Il bandoneonista di Buenos Aires (parte 3^)

Troilo e…

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Aníbal Troilo e Homero Manzi

Il bandoneonista di Buenos Aires (parte terza) Anibal Troilo 1971Homero Manzi non fu solo il poeta più celebre dell’esperienza artistica di Troilo, ma fu, soprattutto, un suo buon amico. Non erano coetanei, Manzi aveva sette anni in più, ma tra i due c’era un forte legame. Il primo grande successo dei due arriva nel 1942 con Barrio de Tango. Nel 1947, Troilo scrive un brano sul ritmo di valzer, Romance de Barrio, nel 1948 un altro brano molto ben riuscito, Sur; ma è alla fine del 1949 che arriva il loro più grande successo: Che Bandoneón. Pubblicato il 30 di novembre, le prime esecuzioni arriveranno a gennaio del 1950 per Radio El Mundo da parte dell’orchestra guidata dal suo compositore. Il bandoneonista di Buenos Aires (parte terza) Homero ManziTroilo non fu però il primo a incidere questo suo brano: nell’aprile del 1950, è l’orchestra di José María Artola con la voce di Oscar Alonso ad incidere Che Bandoneón per l’etichetta Odeon. L’incisione dell’orchestra di Aníbal Troilo arriva pochi mesi dopo, nel novembre del 1950, per l’etichetta discografica TK con la voce di Jorge Casal. Questo brano ha avuto un enorme successo e le numerose incisioni ne sono una chiara testimonianza: Orchestra Miguel Caló (voce Ricardo Blanco), Orchestra Francisco Canaro (voce Alberto Arenas), Orchestra Edgardo Donato (voce Carlos Almada), Orchestra Francini-Pontier (voci Virginia Luque e Alberto Podestá), Orchestra Leopoldo Federico (voce Susana Rinaldi); il brano è stato inciso anche da gruppi più ristretti, come il duo Ernesto Baffa-Osvaldo Berlingieri che hanno accompagnato la voce di Roberto Goyeneche e il chitarrista José Canet che ha accompagnato Nelly Omar; lo stesso Troilo lo inciderà una seconda volta con la voce di Tito Reyes. Nel 1951, Manzi scompare prematuramente e il suo amico bandoneonista compone per lui uno dei suoi più grandi successi: Responso. La scomparsa del poeta provocò un grande dolore in Troilo che cadde in depressione per diversi mesi (si dice oltre un anno). Dopo vent’anni dalla morte di Manzi, nel 1971, questo bel legame venne ancora una volta ricordato con l’inaugurazione di una Piazza della città di Buenos Aires intitolata a Homero Manzi: le autorità vollero che fosse Troilo a tagliare il nastro alla cerimonia.

 

Aníbal Troilo e Cátulo Castillo

Il bandoneonista di Buenos Aires (parte terza) Catulo Castillo e Anibal TroiloUn altro poeta con cui Troilo ha messo a segno un bel colpo vincente è Cátulo Castillo. Su un suo testo, nel 1956, Troilo compone La última curda che diventerà un brano di ampissima diffusione. “Curda” è un termine del Lunfardo – gergo tipico del tango – che significa ubriachezza (o ubriacatura). Il tema dell’alcol è sempre stato presente nel mondo del tango, un mondo fatto di persone che frequentano o lavorano nei locali aperti fino ad ora tarda la notte. In realtà, il poeta Castillo aveva scritto il testo per un altro brano di Troilo. Questa composizione, però, non calzava alla perfezione al testo che aveva un’elevata capacità descrittiva e immaginifica, con delle frasi ad effetto che sono poi passate nella storia del tango come “una lacrima di rhum” o “la vita è una ferita assurda”. Così la storia narra che una sera molto calda (con le finestre aperte quindi) Troilo e il cantante Edmundo Rivero lavoravano agli aggiustamenti del testo su di un nuovo e più toccante brano scritto dal compositore e bandoneonista alla presenza delle rispettive mogli e altri amici. Dopo alcune ore di meticoloso lavoro, si affacciarono alla finestra, scoprendo che una grande folla stava seguendo dal marciapiede sottostante la nascita de La última curda, un vero capolavoro. Troilo e Rivero lo incisero nell’agosto del 1956; il brano venne poi inciso di nuovo da Troilo con la voce di Roberto Goyeneche nel 1963. Castillo e Troilo avevano lavorato a un altro brano, intitolato María, ma soprattutto a un altro progetto davvero particolare: nel 1953, Cátulo Castillo scrisse un’opera teatrale dal titolo El patio de la Morocha; vi parteciparono Aníbal Troilo e Roberto Grela alla chitarra, ma, cosa assai significativa, in scena Troilo impersonava il grande bandoneonista Eduardo Arolas.

