Le aziende costruttrici: Strumenti&Musica intervista Borsini

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Giancarlo BorsiniIn questo numero di S&M intervistiamo Giancarlo Borsini, uno dei titolari della storica azienda di fisarmoniche presente a Castelfidardo. L’immagine dell’azienda Borsini sembra essere molto legata ai valori del Nome e della Famiglia.

Come e quando è nata la vostra fabbrica?

La fabbrica Borsini Accordions è nata il 2 Gennaio del 1922. La nostra è una ditta le cui fondamenta sono cementate da valori umani, una famiglia che collabora con un grande amore per il proprio fine, che è in sintesi la qualità dei nostri prodotti. L’azienda è stata fondata da mio padre e da mio zio al ritorno dal fronte: entrambi hanno combattuto durante la seconda guerra mondiale, pensi che quest’ultimo era stato addirittura creduto morto per 18 mesi, periodo durante il quale ha vissuto la terribile esperienza della prigionia in Ungheria, così quando è riuscito a tornare a casa ha deciso che non avrebbe più lavorato alle dipendenze di qualcuno. Ambedue lavoravano in due famose fabbriche di fisarmoniche di Castelfidardo, mio padre era uno specialista nella parte in legno e lo zio era un mago nella meccanica dello strumento. Io sono nato 15 anni dopo la fondazione dell’azienda e, poco dopo la mia nascita, mio padre, che aveva fatto solo la terza elementare ma era certamente un uomo coraggioso ed intelligente, ha iniziato a lavorare per il mercato francese e belga aiutato da Nazzareno Piermaria, un castelfidardese che risiedeva a Parigi. Con il suo preziosissimo contributo cercava di soddisfare le necessità di tutti i clienti e fu così che nacque una forte amicizia che li legò per sempre. Una storia d’altri tempi! C’é una filosofia che è alla base dell’azienda Borsini? La filosofia che ci ha sempre accompagnato è quella di rispettare gli altri, in questo caso coloro che acquistano i nostri strumenti. Se si dichiara di essere un artigiano, si afferma di essere fabbricante di oggetti d’arte, cose buone, non fabbricante di “commodity” come dicono gli Americani, per questo motivo ci siamo dati una filosofia aziendale che può essere sintetizzata con la frase: “dove la qualità conta”.

Quali sono oggi le prospettive di una produzione artigianale come la vostra?

Qui il discorso è un po’ ampio. Vede, a Castelfidardo ci sono circa 30 fabbriche, di queste 4 o 5 le possiamo definire “vere fabbriche” in quanto si sforzano di costruire quante più parti possibili all’interno dell’azienda, per cui queste realtà hanno investimenti di materiali, macchinari e di manodopera ai quali devono anche insegnare il mestiere. Poi, c’è un altro gruppo i “bricolaire” come dicono i Francesi, quelli che fanno assemblaggio e hanno dunque minori investimenti in materiali, macchinari e in formazione. Alcuni di loro si dichiarano artigiani magari perché hanno avuto una breve esperienza lavorativa all’interno di una di queste “vere fabbriche”. I “bricolaire” avendo degli investimenti molto più bassi, possono permettersi di affacciarsi sui mercati e vendere il prodotto a un costo fino al 25% più basso, senza rispettare canalizzazioni: non hanno canali di vendita e se ce li hanno lo fanno a prezzi stracciati, direi che sono questi i nostri veri competitor! Per cui se non ci si mette d’accordo tutti insieme, e mi riferisco principalmente alle fabbriche artigiane, si rischia che il mercato venga eroso dalle aziende che assemblano e dunque le prospettive per noi “veri” artigiani rischiano di non essere affatto rosee.

Quando lei parla di strumento che nasce interamente all’interno dell’azienda, intende dalla scocca, al mantice alle voci?

