Miranda Cortes: un tempo per ogni cosa

Tra intuizione, visioni sonore e versatilità

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Il coraggio - Miranda CortesIl Coraggio: un titolo importante per l’ultimo album di Miranda Cortes pubblicato da pochi giorni dall’etichetta RadiciMusic Records; un lavoro fortemente identitario, così come rivela la presentazione dell’autrice: “Sono giunta alla soglia di un tempo che mi chiede di voler tirar fuori da me tutto ciò che ho imparato, ascoltato, suonato e digerito. Ho sempre amato scrivere nel silenzio poesia e musica; aspettavo di essere gravida di intuizioni oniriche e di visioni sonore policrome e questa sensazione è arrivata in modo decisivo nel 2020. Questo è il mio lavoro solistico dalla A alla Z. Protagonista la fisarmonica, ospiti il violoncello, il violino, la viola, la chitarra elettrica e l’elettronica. La mia composizione include anni di studi e di ricerche, questo lavoro è una sintesi e l’innovazione delle mie esperienze dalla musica classica alla nuova musica, dal rock al live electronics, dal tango al combat folk, dalle eterogenee e preziose tradizioni del Mediterraneo alla musica cantautorale francese di Jacques Brel”.

Puoi raccontarci il tuo ultimo lavoro discografico? Innanzi tutto, cosa ti ha condotto a questa creazione solistica?

Quarant’anni di musica nel cuore e nella mente! Molti miei scritti sono rimasti nel cassetto della scrivania, altre cose sono state pubblicate in album precedenti a seconda delle collaborazioni in corso. Ad esempio, Aquarium Venitien nel CD ‘Ndar in cui compare un invitato speciale, Gianni Coscia, una grande opportunità per la mia musica e per me. Nello stesso disco viene pubblicato HypermarchéLa nuit du Redentor, Marcelle B. dedicato a mia madre, altri brani come Muzar e L’oubli et le Papillon seppur depositati a quattro mani con la ricca collaborazione di Rachele, riflettono fondamentalmente la mia visione poetica e musicale. Da anni pensavo ad un progetto tutto mio e il 2020 è arrivato con forza, anno di confine, anno di profonda introspezione in cui ho deciso con fermezza di riversare al di fuori di me un mio mondo parallelo. Mi considero un artigiano dei suoni, materializzo il mio immaginario nel sonoro, realizzando composizioni in cui l’esser musicista diventa un’unica realtà con la poesia, la pittura, la danza, una realtà in continuo movimento davanti ai miei occhi. Una passeggiata, una preghiera, un cammino, un incontro, un ricordo sono gli stimoli del quotidiano, ma prima di tutto viene la mia ammirazione per un capolavoro artistico ineguagliabile: la creazione. Ho scelto un titolo forte per questo ultimo album, Il Coraggio, perché ritengo sia un principio di vita inesorabile con il quale dobbiamo fare i conti quotidianamente. Coraggio di amare incondizionatamente, coraggio di essere, coraggio di affrontare i grandi interrogativi dell’esistenza e le burrasche dei nostri oceani interiori. Non è stato facile compiere tutta la fase di registrazione in studio, le restrizioni “sanitarie” non hanno certo aiutato gli interventi dei musicisti ospitati in alcuni brani. E parlando degli “invitati” li presento: il violoncellista Emanuele Praticelli di Padova; due strepitosi compagni di tanti viaggi musicali, Michele Pucci e Michele Sguotti del quartetto La Frontera, insieme abbiamo lavorato intensamente sulla ricerca e lo studio delle musiche tradizionali del Mediterraneo; il compositore Simone Faliva, con cui ho condiviso il brano La Terre et le Ciel, brano di sperimentazione con voce, fisarmonica e elettronica.

Qualche dettaglio sul CD e sui brani che hai scritto?

