La fisarmonica: dalle radici verso il futuro
Intervista a Momir Novakovic
Musicista serbo, Momir Novakovic vive e lavora attualmente in Estonia, come professore di Fisarmonica alla Estonian Academy of Music and Theatre. La sua formazione lo vede studiare fisarmonica in Serbia nelle più prestigiose Scuole, sotto la guida di Miljan Bjeletic, poi al Conservatorio della Svizzera Italiana di Lugano, dove consegue il Bechelor e il Master in Arts of Music con Leslaw Skorski, e, infine, alla HEMU – Haute École de Musique di Losanna, con la specializzazione in Concert Performance nella classe di Stephane Chapuis. Gli oltre quaranta premi ricevuti in concorsi nazionali e internazionali, le borse di studio assegnate dalla Fondazione Fritz Gerber e dalla HRH Princess Elizabeth of Yugoslavia e una carriera concertistica internazionale come solista e in ensemble, suggeriscono la conquista di uno sguardo ad ampio raggio sulla musica e sul nostro strumento, attraverso culture differenti.
Come vedi lo sviluppo del repertorio del nostro strumento e delle prassi esecutive? Potresti disegnare una sorta di filo rosso che traccia il cammino della fisarmonica da concerto nei vari Paesi? Con quali similitudini o differenze?
Si tratta di un discorso molto complesso, dal mio punto di vista. La fisarmonica è ancora molto giovane, quindi è ancora nello stato in cui sono gli interpreti, per lo più, a disegnare l’immagine dello strumento e, quindi, a influenzare la percezione da parte del pubblico. La storia non ha ancora filtrato il contenuto musicale e quindi non possiamo creare una singola linea dello sviluppo del repertorio e delle prassi esecutive. Non vorrei generalizzare riguardo i vari Paesi, più che altro a volte mi sembra che la fisarmonica sia presente nelle diverse dimensioni dell’esistenza, che potremmo anche definire come diverse realtà. Personalmente, sento maggiormente vicina la dimensione in cui i compositori che scrivono per fisarmonica hanno un background in composizione anche indipendentemente dalla fisarmonica (e quindi non scrivono esclusivamente per questo strumento), e in cui la fisarmonica segue gli standard accademici dello sviluppo sia della musica contemporanea che di quella antica.
Come ti hanno accompagnato le tue radici culturali in questo cross over che caratterizza la tua avventura umana e professionale?
Sempre e ovunque. Secondo me non si può e non si deve mai distanziarsi dalle proprie radici culturali, ma, allo stesso tempo, si deve imparare a integrarsi bene nelle differenti circostanze in cui ci si trova.
Come ti ha segnato l’incontro con i tuoi Maestri?
Nel percorso di formazione ho lavorato con diversi Maestri e, sicuramente, questi incontri mi hanno influenzato moltissimo riguardo sia alle scelte musicali, sia allo sviluppo della mia personalità. È naturale che non possiamo connetterci umanamente con tutti, ma ciò che possiamo fare è imparare il meglio da tutti coloro che incontriamo. Posso permettermi di dire che, grazie a certe persone del mondo della musica, ho capito e imparato anche ciò che non voglio essere. In tutte le situazioni nella vita, positive o negative che siano, è molto importante trovare il sapere che ci servirà nel futuro. Sono molto grato per tutto ciò che ho imparato dalle persone autorevoli che ho incontrato durante il mio percorso musicale.
La fisarmonica è uno strumento diffuso in Estonia? Quale ruolo assume nella cultura estone?
Come in molte altre culture europee, in Estonia la fisarmonica è soprattutto percepita come strumento popolare e non molto come mezzo espressivo della musica classica, ancor di più essendo l’Estonia un Paese piccolo. Quando sono arrivato qui, esistevano solo due interpreti fisarmonicisti classici in Estonia. Però c’è tanta voglia lavorare per lo sviluppo e sono veramente molti i ragazzi che suonano lo strumento nelle scuole di musica. Il nostro compito, ora, è quello di mostrare loro le possibilità “di vita” con la fisarmonica, possibilità che potranno essere di ispirazione nel continuare il loro percorso professionale. Va inoltre segnalato, che, per quanto riguarda gli altri generi musicali, e soprattutto il jazz, l’Estonia ha tanto da offrire. Consiglio a tal proposito di ascoltare, per esempio, musicisti come Henn Rebane, Tiit Kalluste, Jaak Lutsoja.
