno, sta avendo un ottimo successo internazionale, tanto da essersi piazzato stabilmente ai vertici della World Music Charts Europe. Le notizie su questo eclettico musicista non sono molte (i suoi stessi dischi sono difficili da trovare – l’ultimo è prodotto dalla World Circuit Records – e il suo sito internet non è aggiornato). Se ne riescono a trovare nelle riviste specializzate e in alcune trasmissioni radiofoniche particolarmente attente. Come ci ricorda Valerio Corzani nella sua recensione per la RSI Rete Due, il tango di Melingo “non è mail un tango ortodosso. Tutt’altro. Anche dal punto di vista ritmico va a pescare in quello stilema, ma allo stesso tempo allarga e affonda anche nel folk argentino di diverso taglio e di diversa struttura. Si è fatto conoscere comunque in passato, negli anni ottanta, per aver conciliato la tradizione argentina del tango con l’universo dei bassifondi. Ma poi si è trasformato in una sorta di crooner, appunto con una voce i cartavetro, che ha sviluppato una visione musicale sempre più eclettica, sempre più personale”.

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