Ascoltare per comprendere (2^ parte)

Il senso in musica tra didattica e divulgazione

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Ascoltare per comprendereAttraverso studi sperimentali, Michel Imberty, allievo di Robert Francès (i cui studi ho richiamato nella prima parte di questo articolo), tende a mostrare come le strutture musicali siano la rappresentazione simbolica della vita affettiva, psichica e corporea. La combinazione dei diversi elementi delle strutture musicali (tempo, intensità, funzioni armoniche, linee melodiche, combinazioni di suoni, ecc.) attivano, secondo questa ipotesi,  schemi di tensione e distensione che agiscono come mediatori nella produzione di senso, rapportandosi direttamente agli schemi di integrazione e disintegrazione dell’Io.

Nello studio considerato in questa sede, Imberty si occupa in particolare dell’origine psicomotoria del senso in musica, con particolare riguardo all’interpretazione della comunicazione vocale, sia parlata che cantata. Nell’indagare il rapporto tra cultura e psicomotricità legata al linguaggio, Imberty dimostra che l’espressività delle parole del canto viene infatti compresa sulla base dell’esperienza collettiva della parola. La cosiddetta “melodia della parola”, una “sorta di espressività del linguaggio senza parole”,  viene presa a modello per il canto. Essa è costituita da un sistema di unità intonative che agisce a due livelli: un livello segmentale che riguarda solo alcuni punti del messaggio e assolve a una funzione distintiva; un livello soprasegmentale che riguarda l’intonazione di una frase completa in combinazione con i tratti prosodici e assolve a una funzione  più propriamente espressiva, comunicando carattere, intenzioni, emozioni. Imberty dimostra come i tratti soprasegmentali del linguaggio parlato siano basati su schemi di tensione e distensione legati all’espressione psicomotoria delle emozioni. Nell’attribuzione di senso, quindi, il legame fra tratti prosodici ed emozioni risulta essere motivato e non arbitrario, a causa delle forti somiglianze con l’esperienza psicomotoria delle emozioni.

All’importanza della origine corporea della musica si riferiscono le riflessioni di Francois Delalande sul simbolismo del gesto e del movimento.

Delalande individua un primo livello di simbolismo musicale, in cui le qualità del gesto produttore vengono trasferite al suono: l’ascoltatore percepisce così il suono con la qualità del gesto che lo ha prodotto (es. suono vigoroso = gesto vigoroso). Questo primo livello risponde alla condotta sensomotoria; inoltre Delalande stesso rinvia ai codici generali di Stefani, ai quali ascrive la semiologia del gesto produttore, e alle ipotesi di Francès quando sostiene che le sensazioni cinestesiche si comunicano attraverso la musica e ricorda l’importanza dell’esperienza sensomotoria, attraverso la quale il bambino ha costruito un repertorio di associazioni tra sonoro e gesto produttore e la dimensione affettiva di cui inevitabilmente si carica ogni gesto.

A un secondo livello di simbolismo musicale ogni suono evoca qualità non legate al gesto produttore e si appoggia al mondo immaginario e simbolico. Ecco, quindi, che, dall’origine corporea dell’esperienza sonora, che corrisponde a una condotta sensomotoria, si passa a una condotta simbolica, in cui la musica si libera dalla sua corporeità ed è in grado di evocare altro.

Nell’osservare le condotte del gioco infantile, appare chiaro come, dai tre anni in poi, il bambino associ spontaneamente una dimensione immaginaria (che è espressiva e rappresentativa) al gesto che produce suono.

Esiste poi un altro livello, quello del gioco di regole, in cui l’attribuzione di senso avviene a partire dalla percezione della struttura musicale. Il riferimento alle condotte musicali è interessante in quanto non riguarda esclusivamente le condotte sonore del bambino, ma si allarga alle condotte sia dell’interprete adulto che dell’ascoltatore.