Come è strutturata, a grandi linee, l’Accademia di Musica e Teatro di Tallinn? Quali sono i suoi punti di forza?
La nostra accademia ha cinque maggiori dipartimenti, tra i quali si trova anche quello di “Interpretazione della musica classica”, in cui lavoro. L’accademia è uno dei centri più importanti di musica classica nella regione e sicuramente i punti di forza sono la Composizione e la Direzione d’orchestra. Questa è un’ottima situazione per i giovani interpreti che studiano da noi, per l’opportunità di lavorare non solo vicino ai grandi maestri, ma anche accanto a musicisti cultori di tutte le specialità strumentali e che, forse, potranno essere i grandi musicisti del futuro con cui condividere un percorso sin dal periodo della formazione.
A proposito della presenza del nostro strumento in Accademia: la classe di fisarmonica classica è relativamente recente e si è appena concluso un importante Festival dedicato alla fisarmonica. Vuoi raccontarci le strategie che intendi attivare per la crescita della fisarmonica in Estonia e le caratteristiche principali di questo Festival?
La fisarmonica è, in realtà, presente nell’Accademia dagli ultimi vent’anni, però quasi esclusivamente nel dipartimento di Pedagogia. Di recente è stata istituita anche una classe internazionale nel dipartimento di Interpretazione, finalizzata ad accogliere i futuri studenti di fisarmonica che vorranno esplorare la nostra accademia e Tallinn come una nuova possibilità. Si è appena conclusa la seconda edizione di ACCORDIONF[est], di sicuro uno dei festival di fisarmonica in grande espansione. Quest’anno il nostro programma ha visto i nomi di vari fisarmonicisti come Samuele Telari (Italia), Luka Lopicic (Serbia), Mia Grozdanic (Croazia), Vincent Lhermet (Francia), Laimonas Salijus (Lituania), ma anche di altri musicisti come il direttore d’orchestra Kaspar Mänd e la sua Pärnu City Orchestra, il chitarrista Kirill Ogorodnikov, i compositori Alisson Kruusmaa e Davor Bobic (Croazia) con i loro lavori in prima assoluta, e Andrea Sordano (Italia) con una première Estone. Il cartellone del Festival prevedeva sei concerti, due conferenze e una masterclass internazionale, in cui abbiamo ospitato circa venti studenti di sette Paesi da tre continenti. Il programma si è concentrato sulla musica contemporanea, ma anche su repertorio classico di grande respiro come le Variazioni Goldberg di Bach, Le Stagioni di Tchaikovsky e I Pianeti di Holst. Per l’anno prossimo abbiamo ambizioni ancora più grandi e non vediamo l’ora di annunciare il programma che è già praticamente pronto e che, di nuovo, presenterà un artista, bassista e compositore Italiano in un concerto di jazz contemporaneo. Non posso svelare di più, per ora.
Che tipo di insegnante è Momir Novakovic?
La risposta è molto semplice. Il mio insegnamento si basa su tre principi: i miei studenti sono miei colleghi; il mio lavoro è di ispirare; il mio dovere è di imparare sempre, condividere e creare le opportunità per i futuri fisarmonicisti
La tua opinione circa i repertori della fisarmonica tratti dalla musica classica?
Personalmente, mi piace di più il repertorio degli strumenti a tastiera (escluso il periodo dal romanticismo in poi, nei quali ambiti trovo abbia un senso trascrivere talvolta qualche porzione di repertorio). Ciò che eviterei, sono le trascrizioni dai grandi organici e dagli strumenti in cui le sfide poste dalle difficoltà tecniche non sono trasferibili con la stessa efficacia sul nostro strumento (per esempio, i concerti per violino e orchestra trascritti interamente per fisarmonica). Una volta perso il senso di un brano, non vale la pena presentarlo al pubblico.
Vale la pena studiare la fisarmonica da concerto, oggi?
Sempre. L’ Arte è l’unica cosa che ci salverà dalla decadenza in cui l’umanità sta cadendo sempre più velocemente.
Momir e il tema del viaggio: esiste un luogo “magico” per te?
L’Italia. Ovunque mi “lanci”, sono sicuro che avrò sia gli occhi che lo “stomaco” (in senso figurato, naturalmente, per intendere le emozioni più profonde) pieni di bellezza.