Kunsertu

Voci dall’altro Mediterraneo

1.948

KunsertuRosa, “la figlia bella come la migliore ombra del paradiso”, osserva nascosta alla finestra l’innamorato che passa di notte e la saluta “con cuore desideroso e voce audace”. Non gli risponderà mai, e lui sarà costretto all’esilio. Il loro amore un ricordo trasfigurato dalla nostalgia. Una canzone. L’eco lontana di una voce, “la sola che m’ha dato questa vita”…
Mokarta è la canzone simbolo dei Kunsertu, una ballata d’amore ispirata alla figura del condottiero saraceno che nel XII secolo regnava sul vallo di Mazara e che fu sconfitto e messo in fuga da Ruggero I di Sicilia (il castello che porta il suo nome si trova tutt’oggi a Salemi, in provincia di Trapani). Il brano è lineare, quasi pop, ma la struttura è complessa, intrecciata a linee di voce che arrivano da ogni parte del Mediterraneo. La lingua cantata è un dialetto antico ed epico: nelle parole – moderne – risuonano i racconti remoti dei miti omerici e delle dominazioni straniere che hanno fatto della Sicilia una terra dalla storia così preziosa e stratificata. Un po’ cunto popolare, un po’ avanguardia di sperimentazione etnica per tutte le musiche che riecheggiano da una parte all’altra del mare. “Un semplice giro armonico Improvvisato su mandolino elettronico nel lontano 1983 – spiega l’autore Nello Mastroeni –. Comprai lo strumento e composi la melodia. Le parole sono arrivate molto dopo: nella prima parte riportano un testo tradizionale campano di autore anonimo, mentre nelle altre sezioni riprendono antiche memorie siciliane”.
I Kunsertu sono un gruppo storico messinese nato alla fine degli anni Settanta dall’incontro tra il percussionista e suonatore di organetto Giacomo Farina, il chitarrista Nello Mastroeni, Roberto De Domenico (alle percussioni e poi al management) e il cantante Pippo Barrile. “Nel 1979 avevamo fatto una tournée in Sardegna e ci eravamo accostati al popolo sardo che può vantare una tradizione popolare, culturale e linguistica fortissima – ricorda Farina –. In quel periodo venne pubblicato un testo sulla cultura popolare, l’autore era Luigi Cinque ed il titolo era appunto Kunsertu. Dall’esperienza in Sardegna e dalla lettura di Cinque venne fuori questo nome che per noi ha un significato profondissimo: kunsertu è il nome della custodia delle launeddas, strumento popolare sardo per eccellenza, ma indica anche il momento culminante di una festa. Che è esattamente ciò che vogliono essere le nostre canzoni”.Kunsertu
Al gruppo si aggiungono in breve tempo Stefano Foresta (ai fiati etnici), Vincenzo Ganci (al basso), Franco Barresi (alla batteria), Tino Finocchiaro (alle tastiere), Tanino Lazzaro (alla fisarmonica). Forti sono i legami col movimento studentesco: “Abbiamo sempre agito come un collettivo – continua Farina –, con una struttura variabile e aperta agli stimoli esterni. Abbiamo avuto componenti africani, delle Mauritius, un suonatore di Kora del Mali…  Faisal Taher, che è palestinese e canta ancora oggi con noi, ha contribuito in modo decisivo alla direzione mediorientale e multietnica della nostra musica. Oggi è un argomento dominante, ma noi parlavamo di immigrazione già nel 1981”. La sintesi di ritmi occidentali e melodie dell’Asia, l’alternanza di dialetto siciliano e canto arabo, il dialogo continuo con le culture del Maghreb e dei Balcani, le contaminazioni col reggae, rendono difficile contenere in una definizione uno stile che per natura è senza confini. Per qualche tempo si parla di etnofusion. “In realtà eravamo musicisti popolari che cercavano di esprimere qualcosa di contemporaneo – spiega ancora Farina – in un momento storico in cui il termine world music non era stato ancora coniato”.
Tutti gli anni Ottanta trascorrono come un lento esperimento verso la determinazione dell’equilibrio perfetto. Quando nel 1989 esce SHAMS, la maturità è raggiunta e i suoni si posizionano esattamente in linea con la patchanka del decennio a venire. Prosegue Farina: “Sono molto legato a un brano come Isola (che chiude l’album, n.d.r.): una canzone quasi dance, con questa terzina tipica della tarantella su un’armonia arabo-andalusa e con le strofe in siciliano e arabo che si rincorrono… KunsertuLa considero il concentrato delle nostre esperienze: una musica rituale parlata con un linguaggio non troppo colto”.
La partecipazione al Concertone del Primo Maggio a Roma nel 1995, tra Radiohead e Franco Battiato, è l’atto della consacrazione. “Salimmo sul palco di fronte a 200mila persone – ricorda Nello Mastroeni –. Fu come prendere la scossa”. Poi la decisione di “sospendere a tempo non determinato”, dice ancora. “Abbiamo tirato un bilancio sulle possibilità future del gruppo, avevamo messo su famiglia, bisognava fare i conti anche con la vita quotidiana…”. Nascono progetti laterali di respiro internazionale come Dounia (con Faisal Taher) e Nemas Project (con Egidio La Gioia). Nello Mastroeni continua a denunciare il dramma dei profughi palestinesi e dell’immigrazione; Giacomo Farina non smette di smascherare i problemi legati alla mafia, alla corruzione e alla mala politica.

Nel 2016, su spinta di Roberto De Domenico, il nucleo storico della band riprende le attività e pubblica per la Compagnia Nuove Indye la compilation 1984–2016, che include il singolo inedito Esta noche e brani classici del repertorio. Alla voce si unisce Manuela Mastroeni, in arte Manua, figlia di Nello. Nell’ultimo album, Rosa (uscito nel 2019) è voce solista e coautrice di alcuni brani.
Il viaggio continua.

 

DISCOGRAFIA

Kunsertu (K Production, 1984)
SHAMS (New Tone Records, 1989)
Live (Edizioni Musicali Il Pontesonoro, 1991)
Fannan (Anagrumba, 1994)
1984–2016 (Compagnia Nuove Indye, 2016)
Rosa (autoproduzione, 2019)