Sergio Capoferri: letteralmente folgorato dal suono della fisarmonica

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Sergio CapoferriSergio Capoferri è un fisarmonicista sensibile, dall’ottima padronanza strumentale, che ama spaziare fra svariati generi musicali ma particolarmente incline alla musica classica, a quella popolare e al tango argentino. Attraverso questa chiacchierata ripercorre alcuni tra i momenti più importanti della sua carriera.

Hai studiato fisarmonica classica e corno francese. In che modo è scaturita questa scelta di studiare dapprima l’accordion per poi proseguire con lo studio del corno?

«Devo lo studio della fisarmonica classica a mia sorella Rita, perché lei la studiava, ma il suono dolce di questo strumento mi ha subito conquistato. Per quanto riguarda il corno francese, invece, tutto è partito dal gruppo “Boomerang”, formazione nella quale suonavo l’organetto. Poi, a 12 anni, mi è stata regalata una tromba dall’organista Giorgio Sgherzi. Dopo qualche anno ho effettuato l’iscrizione per tromba presso il C.D.M.A. di Ascoli Piceno, però sono stato indirizzato verso lo studio del corno francese dalla mia insegnante di fisarmonica Anna Maria Pirozzi. Dunque, mi informai e venni a conoscenza del corso gratuito di corno della durata di un anno, poiché considerato uno strumento piuttosto raro. Pertanto, fu così che mi innamorai del corno francese».

Ti sei esibito per la prima volta, pubblicamente, alla tenera età di 4 anni, a Fermo, suonando la fisarmonica diatonica. Ricordi come hai vissuto quella tua esibizione dal punto di vista emotivo?

«Non dimenticherò mai la piazza gremita. In molti gridavano «non lo vediamo». Fui preso di peso dal palco e messo su un tavolo con la mia sediolina, mentre sotto i miei piedi misi l’astuccio dello strumento. Non capivo l’euforia delle persone, perché io pensavo di fare una cosa normalissima e adatta alla mia età».

Nel corso della tua attività concertistica, Italia a parte, hai tenuto svariati concerti in Austria, Francia, Germania, Danimarca. Qual è stato l’impatto umano con il pubblico fuori dal Belpaese?

«Nelle mie esperienze all’estero ho suonato sia musica popolare che classica. Ho riscosso successo e suscitato curiosità nel pubblico. Durante i concerti percepivo l’apprezzamento per il nostro talento creativo e anche l’ammirazione verso noi musicisti italiani».

Con il “Quartetto Mantice”, formazione da te creata, hai suonato al celeberrimo Festival Internazionale della Fisarmonica di Castelfidardo. Che genere di repertorio hai proposto in quella occasione e quali sensazioni hanno provato gli ascoltatori presenti in quel live?

«Al F.I.F. di Castelfidardo, nella “Sala degli Stemmi”, abbiamo ricordato il M° Gervasio Marcosignori, proiettando sue frasi e immagini. Fu molto emozionante già solo il ricordo del maestro con il quale collaboravamo e scambiavamo idee per il quartetto. Persino una settimana prima della sua dipartita ci confrontavamo alla “Dionea”, la sua trattoria preferita a Castelfidardo. Il repertorio della formazione è classico. Questa ensemble, grazie al parere di Marcosignori, ha affrontato musica barocca come “The Arrival of the Queen of Scheba” di Hendel, l’Overture da “Lo frate ‘nnamorato” di Pergolesi, “L’estro armonica Op. 3 dal Concerto N° 11 di Vivaldi” e lo “String Quartet N° 19 (Allegro-4° Movimento) di Mozart. Trasversalmente al periodo romantico, un brano organistico come il 4° movimento “Toccato Suite Gothique” Op. 25 (Léon Boëllmann), uno orchestrale con la “Danza 8 Slavonic Dances”, “Op. 46” (Antonín Dvorák). Invece, a conclusione del concerto commemorativo per il M° Gervasio Marcosignori, il brano intitolato “Corale” di Guido Farina».

