Torino Jazz Festival 2018 … Le nostre impressioni

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Archie Shepp“In sostanza, Jazz” è lo slogan della sesta edizione del Torino Jazz Festival.
Una rassegna che, dal Conservatorio “Giuseppe Verdi” alle OGR passando per i club, ha animato completamente la città sabauda, dal 23 al 30 aprile, grazie ad un programma vasto ed interessante ed alla scelta politica di prezzi popolari in grado di avvicinare ogni strato sociale.
La Direzione Artistica del trombettista Giorgio Li Calzi, affiancato dal sassofonista Diego Borotti, ha saputo valorizzare sia le risorse locali che i musicisti più affermati in uno spirito di condivisione che ha dimostrato come il jazz possa viaggiare sulle proprie gambe senza dover forzatamente annacquare i programmi con l’inserimento di musica commerciale.
La giornata che proponeva il programma più interessante era quella del 28 aprile e le attese sono state ampiamente ripagate.
Nella bella sala del Conservatorio si è esibito, in sede pomeridiana, l’ottetto di Franco D’Andrea che ha presentato, in prima assoluta, il progetto “Intervals” che si candida già tra i migliori dischi del 2018.
Oltre ai fidi Andrea Ayassot al sax contralto, Daniele D’Agaro al clarinetto, Mauro Ottolini al trombone, Aldo Mella e Zeno De Rossi alla sezione ritmica l’ottetto vede la presenza di Enrico Terragnoli alla chitarra e DJ Rocca all’elettronica arricchendo la tavolozza sonora del suo storico ensemble.
Ascoltare D’Andrea è come entrare in una macchina del tempo che ti fa viaggiare dal jazz delle origini a quello del futuro passando per l’elettronica e la classica contemporanea.
Ritmiche afroamericane, riff ripetuti dai fiati, i suoni dei solisti modificati grazie agli effetti di Rocca e, sopra a tutti, lo splendido rigore di un signore di 77 anni che guida le danze con umile leadership.
Non è il solito schema tema+assolo ma un dialogo continuo tra gli otto musicisti che, imbeccati a turno dal collega, propongono una improvvisazione collettiva che colpisce sia l’intelletto che il cuore.
Purtroppo è musica di tale intensità da spingere D’Andrea ad una esibizione che, bis compreso, non supera i 75 minuti lasciando, comunque, il pubblico molto soddisfatto dalla qualità della proposta musicale.
Giusto il tempo per trasferirsi in una altra zona dove le ex officine di riparazione sono state trasformate in un complesso di sale dedicate alla musica e non solo.
I 1300 spettatori presenti nella sala delle OGR (ennesimo sold out della rassegna) hanno assistito al trio di Alberto Gurrisi – Seamus Blake ed Adam Nussbaum ed al ritorno di Carla Bley e Steve Swallow con la Torino Jazz Orchestra.
Gurrisi, ormai uno specialista riconosciuto dell’organo Hammond, ha presentato un programma costituito essenzialmente da brani propri con l’esclusione di una composizione di Nussbaum ed un originale arrangiamento dello standard “Just in time”.
La notevole perizia tecnica dei tre e la capacità di interazione ha fatto sì che il concerto scivolasse con piacevolezza fino al bis “Sing me softly of the blues” composto dalla stella della serata.
Perché, al di là dell’indubbio valore del trio, l’attenzione maggiore era riservata alla collaborazione tra la big band locale, diretta da Fulvio Albano, ed i due maestri che, nonostante l’età avanzata, continuano a dispensare classe e sapienza musicale.
Non è facile interpretare le lunghe e complesse partiture della Bley ma i musicisti italiani hanno dimostrato, ancora una volta, il livello raggiunto dal nostro movimento negli ultimi decenni.
“Appearing nightly at the Black Orchid”, “All fall down”, “On the stage in cages” ed altri capolavori bleyani, talvolta riarrangiati per l’occasione e in altri casi più fedeli all’originale, hanno regalato sincere emozioni ad un pubblico attento e partecipe.
La serata del 2012, quando il concerto fu annullato dopo pochi minuti di esibizione complice un terribile acquazzone, è stata cancellata da una pioggia di note che ha premiato la volontà di riproporre quella magia interrotta bruscamente.
Una menzione particolare per la sezione fiati che, tra parti scritte ed efficaci improvvisazioni, ha provato a non far rimpiangere Andy Sheppard, Wolfgang Puschnig, Gary Valente, Lew Soloff solisti principali delle incisioni della Bley.
Nel complesso, data la presenza nelle varie serate di personaggi iconici tra cui Archie Shepp, Fred Hersch e Louis Sclavis, è una rassegna che si mantiene ad alti livelli nel panorama dei festival italiani.