Purtroppo oggi non può essere più realizzato ogni elemento della fisarmonica in azienda. Ci sono ad esempio delle ditte che si occupano esclusivamente della produzione dei mantici e delle voci. Noi in passato avevamo una tiratura di circa 7.000 pezzi all’anno e, tenendo conto dei numeri e della grande mole di richieste, potevamo impiegare 10 operai esclusivamente per la realizzazione dei mantici per i nostri strumenti. Oggi in tutto siamo in 15 e, per mantenere un reparto specialistico, è necessario produrre grossi quantitativi. Nella nostra azienda nasce, invece, tutto quello che concerne la parte acustica e meccanica dello strumento: ad esempio la tastiera, sia a piano che a bottoni, la costruiamo internamente. Tutto quello che concerne la scelta del legno (parte acustica), lo studio del design viene fatto da noi e questi elementi rappresentano l’anima della fisarmonica. È importante avere un occhio che guardi al ciclo completo di creazione dello strumento. Prendere un pezzo qua e un pezzo là, crea indubbiamente dei vantaggi a livello economico, perché c’è minore investimento, si è più efficaci nei mercati in quanto si abbassa il costo di produzione e si riesce a vendere a un prezzo più basso, perciò questa è un po’ la storia della gallina dalle uova d’oro e del contadino che vuole arricchirsi sempre più in fretta.. Un giorno uccise la gallina perché credeva avesse un mucchio d’oro nella pancia e non voleva accontentarsi di un piccolo uovo al giorno, ma quando le aprì le viscere trovò che dentro era fatta come tutte le altre galline! Così questo modo di lavorare sta uccidendo la capacità di produrre e tutti ne devono essere consapevoli, perché se non si acquisisce questa consapevolezza, prima o poi, si ammazza la gallina e finiscono le uova!

Dal 1922 ad oggi, cosa è cambiato meccanicamente nella costruzione di uno strumento? Le fisarmoniche di una volta erano migliori? Le macchine a controllo numerico hanno fatto sì che si aumentasse solo la produzione o anche la qualità delle fisarmoniche?

Non hanno portato nessun beneficio a livello qualitativo, ma solo a livello economico e hanno reso la concorrenza più sanguinaria. Attenzione però, andiamo per gradi. In un prodotto artigianale la tecnologia non è utilizzabile in larga misura e se applicata a macchine super sofisticate diventa addirittura antieconomica, perché l’utilizzo di un congegno che possiede un hardware molto costoso e un software che deve essere continuamente aggiornato e che, infine, necessita di personale specializzato che ovviamente ha un compenso orario maggiore, ha bisogno di essere in funzione su tre turni per ammortizzare le spese e non qualche ora la settimana. Poi magari, il lavoro potrà anche essere di buona qualità, ma affinché tutto ciò non si riveli antieconomico c’è bisogno di numeri elevati di produzione. Quando 1 ora/macchina viene a costare 150 o 200 €, quanti pezzi devono essere realizzati per rientrare nei costi? Per quanto tempo bisogna lavorare su tre turni? Quanti pezzi devo produrre e a quale prezzo di vendita? Per cui alla fine, la macchina potrebbe contribuire alla realizzazione di uno strumento qualitativamente migliore rispetto a quello realizzato dall’artigiano, ma a quale prezzo? Infine si deve valutare anche la sollecitazione a cui il pezzo stesso viene sottoposto durante la lavorazione industriale, che è completamente diversa rispetto a quella della mano dell’uomo, poiché la mano umana si rende conto, sente il legno, lo valuta, lo pesa, quando spinge troppo si limita… La macchina invece è tarata in modo univoco. Io sono, dunque, per il lavoro realizzato dalla mano dell’uomo aiutato in qualche misura dal macchinario, ma che non vada ad inficiare troppo sul suo lavoro e sul costo finale del prodotto. C’è insomma un discorso che si sviluppa su due binari paralleli ed importanti: quello economico e quello qualitativo.

Quale spazio ha oggi all’interno di un mercato sempre più globalizzato la produzione artigiana?

Beh, come ho appena detto, se si risolve il problema dell’industrializzazione allargata, la produzione artigiana avrà ancora spazio, altrimenti questo diminuirà sempre più drasticamente. Le faccio un esempio pratico. Noi artigiani abbiamo un ciclo industriale di circa sei mesi, se si vuole realizzare un buon prodotto, mentre il ciclo economico (dunque, il ritorno dall’investimento) arriva anche fino a 12 mesi. I “bricolaire” invece hanno un ciclo industriale di 2 mesi e un ciclo economico di circa 2 mesi e mezzo, grazie ai prezzi più bassi e alla vendita diretta.

Le faccio una domanda che abbiamo più volte proposto anche ad altri produttori, dal momento che reputiamo sia un aspetto molto importante del vostro mestiere. Crede che ci sia sufficiente supporto alla formazione dei nuovi artigiani?

Innanzitutto, io sono convinto che la formazione vada fatta all’interno delle fabbriche e non deve entrarci la politica. Le istituzioni dovrebbero solo sapere il numero di operai o artigiani che un’azienda intende formare e dare direttamente loro i soldi, poi, dopo tre anni, sarà l’azienda stessa a fare un report dettagliato del lavoro svolto e mostrare il prodotto finito, l’artigiano!