I brani sono nove come settembre, il mio mese. La copertina del CD è stupenda, cercavo un ritratto di bellezze floreali e il fotografo, Mario Lunetti, mi propose questa magia, degli splendidi papaveri rossi del campo in uno sfondo grigio scuro. Guardo spesso questi piccoli fiori, delicati, potrebbero essere spazzati via in un attimo, ma le loro radici ben salde nel terreno mostrano tutta la loro forza e il loro coraggio. Guardo anche gli essere umani, che non posso definire diversamente che un’ombra, brillano troppo spesso per la loro malvagità e il nostro futuro appare incerto. Ogni composizione entra in questa bellezza e in questa incertezza, ognuna riflette la luce e l’ombra. Sempre e La Terre et le Ciel, che aprono e chiudono l’album, rappresentano l’Inizio e la fine della mia poetica e in entrambi compare lo stesso refrain strumentale. In Sempre ho voluto riservare un posto d’onore alla mia fisarmonica, protagonista per la sua enorme forza espressiva, che racchiude in sé la fonte della vita: il Respiro. I suoni lunghi, dilatati prendono forma con il movimento del corpo nell’aprire e nel chiudere il mantice, un incantesimo in cui ci si sente avvolti da una massa sonora densa, traboccante di armonici, come solo lo strumento a mantice può regalare. La Terre et le Ciel, con la sperimentazione elettronica, si ispira al mio studio della musica contemporanea, aspetto che traspare anche in altri brani dell’album come Cortango il Treno, e raffigura la ricerca dell’individuo nei passi della vita. Prière dans la nuit per voce e quartetto d’archi racconta le mie passeggiate notturne nella mia città, da Rio Marin a San Marco contemplo il tempo che qui si è fermato e il mio pensiero diventa preghiera…; Le diable ça va è un omaggio al cantautore Jacques Brel, una mia rielaborazione del suo primo successo, che, a distanza di settant’anni, descrive perfettamente il nostro presente e poi Valse Lunaire, Promenade, Le Tarn

Miranda CortesQuanto ha inciso il luogo in cui abiti nel tuo modo di scrivere?

Potrei dire i luoghi…. La Francia, dove sono cresciuta, per la sua multiculturalità, l’essere a contatto sin dalla prima infanzia con compagni di origine africana, antillese, maghrebina, italiani, portoghesi, il suono della loro lingua, andare al mercato e trovare le bancarelle con la loro musica e le cassette (oggi reliquie) che regolarmente compravo… tanti mondi sonori nella mia testa. L’altopiano di Asiago, una casetta di montagna a 1057 metri di altezza, il silenzio, la neve, l’estate breve e ventosa, la bellezza impareggiabile della natura e l’incontro con il suo Creatore. Il luogo in cui abitavo mi permetteva di avere una visuale panoramica straordinaria, quando il vento spazzolava bene l’aria, potevo scorgere l’orizzonte acqueo della laguna veneziana. Venezia, meraviglia che non si finisce mai di contemplare. Mi sorprendo sempre della capacità umana nel saper costruire con le proprie mani magnificenza, ma non finisce qui: lo specchio lagunare in cui Venezia vive è spettacolare, i colori, i riflessi continuamente diversi catturano l’occhio, la mente e lo spirito. Contemplo sempre il sottile confine tra l’acqua e il cielo, una linea di contatto verso l’Ineffabile. Devo dire che le foto di Mario Lunetti nel video promo dell’album e nel mio CD  evocano con chiarezza l’incantesimo veneziano e, in generale, il prodigio del Creato. Questi luoghi sono capisaldi di creatività nella mia scrittura musicale.

Quali sono le tappe del tuo percorso di vita, musicale e non solo, che consideri fondamentali? Quali le trasformazioni che hanno suscitato e quali i cambi di prospettiva?

