Un uomo profondo – Nazzareno Carini: una vita per la fisarmonica (4° parte)

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Nazzareno Carini: una vita per la fisarmonica (3° parte) - foto 3Continua la storia – e continuano anche le storie – di Nazzareno Carini. La narrazione è fatta anche di salti temporali che, a volte, è lui a voler compiere, altre l’intervistatore: Torniamo indietro di qualche anno, Nazzareno. Vorrei che mi raccontassi (siamo passati al tu) di quando, tornato in Italia dalla Francia e lasciati gli insegnamenti di Pierre Monichon, andasti alla ricerca di un nuovo maestro.

“Il primo a cui chiesi fu il padre di Gervasio Marcosignori, bravissimo musicista, preparava il figlio, ma una volta che m’ha sentito suonare, m’ha detto: ‘tu non hai bisogno della scuola mia!’. Quindi, non ho trovato subito chi poteva dare un seguito al livello al quale ero arrivato con Monichon. Mi ricordo che qui, a Castelfidardo, avevamo il direttore della banda che era un grande personaggio; alla sera, quando suonavo, si metteva sotto la finestra di casa mia per ascoltarmi. A lui piaceva, soprattutto, sentirmi suonare l’overtoure di Il poeta e il contadino (di Franz von Suppé, n.d.r.) E mi diceva: ‘ma come fai a fare questi passaggi difficili?’. Era proprio affascinato. Neppure lui reputava  di potermi fare scuola. Alla fine, io e un mio amico, che si chiama Adalberto Guzzini, abbiamo saputo di Adamo Volpi, che aveva cominciato a comporre musiche per fisarmonica, e siamo partiti a piedi per raggiungerlo. Abitava a circa 6 km da Castelfidardo, e allora non c’erano tanti mezzi. Appena incontrato, gli ho detto che suonavo la fisarmonica e che venivo dalla scuola francese, una scuola molto buona. Ha voluto sentire come suonavo ed è stato molto attento ad ascoltare quello che gli raccontavo, si vedeva che era interessato: il tipo di fisarmonica che usavamo nella scuola, a note sciolte, che lui non conosceva, il sistema della scuola, e di come Monichon aveva corretto un mio difetto: quando suonavo, curvavo la testa sopra la tastiera, così (Nazzareno inclina la testa a destra per farmi capire). Monichon, allora, mi faceva suonare con un libro sopra la testa, così non potevo piegarla. Raccontavo tutte queste cose a Volpi. Per esempio di come usavamo il mantice alla scuola francese, e lui mi diceva che quando il mantice è a zero non si deve neppure respirare per impedire di farlo oscillare. Il mantice – diceva Volpi – è l’espressione della fisarmonica, è la sua potenza, è il sentimento, è l’anima che ti senti dentro”.

Il racconto, anche privato, di questi grandi maestri, m’incuriosisce e chiedo a Nazzareno quali altri abbia conosciuto e che cosa può raccontarmi di loro.

