Le aziende costruttrici: Strumenti&Musica intervista Bugari

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Armando Bugari AccordionsIl primo a costruire fisarmoniche fu il nonno, capostipite di una tradizione che vedeva l’intera produzione svolgersi fra le mura di casa. L’attività venne poi proseguita dal padre, che continuò la costruzione di fisarmoniche in maniera completamente artigianale. Allora il marchio “Bugari” non esisteva, “le fisarmoniche prodotte uscivano dai laboratori con i marchi richiesti da coloro che le ordinavano e che, per la maggior parte, erano clienti stranieri”. La storia di oggi, che Strumenti&Musica ha deciso di raccontarvi in quello che sarà, da questo numero in poi, uno spazio di approfondimento dedicato interamente alle aziende che hanno fatto e continuano a fare la storia e la ricchezza di questo strumento, è iniziata in verità nel 1961 quando Armando Bugari prese in mano le redini dell’azienda creando il marchio “Bugari Armando” con cui, da oltre 40 anni, firma tutte le fisarmoniche che escono dalla fabbrica. Siamo andati a conoscerlo nella sua azienda di Castelfidardo per capire, insieme a lui, non solo e non tanto la storia ed i cambiamenti che inevitabilmente il passare del tempo ha in qualche modo imposto anche a questo settore della produzione di strumenti musicali, ma per comprendere meglio quali possono essere le prospettive di sviluppo ulteriore per la fisarmonica e per il mondo della musica che le ruota intorno.

All’età di 14 anni lei ha iniziato come accordatore, anche se in famiglia l’azienda esisteva già.

In famiglia l’azienda effettivamente già esisteva. Mio padre, proseguendo l’attività del nonno, la portava avanti con dei soci continuando a produrre fisarmoniche. Io sono venuto fuori molto tempo dopo quando mio padre decise di chiudere quella attività lì. Da quel momento ho cominciato a lavorare io.

Quindi ha rifondato lei stesso la ditta Bugari?

Sì, diciamo che ho creato il marchio che oggi conoscete.

La sua esperienza che prende il via già all’età di 14 anni è molto interessante, anche perché Castelfidardo viene considerata la patria della fisarmonica. Può spiegare ai nostri lettori come ha iniziato?

Ho iniziato a fare dei lavoretti dall’età di 14 anni. Ovviamente andando avanti ho sempre fatto qualcosa meglio, fino ad arrivare alla produzione delle prime fisarmoniche. C’era mio padre che mi aiutava ed era lui che dirigeva i lavori. Piano piano abbiamo fatto sempre qualcosa di nuovo, avviando ad esempio la lavorazione di alcuni tipi di fisarmoniche professionali. Un passo dopo l’altro siano andati avanti con modelli sempre più professionali e sempre migliori.

Può togliermi una curiosità? Come vede questa presenza massiccia sui mercati europei di produttori cinesi?

Che ti devo dire… producono roba veramente scadente, al momento non credo che abbiano la capacità di stare sul mercato, per lo meno hanno ancora da fare molta strada prima di arrivare a fare concorrenza non solo ai prodotti della mia azienda, ma a tutti quelli di Castelfidardo.

Come è cambiata la realtà delle aziende di Castelfidardo in questi ultimi 50 anni? Quante aziende c’erano allora, quante quelle che nel tempo sono cambiate o nate. È più viva la realtà di oggi o lo era quella di allora?

Cambiato è cambiato poco, nel senso che gli strumenti professionali sono stati sempre fatti a regola d’arte. A Castelfidardo è sempre stata fatta roba buona. Succede adesso e succedeva anche prima. Anche il rapporto artigianale è rimasto inalterato, anche se ovviamente ognuno mette sul mercato i propri modelli.

Il mercato delle fisarmoniche digitali obbliga a dei cambiamenti nella produzione anche per aziende come la sua? Assistiamo oggi ad un mercato diverso oppure la fisarmonica classica e quella digitale rimarranno sempre su due mercati paralleli capaci di convivere? C’è, secondo lei, una modernità che si sta facendo avanti con le nuove versioni digitali e che, come conseguenza, porta ad una concezione nuova della fisarmonica?

L’elettronica ha rappresentato sempre un problema perché l’accostamento con la fisarmonica tradizionale è effettivamente un po’ difficile. Ogni ditta ha cercato di fare qualche progetto sull’elettronica, ma alla fine sono rimasti progetti di base che non hanno cambiato nulla lasciando tutto come l’avevano trovato. La fisarmonica tradizionale rimane il riferimento principale. Prima andavano i Midi, tutti volevano queste fisarmoniche con i Midi. Poi piano piano questa euforia del Midi è cessata. Qualcuno ancora ne chiede ma sono richieste poco consistenti.

Quindi quali sono secondo lei i possibili sviluppi imprenditoriali nella produzione di fisarmoniche?

Qualcuno applica questo Midi sulla fisarmonica e con un espander tira fuori dei suoni diversi. Ma nonostante questo noi, ad esempio, facciamo molte fisarmoniche sullo stile russo. In questo caso il Midi non c’entra niente, è tutta una tecnica russa di suoni sofisticati che noi abbiamo copiato. Su alcuni modelli russi siamo stati in grado di andare anche più avanti ed è proprio su questi prototipi che ora continuiamo a sviluppare la nostra produzione. Però a parte questo non ci vedo sviluppi di altro genere nel nostro settore, non vedo uno sviluppo che possa sfociare nell’elettronica o in ambiti analoghi. No, non ce lo vedo proprio!