Domanda impegnativa… Ho percorso varie tappe in modo abbastanza originale, perché ogni volta queste tappe sono state delle virate di bordo per tagliare l’onda inquieta del mio mare interiore. Una continua volontà di ricerca che mi caratterizza sin dalla tenera età. Una prima tappa formativa è stata la mia famiglia nel periodo dell’infanzia. In casa avevo tre fratelli più grandi e due muse, mia sorella più grande di me di quasi sedici anni e mia madre, entrambe frizzanti, caleidoscopiche, entrambe “pazze” per la musica e per il ballo. Il loro canto risuonava in tutte le pareti della casa, ma anche le risate, sonore, spontanee. Entrambe mi fecero inconsapevolmente un gran regalo, glissarono nel mio cuore una relazione speciale con il mondo dei suoni che poi entrarono nel mio studio quotidiano con la fisarmonica dagli otto anni in poi. Un’altra tappa è stata più avanti nel tempo, quando feci l’incontro della cultura underground. Tutto derivò da quella mia consueta e incontenibile curiosità! Sin da piccolissima adoravo frugare nell’armadio di mia sorella e farmi comprare dai miei genitori o fratelli dei 45 giri o 33 giri di band straniere che sentivo in radio o vedevo in TV, e così per tutti gli anni a seguire. Verso i miei diciassette anni avevo una sfrenata voglia di scoprire ciò che non si sentiva dappertutto. Gli anni Ottanta avevano prodotto tendenze giovanili successive al movimento punk del decennio precedente, parecchio innovative e in particolar modo nell’underground musicale in cui circolava generalmente musica autoprodotta e distribuita da piccole etichette indipendenti. Tra fine anni Ottanta e anni Novanta c’era un fervore culturale forte, l’underground offriva vigorose opportunità per nuove produzioni musicali, potremmo dire anche di sperimentazione. Nella mia città c’era un piccolo negoziante di vinili e CD molto fornito di musica indipendente UK e tedesca, Nord Europa, in parte degli USA. Lì potevo scoprire di tutto. Così, per un po’ di tempo, la mia fisarmonica prese un periodo di riposo, il mio nuovo orizzonte era ascoltare, vedere, fare musica con altri strumenti, frequentare questi circuiti in Francia, Germania, Italia. Nel frattempo, si era sparsa la voce che suonavo la fisarmonica e varie formazioni mi chiamarono. La mia pausa meditativa non aveva compromesso le mie capacità esecutive, anzi, sentivo bene lo strumento sotto le mie dita e la forza del mantice con maggiore chiarezza. Era stimolante e mi sentivo più motivata di prima, essere fisarmonicista era una carta in più! Una terza tappa avviene fine anni Novanta, ormai abitavo in Italia. Dopo molti concerti con musicisti formidabili, riprendo i miei studi accademici. Per una fortuita coincidenza incontro Francesco Visentin, successivamente Patrizia Angeloni e scopro la fisarmonica da concerto. Con entusiasmo studio, mi diplomo una prima volta e poi una seconda. Parallelamente, m’interesso di etnomusicologia, in particolare delle tradizioni appartenenti all’area del Mediterraneo, incontro il mondo del teatro e suono per varie produzioni teatrali. Una somma di incontri significativi hanno attraversato la mia strada, e tutti hanno acceso nella mia mente molti riflettori musicali, creando quella versatilità di cui non posso fare a meno.

Miranda CortesPuoi descrivere la tua relazione con la fisarmonica?

Una relazione felice! Ho sempre dichiarato che lei è il mio vestito, ma confesso che in certi momenti è subentrata anche la collera, soprattutto per gli spostamenti a Venezia o fuori da Venezia, non avere l’auto sotto casa fa la differenza… Scherzi a parte, il rapporto è sempre stato scorrevole, amo suonare la fisarmonica da sempre e l’ho sempre fatto con grande facilità dagli anni della formazione in poi. Mi fa sorridere il ricordo colorato dei vari strumenti che ho abbracciato negli anni: la prima, una Fratelli Crosio argento paillettes bellissima, la seconda una Lucchini blu, per i miei studi classici una Zerosette nera sostituita poi da una Borsini nera. Nel frattempo, un regalo di mio fratello, una Zerosette rossa con un leggero velo di paillette, una piccola Todaro nera a note singole a sinistra, uno strumentino leggero da battaglia. Riconosco che la fisarmonica da concerto offre tante possibilità, repertori stimolanti dalla letteratura antica alla musica contemporanea, un ampio spettro sonoro, un immaginario ricco di creatività sapendolo gestire con arte, è efficace per la composizione quanto il pianoforte, ma non ho mai voluto mitizzare il mio strumento. Ascoltare i suoi interpreti con attenzione e interesse, sì, magari con maggior intensità in periodi circoscritti, ma più di tutto prediligo comprendere e conoscere tutti gli strumenti, capire le differenze timbriche, le possibilità esecutive, la pluralità dei repertori, come ho avuto modo di raccontare nelle mie esperienze. La ritengo un meraviglioso mezzo sonoro per esprimermi con capacità e ne sono felice; al tempo stesso, sento il bisogno di vagare anche altrove… suonare più strumenti in generi differenti mi nutre mentalmente ed è utile capire le differenti prassi esecutive per comporre.

Sembra sempre più difficile poter essere musicista al giorno d’oggi. Qual è la tua impressione?