Nelle precedenti interviste ci è capitato di sentire la risposta che a volte siano proprio gli anziani ad essere restii a tramandare il mestiere. Cosa ne pensa?

In alcuni casi è vero, ma sa perché sono restii? Perché a volte lavorano in nero anche da casa, dopo essere andati in pensione, quindi è ovvio che non vogliano insegnare un mestiere che ancora esercitano loro stessi.

La qualità oltre ad essere il leit motiv dell’Azienda Borsini è anche il perno che fino ad oggi ha consentito a Castelfidardo di reggere il confronto con la Cina, concorda?

Certamente, ma non so ancora quanto reggerà. Quello che penso è che, se le aziende non fanno delle scelte oculate, rischiano col finire di relegare la fisarmonica a una commodity qualsiasi. Mi sa dire come faranno le aziende artigiane a far fronte al mercato cinese (o orientale) che continua ad avanzare inesorabile e anche a questi assemblatori di fisarmoniche? Guardate… Basta semplicemente che gli imprenditori cinesi cambino mentalità e, anziché fare solo i numeri, comincino a puntare sulla qualità e il gioco è fatto. Potrebbero iniziare a imitare la qualità italiana mutando la propria filosofia e, se ad  esempio 10 bravi specialisti decidono di mettersi insieme per studiare tutti i dettagli dei nostri strumenti, potrebbero accorciare sensibilmente le distanze e in tempi sensibilmente brevi.

In un mercato che guarda sempre di più alla globalizzazione e ai grandi numeri che importanza riveste l’apporto umano?

Possiamo riprendere il discorso appena concluso. La globalizzazione è contro l’artigianato, al quale darà inesorabilmente il colpo di grazia, a meno che non ci siano, all’interno di certe aziende, dei cambiamenti radicali e delle scelte innovative.

Artigianato e innovazione possono andare a braccetto?

Tutti i politici, compresi Monti e Bersani, parlano sempre di innovazione, ma dovrebbero precisare che questa può essere di due differenti tipologie: l’innovazione tecnologica e quella del prodotto. Gli artigiani, non producendo grandi numeri, possono usufruire dell’innovazione tecnologica, ma certamente in modo limitato, altro discorso è l’innovazione del prodotto che è imprescindibile e sulla quale noi puntiamo molto.

L’azienda Borsini come produce i suoi strumenti? Quali sono i vostri prodotti di punta?

Noi realizziamo i prodotti storici ma migliorati. Abbiamo cercato di intervenire sulla qualità del legno, delle strutture interne, abbiamo poi apportato delle varianti sulle voci: sì, perché sulle voci si può fare un buon lavoro per migliorare la qualità del suono, dedicando del tempo per affinare i manufatti acquistati e i registri. Mentre non ci dedicheremo mai a mascherare le nostre fisarmoniche mettendo tante perline e tanti colori: la fisarmonica è uno strumento musicale, non un oggetto di moda o una carnevalata.

Abbiamo assistito in questi anni alla rivalutazione della fisarmonica. Oggi lo strumento non è più solo quello che suona nelle piazze, ma anche, e soprattutto, quello che si studia in conservatorio e che suona musica classica, jazz e impegnata. Questo dato, insieme al fatto che il musicista è sempre più esigente, ha inciso sull’andamento economico del settore?

Direi di sì, la difficoltà però consiste nel fatto, per nostra esperienza personale, che pochi musicisti conoscano fino in fondo le potenzialità dello strumento, quello che può fare: questo è il vero handicap, dal momento che l’artigiano produce qualità ma questa non sempre viene riconosciuta. Al contrario, abbiamo dei musicisti che hanno contribuito molto alla formazione di un sistema di registrazione e produzione del suono originalissimo, ma non so quanti fisarmonicisti riusciranno a suonare con questo strumento! Purtroppo, ci sono molti musicisti che guardano il prezzo prima ancora della qualità oppure si lasciano rapire dal “Brand” (n.d.r. sorride). Sì, perché oggi si vende prima di tutto questo “Brand”, però capita che dietro al “Brand” non ci sia la qualità, ma che questi siano cinesizzati e mercificati.

Secondo la sua esperienza, quali sono gli aspetti dello strumento che possono essere ancora migliorati?

La Borsini sta lavorando molto sull’ergonomia della fisarmonica, alcuni strumenti sono troppo grandi ed ingombranti, per questo noi stiamo facendo degli studi al fine di migliorare contemporaneamente sia il suono che le dimensioni e l’ergonomia. Crediamo che la nuova frontiera per lo strumento sia il continuo miglioramento del passato, per raggiungere una qualità totale mettendo comunque la persona al centro di tutto.