Se dovesse focalizzare dei momenti della sua carriera da imprenditore che hanno caratterizzato, più di altri, la sua attività e il suo rapporto con la musica e con la fisarmonica, quali si sentirebbe di indicare ai nostri lettori?

È difficile rispondere, personalmente è molto complicato.

La fisarmonica a livello internazionale ha due grandi confederazioni: CIA e CMA. Pensa che sia positivo continuare a mantener due organizzazioni o ritiene che sarebbe necessario ideare qualcosa di diverso?

Per me sarebbe meglio che ci fosse una sola organizzazione a livello internazionale. La CMA, con la morte di Bio Boccosi, è sparita quasi del tutto perché nessuno porta avanti le attività come un tempo. Serve qualcuno che si tiri su le maniche e si dia da fare. Ma purtroppo, per quello che risulta a me, questo qualcuno ancora non c’è. Di organizzazione ce ne vuole una sola e basta: l’importante è che dia spazio ai giovani.

Chi non conosce questo mondo è portato a pensare che sia essenzialmente legato alla musica folk, cosa assolutamente non corretta essendo la fisarmonica presente in moltissimi generi musicali. Ritiene che sia sufficiente il sistema di visibilità e di comunicazione adottato fino ad oggi per promuovere lo strumento, oppure è necessario migliorare cambiando magari alcuni riferimenti?

Come sempre si possono fare tante cose. Bisogna capire cosa intendono fare questi che operano dentro le organizzazioni internazionali di cui abbiamo parlato prima. Ripeto, Boccosi durante l’anno organizzava molti appuntamenti, mentre adesso si fa poco, quasi niente. Tranne i premi classici negli anni non è venuto fuori niente di nuovo. Lui portava avanti questi campionati, ma morto lui si è fermato tutto.

Parliamo dei premi. Castelfidardo fino a qualche anno fa era un concorso a cui accedevano centinaia di concorrenti, molto di più di quelli che vengono ora, visto che si parla di 80, massimo 90 concorrenti. La stessa organizzazione comunale o la regione Marche non dovrebbero investire di più, magari puntando sull’artigianato e invogliando i giovani a dare un seguito a questo settore della fisarmonica che sta perdendo dei colpi? Secondo lei perché non vengono incentivati i ragazzi ad investire su quella che è stata la tradizione e la storia della città? Il compito maggiore non spetterebbe alle istituzioni?

Certo, è giusto quello che mi chiedi, ma qui ognuno si alza la mattina ed ha talmente tante cose da fare che non pensa di fare qualcosa insieme. Ognuno continua a pensare alle sue cose.

Però il nome di Castelfidardo è strettamente legato alla storia della fisarmonica ed è per questo che è conosciuto in tutto il mondo.

L’amministrazione non dico se ne frega, ma poco ci manca! Se devono fare un concorso lo fanno, ma non approfondiscono il discorso, non fanno qualcosa di costruttivo negli anni con l’intento di migliorarsi. Non gli interessa. Ci vuole della gente che se ne occupi costantemente, ci vorrebbe un ufficio che abbia quale unico compito quello di occuparsi in continuazione di queste cose. Ti assicuro che vista la situazione non è semplice.

Quali sono le difficoltà nel trovare un minimo comune denominatore che permetta di lavorare tutti insieme e cercare di mantenere viva questa tradizione, anche e soprattutto per tramandarla alle nuove generazioni?

Già solo riuscire a fare una riunione invitando tutti questi dell’apparato è difficile. Uno la pensa in un modo, uno in un altro. Uno non ha tempo, un altro uguale. È anche mancanza di sensibilità, non si hanno prospettive comuni. Io mi ricordo che giravo tanto anche con Boccosi e lui faceva molto, si muoveva. Era lui il collettore che riusciva a smuovere tutti. È inutile continuare a parlare, qui bisogna fare qualcosa, serve un’organizzazione. Bisogna organizzarsi e fare le cose piano piano, un po’ per volta che ci vogliono gli anni per creare un sistema che funzioni. Ma se ognuno pensa per la sua ditta è difficile. Anche chi sta dentro al settore pensa più alle sue cose. Al di là degli eventi, a Castelfidardo è riconosciuta ancora oggi la paternità della fisarmonica, anche se ormai la produzione è mondiale. Però servirebbe investire sull’artigianato che invece sta sparendo. Una volta qui c’erano artigiani che facevano i mantici, le voci, le cinte. Ora tutto questo è quasi scomparso. Non ci sono incentivi. I ragazzi sono presi da altre cose. C’è il rischio che nei prossimi 20 o 30 anni possa svilirsi anche la produzione stessa della fisarmonica. Oggi ci sono quelle 5-6 ditte che trainano; poi c’è un gruppetto di aziende che viene subito dietro… però per quanto tempo ancora non si sa. Le ditte che ci sono adesso incominciano a perdere i colpi perché non sono più competitive su tante cose. La difficoltà, andando avanti, sarà sempre più forte ed io non vedo il futuro molto roseo. Se gli artigiani che producono le fisarmoniche e lavorano per le aziende se ne vanno è un problema. Noi abbiamo 22 operai ma sappiamo che non c’è un grande giro. Non è che non credo più nella fisarmonica, intendiamoci, ma non vedo un grande futuro perché la maggior parte di questi bravi artigiani hanno lasciato. Negli anni anche operai bravi se ne sono andati in altri settori. Se smettono tutti nel tempo chi farà il lavoro? Vorrei essere ottimista però la soluzione non è semplice.