 

Aníbal Troilo e Roberto Grela

Il bandoneonista di Buenos Aires (parte terza) Roberto GrelaL’occasione rappresentata da El patio de la Morocha, fece collaborare per la prima volta Aníbal Troilo con il chitarrista Roberto Grela. Lo strumento a corde aveva avuto un ruolo importante nella storia musicale argentina grazie ai payadores, ma poi, con l’avvento del tango – e successivamente del tango-canción – era rimasto “soffocato” dal protagonismo dei bandoneonisti e dei cantanti. Basta guardare ai leader delle orchestre: c’erano direttori di orchestra bandoneonisti, cantanti, ma anche pianisti (si pensi a Osvaldo Pugliese o Horacio Salgán) e altri violinisti (Juan D’Arienzo, Francisco Canaro, Julio De Caro), ma non chitarristi. Troilo, incontrando un musicista di valore come Grela, intuì la possibità di creare nel genere tanghistico delle sonorità inesplorate. Nacque così un duo innovativo sia dal punto di vista della scrittura musicale, sia dell’impasto timbrico: chitarra e bandoneón. Tra i due c’era una grande intesa musicale, ma colui che ricevtte i maggiori benefici in questa fusione fu Troilo: Grela riuscì a far esprimere al bandoneón di Troilo tutta la raffinatezza, le nuances, la profondità dell’interpretazione di cui era capace. Il successivo allargamento al Cuarteto-Típico (con l’aggiunta di altri due strumenti a corda come guitarrón e il contrabbasso) non ruppe la magia che si è creata tra i due: tra il 1955 e il ’56, il Cuarteto incide dodici brani e, nel 1962, altri dieci. Tra quelli celebri registrati da Grela e Troilo troviamo Mi refugio, La Cachila, Taconeando e Palomita Blanca.

 

Aníbal Troilo e Astor Piazzolla

Il bandoneonista di Buenos Aires (parte terza) Astor PiazzollaNel 1939, il diciottenne Astor Piazzolla – che aveva lasciato la sua famiglia a Mar del Plata per recarsi nella capitale per far carriera con il suo bandoneón – quando gli era possibile, la sera, correva in calle Corrientes. Lì c’era il locale in cui suonava il più bravo di tutti: Aníbal Troilo. Questi aveva sette anni più di Astor, ma era già acclamato, pur se ancora giovane, come un fuoriclasse, un leader, uno che aveva un modo di suonare quello strumento a mantice tutto suo. Con un colpo di fortuna Piazzolla riuscì a ottenere il posto nell’orchestra di Troilo realizzando un suo sogno; dopo cinque anni, però, tutto era cambiato nella testa del giovane Astor: le lezioni di Ginastera gli avevano fatto capire i limiti musicali del mondo del tango e Astor aveva bisogno di più spazio di manovra. Piazzolla voleva fare degli arrangiamenti più arditi dal punto di vista musicale, ma Troilo (o forse ancor più alcuni componenti della sua orchestra) sapevano bene che la gente, principalmente, voleva ballare, e questo innescò il meccanismo che avrebbe portato alla rottura. Quando, nel 1944, Piazzolla lasciò la sua orchestra, Troilo non la prese affatto bene. Ma con il tempo capì che Astor aveva una strada tutta sua e così la rabbia lasciò il posto all’ammirazione: Troilo terrà in repertorio diversi brani scritti da Piazzolla e anzi, in qualche occasione, li inciderà prima dello stesso compositore. Abbiamo già citato i preziosi arrangiamenti che Piazzolla aveva scritto per l’orchestra di Troilo, ma possiamo anche evidenziare come grazie all’arrangiamento di Azabache Troilo vinse il Concorso tra orchestre di tango indetto dal programma Ronda de Ases di Radio el Mundo. Quando, nel 1946, Piazzolla fece il debutto con l’orchestra a proprio nome, Troilo si recò al concerto per augurargli buona fortuna, in modo sincero e “sportivo”. Il rapporto tra i due restò così sempre molto buono: nel 1952, scrissero una composizione a quattro mani che ebbe un discreto successo: Contrabajeando. Nel 1966, Troilo incise una favolosa interpretazione di Adiós Nonino, un brano molto importante del repertorio di Piazzolla. Il 1970 fu l’anno in cui i due si incontrarono di nuovo artisticamente: fu come un omaggio musicale reciproco. Il 13 agosto, i due musicisti si recarono in studio di registrazione con i rispettivi bandoneón e incisero per RCA Victor i brani Volver (C. Gardel – A. Le Pera) ed El motivo (J.C. Cobián – E. Cadícamo). Fu la celebrazione di una stima corrisposta e di una grande amicizia. Nel 1967, Piazzolla aveva iniziato la collaborazione con il poeta Horacio Ferrer, il quale era anche un grande studioso del mondo del tango e comprendeva bene la levatura artistica di Troilo. Nel 1972, i due vollero rendere omaggio a Troilo dedicandogli il brano El gordo triste, che darà il titolo a un disco per RCA Victor con la voce di Amelita Baltar. Questo brano sarà di nuovo presente nell’album intitolato Amelita Baltar del 1975 e nell’incisione dal vivo con il cantante Roberto Goyeneche del 1982 in Piazzolla-Goyeneche en vivo. Il 18 maggio 1975, Aníbal Troilo morì e Piazzolla scrisse in sua memoria Responsorio (come non vedere un omaggio al Responso che Troilo aveva scritto per Manzi). Ma il vero grande omaggio Piazzolla lo farà l’anno successivo (1976) quando usciranno i quattro meravigliosi brani della Suite Troileana: Bandoneón, Zita, Whisky, Escolaso. I titoli dei brani richiamano i quattro grandi amori della vita di Troilo, il suo strumento, sua moglie, il bere e il gioco delle carte. Il cerchio verrà chiuso da Ida Dudui Kalacci (Zita, la moglie di Troilo) che vorrà donare uno dei bandoneón del marito ad Astor Piazzolla, che lo conserverà con grande cura fino alla propria scomparsa.