IL SOGNO SEGRETO DI UMBERTO SABA
Saba, la “poesia onesta” e il melodramma verdiano
(seconda parte)
Per Saba il poeta deve entrare nella vita di tutti e perciò deve utilizzare le parole di tutti, immettendosi onestamente “nel sermo trito e antico che tutti vivono e parlano”[1]:
“d’immettere la mia dentro la calda
vita di tutti…
d’essere come tutti…
gli uomini di tutti
i giorni
[…]
d’uscire
di me stesso, di vivere la vita
di tutti,
di non essere più io,
d’esser questo soltanto: fra gli uomini
un uomo”[2].
“Non scorderò mai più
questo, Eleonora mia”[7]
“sono presi, quasi di peso, dal… libretto d’opera del Trovatore.
“Muto
parto dell’ombre per l’immenso impero”[10].
Il melodrammatese costituisce per Saba il terreno fertile in cui sono sedimentati i «triti» «detriti» della «grande poesia», da cui possono rigerminare i moduli del sabese[11]. Ceneri è “anche la più musicale delle poesie di Saba; la parola vi trasfigura in musica”[12]:
“Ceneri
di cose morte, di mali perduti,
di contatti ineffabili, di muti
sospiri”[13].
Inizialmente, anche a causa dei versi ritenuti poco originali, l’opera di Saba riceve giudizi critici generalmente scettici. Solamente a partire dal 1945, ottiene importanti apprezzamenti fino ad essere collocata, ancora oggi, tra le maggiori della poesia contemporanea.
Nei primi anni del Novecento, la tendenza a contaminare l’opera poetica in un genere diverso non appartiene esclusivamente a Umberto Saba. Aldo Palazzeschi ambisce a dare vita ad un teatro di parola; nelle opere di Filippo Tommaso Marinetti e di Corrado Govoni si saldano segni linguistici e segni visivi; Guido Gozzano trasforma il testo poetico in un racconto. Saba è il solo, però, a guardare come ad un modello al melodramma ottocentesco sia per quanto riguarda la parte linguistica che quella musicale.
“Una donna! e a scordarla ancor m’aggiro
io per il porto, come un levantino.
Guardo il mare: ha perduto il suo turchino,
e a vuoto il mondo ammiro.
Una donna, una ben piccola cosa,
una cosa – dio mio! – tanto meschina;
poi una come lei, sempre più ascosa
in se stessa, che pare ogni mattina
occupi meno spazio a questo mondo,
dare ad un’esistenza il suo profondo
dolore; solo io qui sentirmi e sperso,
se più di lei la mia città non riempio;
spoglio per essa, e senz’altare, il tempio
dell’universo.
Una donna, un nonnulla. e i giorni miei
sono tristi; una donna ne fa strazio,
piccola, che una casa nello spazio,
un piroscafo è tanto più di lei[22].
Ecco, stiamo assistendo, così pare, all’avanzare di un personaggio sulla scena del teatro musicale: canta un brano di apertura e i modi sono proprio quelli di un assolo operistico. Ed ogni parola, ogni verso, pur non avendo un carattere particolarmente musicale, sono circonfusi di un alone melodico[23].
NOTE
[1] Edoardo Sanguineti, “Saba e il melodramma”, in E. Sanguineti, La missione del critico, Genova, Marietti, 1987, p. 152.
[2] Umberto Saba, “Il borgo”, da Cuor morituro, in Il canzoniere, Torino, Einaudi, pp. 312-313.
[3] Cfr. prima parte di questo articolo, in https://www.strumentiemusica.com/notizie/il-sogno-segreto-di-umberto-saba-1-parte/
[4] E. Sanguineti, op. cit., p. 152.
[5] Lina Wölfler, la moglie di Saba.
[6] U. Saba, “Storia e cronistoria del Canzoniere”, in U. Saba, Prose, Milano, Mondadori, 1964, p. 449.
[7] U. Saba, “Eleonora”, da Cuor morituro, op. cit., p. 330.
[8] U. Saba, “Storia e cronistoria del Canzoniere”, in Prose, op. cit., p. 535.
[9] Ibidem, p. 586.
[10] U. Saba, “Ceneri”, da Parole, in Il canzoniere, op. cit., p. 414.
[11] E. Sanguineti, op. cit.
[12] U. Saba, “Storia e cronistoria del Canzoniere”, op. cit., p. 586.
[13] U. Saba, “Ceneri”, da Parole, in Il canzoniere, op. cit., p. 414.
[14] U. Saba, “Storia e cronistoria del Canzoniere”, op. cit., p. 639.
[15] U. Saba, “Scorciatoie, n. 46, Verdi”, in Prose, op. cit., p. 280.
[16] E. Sanguineti, op. cit, p. 154.
[17] Fausto Curi, Gli stati d’animo del corpo. Studi sulla letteratura italiana dell’Otto e del Novecento, Bologna, Pendagron, 2005.
[18] U. Saba, “Il bianco immacolato signore”, da Tre ricordi del mondo meraviglioso, in Prose, op. cit., p. 142.
[19] Giacomo Debenedetti, Poesia italiana del Novecento. Quaderni inediti, Milano, Garzanti, 1974.
[20] Marco Forti, Debenedetti, Saba e la poesia del Novecento, in http://www.giacomodebenedetti.it/wp/alle-frontiere-della-letteratura/il-novecento-di-debenedetti/debenedetti-saba-e-la-poesia-del-novecento/.
[21] F. Curi, op. cit., p. 126.
[22] U. Saba, Nuovi versi alla Lina, “1” in Il canzoniere, Torino, Einaudi, p. 111.
[23] F. Curi, op. cit.
PER APPROFONDIRE
BIBLIOGRAFIA
LAVAGETTO, Mario, Quei più modesti romanzi. Il libretto nel melodramma di Verdi, Torino, EDT/musica, 2003.
MIOLI, Piero, (a cura di), Tutti i libretti d’opera di Giuseppe Verdi, Roma, Newton e Compton, 2009.
PIZZO, Marco et al., Giuseppe Verdi. Musica, cultura e identità nazionale, Roma, Gangemi, 2013.
PORTINARI, Folco, Pari siamo! Io la lingua, egli ha il pugnale. Storia del melodramma ottocentesco attraverso i suoi libretti, Torino, EDT/musica, 1981.
QUARANTOTTI GAMBINI, Pier Antonio, La calda vita, Torino, Einaudi, 1958.
ROMEO, Dario, Giuseppe Verdi e la cultura del melodramma, Roma, Scienze e Lettere, 2012.
SABA, Umberto, Epistolario, Milano, Mondadori, 1964.
SABA, Linuccia (a cura di), Il vecchio e il giovane. Il carteggio Umberto Saba – Pier Antonio Quarantotti Gambini, Milano, Mondadori, 1961.
LINK AUDIOVISIVI
https://www.youtube.com/watch?v=KyvxA0U44ck