“Ho conosciuto Vladimir Zubitsky, un maestro russo che insegna al conservatorio di Pesaro. Abbiamo stretto amicizia ed ora, quando mi vede mi abbraccia. I musicisti russi sono sbalorditivi per la loro bravura. Eseguono delle musiche di una difficoltà pazzesca, che noi non siamo in grado di suonare con le nostre fisarmoniche; esecuzioni possibili solamente grazie al tipo di fisarmonica bajan. Di Roma, ho conosciuto Giancarlo Caporilli, bravissimo, anche lui un carissimo amico. Un suonatore eccezionale. Ogni suonatore ha la sua caratteristica, indubbiamente, ma Caporilli sa suonare qualsiasi genere, il jazz, la canzonetta, il pezzo di virtuosismo, e io ho avuto una grande soddisfazione perché una volta ha voluto dedicarmi una serata”. Ancora una volta, Nazzareno sorride imbarazzato e, ancora una volta, lo fa distogliendo lo sguardo dall’interlocutore e dalla videocamera che, però, resta impietosamente puntata su di lui. “Tanti maestri li ho conosciuti anche perché venivano a farmi visita nel mio magazzino, magari accompagnati da un costruttore, anche, solamente, per la curiosità di vedere tutte le componenti. Con molti ho avuto dei rapporti bellissimi. Per esempio, con Peter Soave, a cui, un giorno, ho chiesto di darmi un suo manifesto. È stato un grande personaggio: ha vinto a Castefidardo ed è stato tre volte campione del mondo. Gli ho detto, guarda, il manifesto tuo lo appendo qui nel mio magazzino, nel punto più alto. Tra tanti che ho conosciuto, ritengo che tu, in questo momento, sia il più grande. Quando ne troverò un altro che mi colpirà più di te, allora ti metterò in seconda fila. Ti dirò che in trent’anni, questo manifesto è rimasto appeso nel magazzino mio. Sì, ne ho visti passare tanti di musicisti nel mio magazzino, americani, russi… Frank Marocco, Simone Zanchini, Luciano Biondini, Koba, Richard Galliano. Ma oggi, chi mi sorprende molto sono i ragazzini: 10, 12 anni, quello che riescono a fare… Certo, oggi le tecniche di apprendimento sono più evolute, ma ritengo che a volte sia un dono di natura. Conosco bene anche Emanuele Rastelli di San Marino, che ha una sua caratteristica. Per esempio, lui si affianca a un sassofonista, a un violinista, a un altro fisarmonicista. Questo comincia a suonare un pezzo, un motivo che lui non conosce. Lui prende subito la tonalità e comincia a svisare. Ognuno ha la sua caratteristica e non possiamo dire questo è più bravo di un altro. Ivano Battiston, per esempio, è uno specialista per le musiche di Bach, è impressionante come riesce a suonare, il suono pulito… Giacomo Bogliolo, invece, altro grande amico, è l’unico che conosco che riesce a suonare la Rapsodia in blue di Gershwin, e la suona per intera, in un modo impressionante. Devi sapere che quando apriamo e chiudiamo il mantice, l’aria prodotta è la stessa sia per la parte del cantabile, sia per quella di accompagnamento. L’aria è quella. La pressione è quella. Se diamo un piano, è piano per tutto. Lui, invece, Bogliolo, fa cose che proprio non so come riesca a farle. In un intervallo di un millesimo di secondo riesce a dare delle sfumature capaci di farci percepire un aumento di intensità dei bassi e una diminuzione del canto. È una roba che a volte non me la so spiegare. È un grandissimo personaggio, che da qualche anno viene a Castelfidardo, dove organizza una specie di festival dedicato direttamente agli artigiani costruttori. Lui vuole dare il merito non solamente alla ditta, ma all’artigiano costruttore perché a volte il titolare dell’azienda non è del tutto competente e deve proprio all’artigiano i miglioramenti”.