Sergio CapoferriSei stato ospitato, in qualità di fisarmonicista, presso la Sala delle Crociere della Biblioteca Nazionale a Roma per il Ministero dei Beni Culturali. Com’è nata questa interessante opportunità?

«Nel 2009, a San Benedetto del Tronto, insieme a circa venti musicisti abbiamo fondato l’associazione musicale “Riviera delle Palme”, con la quale si tennero più o meno 20 concerti sinfonici in due anni. L’orchestra fiati, sotto la direzione artistica del M° Salvatore Accardi, ha realizzato spettacoli sino a 250 partecipanti fra coro, orchestra fiati e banda cittadina. Il contatto con Roma è avvenuto in maniera naturale. Hanno conosciuto la nostra realtà e siamo stati invitati per un live. In questa occasione, per mancanza di disponibilità da parte di alcuni, ho presentato al maestro Accardi il repertorio di fisarmonica solista da lui tanto apprezzato».

Durante il tuo cammino artistico hai avuto l’onore di suonare anche in Vaticano, sia presso la prestigiosissima Sala Nervi che all’interno dell’auditorium dell’Istituto Patristico Augustinianum. Per quali circostanze sei stato invitato lì?

«Per la “Sala Nervi” sono stato invitato da Emidio Cecchini, presidente nazionale di Acli Arte e Spettacolo che era presente al concerto nella “Sala delle Crociere”. Lui mi chiese di suonare all’udienza papale per il settantesimo anniversario della fondazione ACLI, con il compito di riempire i tempi morti nel corso dell’udienza. Mentre all’auditorium dell’”Istituto Patristico Augustinianum” fui contattato direttamente dalle ACLI per commemorare la prematura scomparsa di Emidio Cecchini, in quanto artefice della mia presenza in Sala Nervi».

Nel 2018 hai inciso il tuo primo album, per sax e fisarmonica, intitolato “Scaramouche”. Quali sono le caratteristiche stilistiche di questo disco?

«Il duo sax e fisarmonica è frutto di una collaborazione di alcuni anni con il M° Daniele Berdini. Il progetto è innovativo, atto a esplorare le innumerevoli sonorità dei due strumenti. Il repertorio prevalentemente trascritto per questa formazione va dal Barocco al 900, attraverso il Romanticismo fino alla musica contemporanea, in cui non mancano arrangiamenti per musiche di film. Le diverse sonorità sono espresse anche tramite equipaggiamenti posizionati sulla fisarmonica e grazie all’utilizzo di differenti sassofoni per ottenere un’ampia gamma sonora. Nel disco figurano la “Sonata in sol minore – BWV 1020” di Bach, “Concerto  per oboe e orchestra” di Bellini, “Milaud Scaramouche” che è un brano originale per sax e orchestra, “Tango in Re” di Albéniz, “Suite Hellénique” e “Pequeña Czarda” di Iturralde e dulcis in fundo “Verano Porteño” di Piazzolla».

Suoni fisarmoniche prodotte dalla Ottavianelli Accordions, azienda di Castelfidardo. Potresti descrivere le specifiche tecniche del modello che utilizzi in studio di registrazione e nei concerti?

«Ho conosciuto l’Ottavianelli nel 2001, grazie all’amicizia con Nazzareno Carini. Ho due fisarmoniche Ottavianelli, di cui una è musette per la musica francese, swing e d’intrattenimento. Per quanto concerne la fisarmonica classica a bassi sciolti, modello conservatorio, mi sono fatto costruire un accordion esclusivo con sonorità, registri diversi nella mano destra e bassi sciolti per quinte nella sinistra, comprese delle sperimentazioni su sordine da applicare sulla stessa fisarmonica. Ricordo un aneddoto in Germania, precisamente a Colonia, al termine di un concerto con il “Quartetto Mantice”. Si avvicinarono dei fisarmonicisti tedeschi per leggere la marca della fisarmonica, oltre a chiedermi spiegazioni sugli apparati aggiunti. Tanto fu l’apprezzamento che la chiamarono “Accordion Special”. Ringrazio la “Ottavianelli Accordions” per aver costruito le mie due fisarmoniche».