Raffaele Bellafronte (*1961): “Para una milonga” (per bajan)

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Raffaele BellafronteRaffaele Bellafronte scrive questo pezzo nel 2011 affrontando per la prima volta il fascino e le problematiche del bajan. Innanzitutto il titolo: non è una milonga ma è per una milonga. Il compositore perciò prende spunto da una parola che rimanda inequivocabilmente ad un genere, ma da essa si discosta subito per navigare dentro il mondo della danza in modo più libero e visionario. Inoltre nella sua scrittura c’è il tentativo di sfuggire agli idiomi fisarmonicistici per cercare un significato più profondo sia a livello melodico, armonico e ritmico che di micro strutture polifoniche. C’è però un sottile legame con il titolo che è dato da un melos centrale che ritorna per altre due volte, con il timbro e la tonalità variate, che mostrerebbe l’intenzione del compositore di non portare il pezzo verso la sua dissoluzione ma al contrario di ancorarlo saldamente alla realtà della danza e ad una maggiore partecipazione emotiva attraverso la riconoscibilità di alcuni elementi ricorrenti e caratterizzanti.

 

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RAFFAELE BELLAFRONTE (Vasto *1961) Diplomato in pianoforte con Lucia Passaglia, ha studiato composizione ed analisi con Firmino Sifonia, Giampaolo Chiti e Fulvio Delli Pizzi. Dopo anni di ricerca e sperimentazione negli studi di registrazione, la sua produzione si sposta progressivamente da un modello dove l’autore esprime le sue idee, le realizza e le propone in maniera definitiva attraverso un supporto audio, ad uno che riallaccia i fili con le strategie compositive dei secoli precedenti. Numerose sue opere sono state pubblicate dalle Case Editrici Rai Trade, Curci, Carisch, Bongiovanni, Bèrben e d’Oz. Le sue opere varcano i confini nazionali per approdare in sale da concerto e teatri tra i più importanti al mondo quali la Carnagie Hall di New York dove nell’ottobre ’96 viene commissionata ed eseguita Oasi alla mente in prima mondiale. Da allora tantissimi gli altri appuntamenti di rilievo tra i quali: Mosca, (Sala Tchaikovsky) 2002 Sur le blanc, concerto per flauto e orchestra; Vienna (Konzerthaus) 2003 prima mondiale de Il labirinto dell’anima per ottavino e orchestra; Denver 2004 (Colorado) convenction mondiale della tromba, prima esecuzione di Afrika per tromba e pianoforte; San Diego (California) 2005 convenction mondiale del flauto, prima esecuzione di The Crazy Acrobat per ottavino e pianoforte; Tokio 2005 convenction mondiale del clarinetto, prima esecuzione di Frammenti d’ombra e luci per clarinetto solo; Roma – Parco della Musica – concerto di Natale 2005 del governo italiano con l’Ave Maria per soprano e orchestra; Vienna 2009, nella stagione ufficiale del Musikverein, prima mondiale Zeit, concerto per fagotto e orchestra; settembre 2011 al Teatro Petruzzelli di Bari, con “I Virtuosi della Scala” prima mondiale di Frontiere per clarinetto e orchestra d’archi; 2013 New York, prima mondiale di Maria del Mar per contrabbasso e pianoforte all’ISB – International Society of Bassists. Ha inciso per le case discografiche Bongiovanni, Rai trade, Summit Records, Stradivarius, Tactus e Delos International. Ideatore e direttore artistico dei Masterclasses – Seminari Musicali Internazionali, dal 1990, ne ha curato per vent’anni tutte le edizioni. Direttore artistico della scuola Civica Musicale è dal 2007 direttore artistico del Teatro Rossetti di Vasto. È docente presso il Conservatorio di Campobasso. I suoi lavori discografici e le sue pubblicazioni sono inseriti nei maggiori cataloghi musicali mondiali.
 
 
Raffaele Bellafronte compone quest’opera nel 2001 trattando i tre strumenti di questo affascinante organico per la prima volta assieme. E già l’ambiguità del titolo ci pone di fronte a una domanda: suoni o giochi di mezzanotte? In questo viaggio c’è il tentativo di vivere le tante contraddizioni che l’oscurità ci offre e i tre strumenti, con le loro spericolate volute, navigano con sospensione, attesa ed elettrica tensione, tra dolore, ironia, gioco e pathos. A tratti, anche l’ambiguità ritmica diventa elemento destabilizzante e caratterizzante della composizione. Numerosi cambi di scena e di sonorità, mostrano il turbamento e la continua ricerca di identità che mai si posa e mai si palesa, sfuggendo a facili intuizioni e rimandando la fantasia a nuovi scenari. Nel finale, un inatteso placarsi delle linee fa emergere il clarinetto che si abbandona ad un dolcissimo melos, in contrappunto con il violoncello e il pianoforte, che spegne le tensioni accumulate e posa i suoi pensieri tra le pochissime ultime note alla ricerca di una attesa e serenissima pace.