Federico García Lorca, la linguamusica e l’urlo della siguiriya
(terza parte)
A García Lorca appare chiaro che non bisogna necessariamente essere gitano per cantare, suonare e ballare provando e trasmettendo emozioni profonde. Né, tantomeno, è sufficiente essere padroni della tecnica, seppure la più raffinata. Bisogna avere il duende. Su questo “potere misterioso che tutti sentono e nessun filosofo spiega” García Lorca tiene per la prima volta una conferenza il 20 ottobre del 1933 a Buenos Aires, nel salone della Sociedad de los Amigos del Arte: “[…] il duende è un potere e non un agire, è un lottare e non un pensare”. “Ho sentito dire da un vecchio maestro di chitarra: ‘Il duende non sta nella gola; il duende monta dentro, dalla pianta dei piedi’. Vale a dire, non è questione di capacità, ma di autentico stile vivo; vale a dire, di sangue; di antichissima cultura, e, al contempo, di creazione in atto. […] È, in definitiva, lo spirito della Terra”[1].
Nel 1927, la pubblicazione della raccolta di poesie intitolata Canciones ed il suo successo fanno sì che García Lorca sia acclamato dalla stampa come “il più grande poeta spagnolo contemporaneo”. Prima a Barcellona, poi a Madrid anche il suo dramma Mariana Pineda, per il quale realizza pure le scene e i costumi insieme a Salvador Dalí, riscuote un grande successo di pubblico e di critica. A dicembre dello stesso anno, a Siviglia, partecipa assieme ad altri poeti alle commemorazioni del poeta Luis de Góngora (1561-1627). In questa occasione Dámaso Alonso, poeta e critico, “battezza” la cosiddetta “Generazione del ‘27”, nella quale colloca, insieme a García Lorca, altri giovani poeti: Jorge Guillén, Gerardo Diego, Pedro Salinas, Rafael Alberti, Luis Cernuda, Vicente Aleixandre, Juan Larrea, Manuel Altolaguirre, Miguel Hernández, che avrebbero rinnovato profondamente tematiche, linguaggio e stile della poesia spagnola.
“Alle cinque della sera.
Eran le cinque in punto della sera”. […]
All’inizio del 1929, il poeta riceve un invito a pronunciare una serie di conferenze negli Stati Uniti e a Cuba. Prima del viaggio, il suo dramma Amore di don Perlimplín con Belisa subisce la censura. Poi, a giugno, la partenza per Parigi, Calais, Dover, Londra, Oxford, Southampton e, infine, New York, dove rimarrà per circa un anno, ospite della Columbia University. A marzo dell’anno successivo parte per Cuba dove, nei due mesi della sua permanenza, pronuncia conferenze e scrive e pubblica su riviste diverse poesie.
A New York, durante una serata a lei dedicata, conosce La Argentinita. Ballerina, coreografa, bailaora di flamenco, la Argentinita (nome d’arte di Encarnación López Júlvez) è figlia di emigranti spagnoli in Argentina, ma nel 1901, ancora bambina, era tornata in Spagna con la famiglia. A otto anni si era esibita in pubblico per la prima volta. Lo straordinario successo ottenuto l’aveva portata a Barcellona, in Portogallo a Parigi, a Berlino e, di nuovo, nelle Americhe. Negli anni ’20 torna in Spagna e diventa l’amante di Ignacio Sánchez Mejías. Nel 1931, incide alcuni dischi di canzoni popolari (Zorongo gitano, Anda jaleo, El Café de Chinitas, Los Pelegrinitos), raccolte ed armonizzate da García Lorca, che l’accompagna anche al piano.
Nel 1932, ormai tornato in patria, Federico affronta con entusiasmo un nuovo progetto. Con la sovvenzione del governo delle sinistre appena eletto, organizza e dirige il gruppo universitario di teatro La Barraca, che porta gli autori classici del teatro spagnolo (Calderón de la Barca, Lope de Vega, Tirso de Molina, Cervantes) fino negli angoli più remoti del Paese. Ovunque il successo di pubblico è strepitoso, ma riceve tanti elogi dai progressisti quanti furiosi attacchi da esponenti della destra, alcuni dei quali, a San Juan del Duero, fanno irruzione nel teatro per interrompere lo spettacolo.
Al ritorno in Spagna, nel 1935, la situazione politica è capovolta. Al governo sono salite le destre ed il progetto de La Barraca, ormai privato di qualsiasi sostegno pubblico, vive la sua ultima stagione. A settembre, però, si profilano nuovi successi teatrali per García Lorca, che debutta a Barcellona con il suo nuovo dramma Yerma.
Il 1936 è l’anno del ritorno al potere delle sinistre, ma è anche l’anno fatidico in cui la Spagna deflagrerà sotto i colpi della guerra civile. Il 15 febbraio, alla vigilia delle elezioni, Lorca firma un nuovo documento politico, stavolta in appoggio al Frente Popular, pubblicato sul giornale comunista Mundo Obrero. A luglio, le azioni armate dei fascisti contro il legittimo governo si moltiplicano; il 13 dello stesso mese, nonostante il parere contrario degli amici, Federico parte per Granada, una delle città maggiormente coinvolte nei disordini. Il 17 è il giorno del pronunciamento di una parte dell’esercito contro il governo della Repubblica: è l’inizio della guerra civile, che durerà tre anni e che vedrà l’intervento di volontari da tutto il mondo, a sostegno della Repubblica, e quello degli eserciti tedesco ed italiano in aiuto delle milizie fasciste e monarchiche.
NOTE
[1] Federico García Lorca, Gioco e teoria del duende, Milano, Adelphi, 2007, p. 13.
[2] Ibidem, pp. 15-16.
[3] Ibidem, pp. 17-19.
[4] Ibidem, pp. 20-21.
[5] Pablo Neruda, Confesso che ho vissuto, Milano, Sugar Edizioni, 1974, p. 151.
PER APPROFONDIRE
BIBLIOGRAFIA
ASSUMMA Maria Cristina (a cura di), Lorca e Alberti. Tradizione e avanguardia, Roma, Artemide, 2009.
BODINI, Vittorio, I poeti surrealisti spagnoli, Torino, Einaudi, 1963.
BROUÉ, Pierre e TÉMIME, Émile, La rivoluzione e la guerra di Spagna, Milano, Sugar editore, 1962.
GARCÍA LORCA, Federico, Teatro, Torino, Einaudi, 1968.
THOMAS, Hugh, Storia della guerra civile spagnola, Torino, Einaudi, 1963.
WEBSTER, Jason, Duende. Viaggio alla ricerca del flamenco, Milano, Neri Pozza, 2003.
LINK AUDIOVISIVI
https://www.youtube.com/watch?v=gQ2uqBdwYYU
https://www.youtube.com/watch?v=TX_Ro_RzOcQ&list=RDgQ2uqBdwYYU&index=2
https://www.youtube.com/watch?v=op6qgtMgI3c
https://www.youtube.com/watch?v=Ea23pR1V5NQ