La consapevolezza di “sapere di non sapere”
Il motto di socratica memoria nel pensiero di Ezio Ghibaudo
Fisarmonicista dall’inestimabile valore ed enorme talento, Ezio Ghibaudo è un musicista costantemente alla ricerca del confronto volto a una profonda crescita artistica e umana. Sempre animato dalla voglia di mettersi in discussione, con grande umiltà, attraverso questa intervista focalizza l’attenzione sul suo brillante e interessante percorso personale e professionale, oltre a soffermarsi su alcune delle tappe più significative che hanno segnato la sua carriera fino a questo momento.
Dopo un ricco e assai gratificante percorso di studi, ti sei affermato in numerosi concorsi nazionali e internazionali. Dal tuo punto di vista, quali sono le tue principali qualità che ti hanno consentito di ottenere questi eccellenti riscontri in Italia e all’estero?
Ho sempre creduto nel percorso della formazione accademica e ho avuto la fortuna di poter lavorare con diversi insegnanti che hanno svolto, e svolgono tuttora, un tipo di attività musicale e di ricerca artistica a volte molto variegata. Questi aspetti mi hanno permesso di poter affrontare diversi repertori con più consapevolezza e di continuare il mio percorso personale in autonomia anche in seguito. Riguardo la mia partecipazione ai concorsi, è sempre stata una scelta fatta in autonomia, per cercare un confronto con musicisti e realtà diverse da quelle che frequentavo. L’occasione dei concorsi è un banco di prova importante per uno studente, che deve affrontare un tipo di stress diverso da quello di un concerto e una mole di lavoro e di studio spesso superiore rispetto a quella a cui si è abituati, proprio per via di quella spinta ulteriore che si affronta per il raggiungimento di un risultato che si spera, poi, possa essere il migliore possibile. Penso che il mettersi sempre in discussione e avere la consapevolezza di “sapere di non sapere” sia un po’ la chiave che ci fa crescere, sia a livello musicale che personale.
Inoltre, grazie al tuo talento, sei stato scelto come rappresentante dell’Italia alla “65° Coupe Mondiale di Fisarmonica” IMC-Unesco di Spoleto e al “63° Trophée Mondial de l’Accordéon” a Samara (Russia). Che emozioni e sensazioni hai provato quando hai saputo che avresti rappresentato l’Italia, in veste di fisarmonicista, per questi due eventi così prestigiosi?
Naturalmente ne sono stato assai felice proprio per la rilevanza che questi eventi assumono nel mondo della fisarmonica, visto e considerato che il livello è sempre molto alto. Ma con l’esperienza, comunque, ho imparato a trattare i concorsi per quello che sono, ossia appunto come tali. Potrei citare anche la famosa frase di Bartók, ma in ogni caso la competizione musicale, come ho già detto in precedenza, è un aspetto importante per la formazione, però non l’unico e non necessariamente indispensabile. Spesso, infatti, l’idea di un percorso artistico personale può discostarsi anche parecchio rispetto a quello che i concorsi musicali richiedono di affrontare, in cui le variabili in gioco sono moltissime e bisogna essere nelle giuste condizioni, non solo ovviamente a livello di preparazione, ma anche sul piano dell’approccio mentale. Inoltre, devo dire che ho imparato molto anche da quelli aperti a tutti gli strumenti: le dinamiche sono ovviamente diverse, ma ho capito che il confrontarsi con strumentisti non fisarmonicisti è anche molto arricchente e stimolante.
Nel corso della tua intensa attività concertistica hai collaborato con una sfilza impressionante di notevoli musicisti e importanti orchestre, come Yuval Avital, Laura Catrani, Carla Delfrate, Fabrizio Festa, Dario Garegnani, Sandro Gorli, Maurizio Longoni, Mauro Montalbetti, Ulrich Schultheiß, Paolo Ugoletti, Daniele Venturi, Orchestra sinfonica “Bartolomeo Bruni” della Città di Cuneo, Orchestra Sinfonica della Valle d’Aosta, Collegium Vocale di Koblenz, Ensemble del Giglio e non solo. Sotto l’aspetto umano e artistico, come hai vissuto queste esperienze professionali così significative?
Penso che questa sia la vera missione del fisarmonicista di oggi. La collaborazione con musicisti, direttori e compositori è il fulcro del lavoro che tutti i fisarmonicisti devono svolgere per poter accrescere la credibilità della fisarmonica nell’ambito musicale e la propria preparazione artistica. Solo così lo strumento potrà essere sempre più inserito e considerato nel panorama non solo all’interno del mondo fisarmonicistico, entrando sempre di più in cartelloni e stagioni di musica qualificate e riconosciute nel circuito artistico. Attualmente sono stati compiuti enormi passi avanti in tal senso. Inoltre, sono proprio queste le esperienze musicali che forgiano l’identità di ogni musicista – e così lo è stato per me. Lo scambio di visioni e la condivisione di intenti per poter giungere a un risultato musicale e a un sentire comune, nel rispetto delle differenze di ognuno, è quello che mi ha dato molto sotto tutti i punti di vista – e che costituisce tuttora la migliore esperienza umana e artistica possibile.
A proposito di concerti, ti sei esibito in giro per il mondo: Francia, Germania, Austria, Spagna, Olanda, Russia, Stati Uniti e Giappone le nazioni nelle quali hai esportato il tuo talento. Quale fra queste ti ha accolto meglio e, soprattutto, in quale nazione senti di aver ricevuto gli attestati di stima più preziosi?