La riflessione di Delalande e di Francès porta a sottolineare, tra l’altro,  l’importanza dell’educazione all’espressività nell’educazione musicale di base. Prima ancora della scolarizzazione, risultano fondamentali tutte quelle interazioni tra adulto e bambino volte a rinforzare i giochi di produzione sonora e la costruzione di quel repertorio di equivalenze tra gesti, suoni ed esperienze affettive, che rimarranno patrimonio indelebile dell’individuo. La padronanza dell’espressività, della capacità di attribuire carattere e senso, considerata sia dal punto di vista del produttore che dell’ascoltatore (ruoli in educazione interdipendenti), costituisce una fondamentale competenza generale in musica e, in quanto tale, può e dev’essere educata indipendentemente da una qualche pratica strumentale. L’insostituibile prima opportunità è offerta dall’attivazione delle condotte del gioco simbolico che creano situazioni rappresentative atte a uno sviluppo raffinato e pieno di sfumature dei registri espressivi. La dimensione simbolica dell’esperienza musicale agisce inoltre come fattore “organizzatore” di una sinergia di gesti, suoni e intenzione espressiva, che permette di adeguare spontaneamente i mezzi tecnici al risultato espressivo.

Si conclude qui il sintetico sguardo su alcuni degli studi di Baroni, Stefani, Francès, Imberty e Delalande. Il tema rimane ovviamente aperto, soprattutto alla luce dei più recenti studi nel campo delle neuroscienze, che, attraverso varie teorie, tra cui quelle dei neuroni specchio e della mente incarnata, aprono sempre più nuove e interessanti prospettive.

Ho già accennato alle molte conseguenze applicative delle conclusioni illustrate. Voglio qui circoscrivere la riflessione a uno specifico ambito didattico, segnalando in estrema sintesi come la progettazione di attività formative incentrate sull’ascolto e sull’interpretazione dei significati della musica, raccordandoli ad altri ambiti della vita umana,  possa risultare interessante e altamente funzionale nel contesto di quello sviluppo globale dell’individuo che costituisce il fine ultimo di ogni azione educativa.

Le esperienze musicali che rivolgono l’attenzione al significato della musica, attenendo in maniera consistente alla sfera emotiva, risultano inoltre particolarmente importanti nella cosiddetta educazione affettiva della persona. È noto come le più accreditate ipotesi scientifiche affermino che la capacità di identificare, gestire ed esprimere le emozioni rappresenti il maggior fattore di equilibrio dell’essere; le attività intorno al senso in musica si configurano come mezzo per dare forma alla dimensione emozionale di ognuno,  per comprendere in modo più pieno la realtà interna e quella esterna, portando un arricchimento del vissuto personale e della capacità di interagire con l’ambiente.

L’emotività e l’esperienza sono inseparabili da ogni processo di conoscenza; tutte le attività che a partire dall’attribuzione di senso sviluppino linguaggi diversi, mettendo in relazione processi di significazione analoghi in diversi tipi di comunicazione, offrono la possibilità di un percorso di apprendimento altamente motivato, in cui le singole discipline, pur assicurando le competenze specialistiche, perdono i loro tradizionali e settoriali confini per contribuire a uno sviluppo globale; il bambino viene inoltre posto nella condizione di acquisire una maggiore padronanza dei mezzi espressivi e la capacità di comprendere i messaggi della comunicazione umana, cogliendone non solo i significati, ma anche le funzioni, i contesti, le strutture e i procedimenti tecnici.

Per quanto attiene allo specifico musicale, si vede l’esigenza di un percorso didattico che consideri come punto di partenza il bagaglio di conoscenze che costituisce la competenza globale del bambino e che proviene da saperi culturali comuni alla cultura di appartenenza. La musica è in grado di far emergere non solo il simbolico personale di ogni individuo, ma anche l’immaginario collettivo. I simboli culturali collettivi sono così utilizzabili in educazione e funzionali a indagare le strutture della musica, mettendo in relazione i significati con le strutture sonore che ne sono portatrici. Una specifica analisi della musica che individui gli elementi linguistici che ne hanno determinato l’interpretazione (come, per esempio, dinamiche, timbri, altezze, durate, tratti ritmici, agogica, configurazione strutturale, funzioni) può condurre a trasformare la componente intuitiva in strumenti consapevoli, acquisendo competenze musicali anche avanzate e una terminologia specifica adeguata. In una sua rielaborazione, Rosalba Deriu individua in tali percorsi didattici l’opportunità di allargare l’ambito delle percezioni e delle conoscenze nel selezionare una quantità sempre maggiore di elementi strutturali e di funzioni; di acquisire un concetto di interpretazione come esperienza non univoca, ma aperta, quindi come ricerca dei possibili significati proposti dalla musica sulla base della comprensione cosciente di caratteristiche strutturalmente definite e analizzabili.