Nazzareno Carini: una vita per la fisarmonica - seconda parte (foto 7)Ormai da anni, come mi ha raccontato e come io ho già riferito ai lettori, Nazzareno ha lasciato l’attività professionale, ma non per questo la sua vita è meno densa di impegni… “Dopo aver smesso, e dopo i primi anni in cui io e mia moglie ci siamo dedicati quasi esclusivamente ai nipoti, mi sono occupato di molte cose fra cui, per esempio, della collaborazione con la rivista “Fisarmoniae”. Poi, qui a Castelfidardo, volevano assolutamente che facessi il direttore del Museo Internazionale della Fisarmonica, ma io l’ho escluso subito perché ritenevo di non essere all’altezza. Non come competenza sulle fisarmoniche, ma perché io non ho studiato e sono di temperamento un po’ timido per cui non me la sentivo di fare conferenze, di parlare in pubblico… avrei dovuto ricominciare a studiare da capo l’italiano. Qualche volta, i miei nipoti mi dicono che non ho ancora imparato a mettere gli accenti… Però lavoro moltissimo col museo. Sono membro della commissione e ho parecchie mansioni. Per esempio quella di controllare se le fisarmoniche che entrano a far parte della collezione sono rovinate. A volte ne prendo qualcuna, la porto a casa, la risistemo. Non è che faccio un vero e proprio restauro, ma le sistemo per avere almeno una presenza bella nelle vetrine. Adesso stiamo esaminando tutto l’inventario per vedere se ci sono degli errori. Inoltre, organizzo, molto riuscite, molto apprezzate, delle dimostrazioni dal vivo delle fasi di lavorazione della fisarmonica. Sono fasi significative che aiutano musicisti, riparatori, ecc. anche a capire e a risolvere i problemi che incontrano. Poi faccio tante altre cose. Sono appassionato collezionista delle fisarmoniche, in modo particolare di quelle antiche, e di queste mi ha sempre affascinato non tanto l’aspetto esteriore, ma come sono state costruite, i materiali che usavano, l’evoluzione dei nuovi materiali… anche queste sono cose bellissime.. il concetto di lavorazione, i meccanismi… questo mi ha sempre affascinato vederlo. Per il museo tante volte faccio delle schede tecniche. E poi mii piace fare le prove. Sono stato tanto appassionato delle prove dell’ancia libera, le prove più strane del mondo per vedere cosa succede quando l’aria comprime l’ancia. Prove che quando ne parlo con qualche amico mi dice che non riesce a capire come mi vengano in mente certe cose!”. Nazzareno ride compiaciuto. E prosegue: “Magari mi viene voglia di vedere quello che succede riscaldando un’ancia, hai capito? L’ancia aumenta un po’ di volume e altera il suono. Oppure cercare la motivazione di certe affermazioni: una volta, una grande fisarmonicista m’ha detto che d’inverno la fisarmonica suonava meglio che d’estate. E non è stata l’unica a dirlo. E penso di essere sulla buona strada per trovare la spiegazione. Poi do una mano… m’è capitato decine di volte che qualche riparatore di qui mi chieda l’aiuto per risolvere qualche problema. Senza pensare a tutte le telefonate che ricevo da fuori per gli stessi motivi. Per esempio, da un signore di Reggio Calabria, che ho avuto modo di conoscere. È un orologiaio e s’è dedicato anche a costruire delle ance per le zampogne. E poi, visto che aveva una certa predisposizione, s’è messo a costruire le fisarmoniche diatoniche e riesce a farle anche molto bene. Ovviamente, ci sono delle parti per cui si rifornisce a Castelfidardo. Molti anni fa, mi telefona e mi dice che ha un problema immenso e che devo aiutarlo”:

«Faccio diversi modelli di fisarmonica e quando ordino i mantici a Castelfidardo ci mettono anche 5 mesi, 6 mesi per consegnarmeli… Capisco che sono uno d’un tipo, uno d’un altro, però io rimango bloccato»

“Io, così, scherzosamente, gli ho detto: ma perché non li fai te? Prova a farli te.

«Ma io non ho la minima condizione per farli…»

Nazzareno Carini: una vita per la fisarmonica - seconda parte (foto 2)“Io ritengo che se sei riuscito a fare la fisarmonica, riesci a fare anche il mantice. Fai esattamente quello che ti dico io: nel magazzino di mio fratello, ordina questa merce che io ti dirò. Adesso per prova puoi ordinare 2 cartoni già piegati (gli ho detto la profondità), ordini gli angoli (gli ho detto le misure), tutto per un paio di mantici. Quando hai questa merce, ti dico quello che devi fare. Non hai bisogno di nessuna macchina perché io t’insegno il sistema antico di lavorare. Quando le macchine non c’erano, si faceva tutto completamente a mano. Lui ha seguito le mie indicazioni; prima ha fatto bene una cosa, poi in un’altra telefonata gli ho spiegato il secondo procedimento, è andato avanti, è riuscito a fare i mantici ed oggi produce le fisarmoniche con i mantici suoi. Io tutti gli anni ricevo un bellissimo bigliettino d’auguri da parte sua, a volte mi cerca anche dei bigliettini particolari, sonori, è una grandissima persona”.

Ecco, quest’ennesima (ma non ultima) giornata di conversazione con Nazzareno si chiude qui, con il sorriso che gli illumina il volto mentre pensa all’amicizia che è nata con quest’uomo. Che è, in assoluto, quello che gli interessa di più.