Non credo si debba parlare di nazioni, ma di pubblico. In ogni luogo dove ho riscontrato apertura, predisposizione all’ascolto e curiosità, mi sono sempre trovato a mio agio e si è sempre creata una bella atmosfera tra esecutore e ascoltatore. Tutto questo, poi, può capitare sia in una grande e importante sala da concerto, sia in un luogo più raccolto e intimo. In fondo, anche la dimensione del concerto è essa stessa un reciproco scambio e arricchimento tra le parti.
Sei anche docente di fisarmonica presso l’Istituto Superiore di Studi Musicali della Valle d’Aosta – Conservatoire de la Vallée d’Aoste, oltre a dirigere svariate masterclass in Italia, Russia e Giappone. Spesso e volentieri, alcuni didatti sostengono come sia assolutamente possibile imparare anche dagli allievi. È mai capitato anche a te?
L’attività didattica è un aspetto molto delicato che mi invita sempre a una profonda riflessione. Fino a oggi, nella mia esperienza di docente, e prima di approdare al Conservatoire de la Vallée d’Aoste, ho insegnato fisarmonica in vari contesti e ho avuto studenti di tutti i livelli. Saper comprendere la personalità e le inclinazioni di ognuno per poterlo guidare nel proprio percorso personale è una sfida per ogni docente, che deve non solo essere in grado di fornire i corretti strumenti dal punto di vista tecnico (quella che potrei definire come “cassetta degli attrezzi”), ma anche una visione di più ampio respiro per poter rendere autonomo lo studente in un’ottica culturale e musicale, in modo tale che egli sia in grado di fare delle scelte e prendere delle direzioni. Per questi motivi, l’attività artistica del docente è fondamentale in quanto di tipo esperienziale, ma deve essere sostenuta da una visione di vedute più larghe, che implica un percorso di studio, aggiornamento, approfondimento e ricerca ulteriore. Il discorso è molto lungo e complesso, ma il rapporto insegnante-studente è un rapporto di continuo scambio tra le parti, quindi di crescita per entrambi.
Il tuo nobile intento è quello di valorizzare la fisarmonica soprattutto sul piano delle sue potenzialità tecnico-espressive, con un repertorio che spazia dalla musica antica alle più importanti composizioni contemporanee. Qual è il fil rouge che segui per portare avanti questa interessante opera di valorizzazione?
La fisarmonica è uno strumento che, nella sua recente storia ed evoluzione, ha intrapreso un percorso particolare e travagliato. Questo processo è ancora in corso – e ritengo sia il bene dello strumento il fatto di non rinnegare le sue origini, a partire dal suo nome. Le sue enormi possibilità tecniche e la sua evoluzione organologica degli ultimi decenni le permettono di spaziare praticamente in tutti i repertori e contesti – e in ognuno di questi c’è musica di qualità. Pertanto, non credo sia utile al processo di emancipazione – che lo strumento sta portando a compimento – il fatto di riconoscere solo alcuni repertori rispetto ad altri al di là della ricerca artistica più specifica in taluni ambiti, disconoscendone il resto.
Suoni fisarmoniche “Armando Bugari” (di Castelfidardo). Qual è il modello che utilizzi attualmente e quali sono le sue caratteristiche tecniche?
Al momento sto utilizzando uno dei primi modelli costruiti dall’azienda Bugari della linea “Prime”. Mi ricordo che lo provai a Pforzheim, in Germania, alcuni anni fa – e mi colpì subito per le qualità sonore e l’equilibrio fra le due tastiere, peculiarità oggigiorno difficile da trovare nei moderni strumenti da concerto, soprattutto perché improntati su una sonorità tipicamente esteuropea. Sto collaborando sempre con Bugari e, dopo diversi momenti di confronto con loro, sono in attesa di un nuovo strumento che abbia una tavolozza timbrica ricca ma non aggressiva, così come un’emissione sonora efficace – e che possieda una continuità e uniformità di suono che spesso manca specie nella mano sinistra, aspetto a mio avviso indispensabile in particolar modo nell’ambito della musica da camera con altri strumenti.
Specialmente in ottica concertistica, cosa bolle in pentola per l’immediato futuro?
Al momento sto lavorando su un nuovo programma solistico basato sul tema della danza e della variazione, proposta che vorrei articolare in maniera più ampia nell’immediato futuro anche come progetto discografico. Nel repertorio in programma, anche un mio nuovo adattamento della Ciaccona dalla Partita in Re Minore di Johann Sebastian Bach, basata sull’originale violinistico. La trascrizione, infatti, è un ambito che mi dà molta soddisfazione e al quale lavoro costantemente, così come la commissione di nuove composizioni e progetti di carattere più musicologico riguardanti la fisarmonica. Le altre proposte cameristiche che mi coinvolgeranno prossimamente riguardano il duo di fisarmoniche, fisarmonica e sassofono, fisarmonica e violoncello. A livello didattico, terrò una masterclass dal 1° al 5 agosto a Portacomaro (AT) presso la Casa della Musica, oltre agli impegni previsti al “Conservatoire de la Vallée d’Aoste” per gli studenti della classe di fisarmonica che saranno coinvolti in futuri eventi di produzione artistica e didattica
(Foto di Oscar Bernelli)