Possiamo dare le solite risposte che conosciamo a memoria, ma io andrei ancora più in fondo. In questa fase storica, molte cose sono diventate finalmente trasparenti: la funzione dell’arte è stata chiarita una volta per tutte a voce alta, ovvero NULLA, azzerata, questo è il valore che le è stato riconosciuto, sprangata nel nome di una sicurezza, ovvero quella di svuotare totalmente i luoghi di riflessione culturale e le vie delle città, allorché alternative adeguate potevano essere individuate. Nemmeno nel maggio 1945, durante il bombardamento dell’Armata Rossa sulla capitale tedesca, l’orchestra filarmonica di Berlino interruppe la sua esecuzione della Sinfonia n.5 di Ludwig Van Beethoven che stava eseguendo nella sala Radio della capitale. Difficile riconoscere la ragione d’esser musicista oggi in questo contesto… un mercato oligopolistico che monetizza ogni aspetto della vita e detta le regole di sopravvivenza, non verso il merito, ma verso la produttività, verso il frastuono, verso una sterilità di contenuti e di stili. II denaro ci ha asservito. Viviamo un galoppo in accelerazione inarrestabile, con un’industria culturale imperante che spalma a furia di mass media un condizionamento a tappeto e io posso dire che proprio per questo ho il desiderio di fare arte più di prima, per reagire a quanto sta accadendo. Se facciamo due passi indietro, nell’etimologia troviamo il significato della parola arte come Tekhnè dal greco (τεχνη), ovvero abilità manuale e artigianale che in sé implica anche la creazione in quanto innovazione, la ricerca del bello. Basta guardare il Rinascimento italiano e non solo… Pertanto, una riflessione deontologica (chi siamo, cosa fare oggi) non sarebbe fuori luogo. Venga pure la funzione aggregativa, ma se avvenisse in nome dell’elevazione delle menti e non del loro abbrutimento, probabilmente andremmo verso un mondo migliore. E per quanto riguarda i concerti on line, personalmente non ne vedo il senso, suonare non può esistere senza gli sguardi, i sorrisi, gli applausi, i respiri, i corpi e i commenti estemporanei della gente. Qualcuno dice che per creare dobbiamo “tornare nelle cantine” e io aggiungo “tornare sulle strade a suonare” per sentirci vivi e relazionarci con la gente.

 

Il Coraggio
album digitale e copie fisiche:
www.radicimusicrecords.it
info@radicimusicrecords.it

Miranda Cortes
www.mirandacortes.it

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Laureata in lingue estere presso la Faculté des Lettres et Arts di Metz, Miranda Cortes consegue il diploma decennale in fisarmonica classica con il massimo dei voti presso il Conservatorio “Arrigo Pedrollo” di Vicenza,  la laurea di II livello in fisarmonica con 110 e lode presso il Conservatorio “Ottorino Respighi” di Latina sotto la guida di Patrizia Angeloni, si abilita in Didattica Strumentale con la laurea di II livello presso il Conservatorio “Agostino Steffani” di Castelfranco Veneto (TV). Ha inoltre frequentato corsi di perfezionamento con Francesco Visentin, Claudio Jacomucci, Hugo Noth, Joseph Macerollo e Teodoro Anzellotti. Cresciuta in ambienti multiculturali che l’hanno portata a condividere gli anni della formazione con popoli diversi e a compiere numerosi viaggi in Medioriente, ha affiancato allo studio accademico occidentale, la ricerca in ambito etnomusicologico, con particolare attenzione all’area del Mediterraneo. Fonda nel 2001 l’Ensemble “La Frontera”, insieme registrano MIstral (Felmay 2015), Ferme tes yeux (2007), Mar BIanco (2004), La musica dei Popoli (2001). Con la violinista Marianne Wade registra Nigun (2010) che riscuote un ottimo consenso di pubblico, inoltre Amore e Senare (Soraimar 2008) con il cantautore Gianni Stefani, Storie del mio tempo con Le Panash (Flying Records-1998), Tacabanda (Srazz Records-1995). A novembre 2016, pubblica ‘NDAR (Freecom), incisione discografica realizzata insieme alla musicista Rachele Colombo, un’opera prima di musiche originali elaborate nella forma canzone. ‘NDAR raccoglie numerose recensioni favorevoli e viene considerato uno tra i migliori dieci lavori discografici del 2016. Si esibisce come solista in programmi di musica colta e contemporanea, parallelamente anche l’attività cameristica riveste un ruolo centrale nel suo lavoro artistico. Anche la musica per teatro e la recitazione assumono un ruolo importante nella sua formazione artistica, vedi le produzioni teatrali con Ivano Marescotti, Armando Carrara e la Piccionaia, Giorgio Fabbris e La Piccionaia-I Carrara, Raffaello Cossu e il Teatro a l’Avogaria Venezia, con le attrici Eleonora Fuser, Patricia Zanco, Linda Bobbo, Mariella Fabbris, Sandra Mangini, Sandro Buzzati, Ullalà Teatro per ragazzi con Pippo Gentile e le molte collaborazioni con poeti e scrittori per improvvisazioni sul testo (Gian Ruggero Manzoni, Paolo Lanaro, Roberto Piumini, Gigi Dal Bon, Graziano Pozzetto, Claudia Vio, ecc.). Nell’agosto 2019, pubblica il libro L’Inevitabile Incontro. Repertori e didattica nella dimensione artistica della fisarmonica della Collana “Nuovo C.D.M.I., Adotta il Futuro”. È vicepresidente del Nuovo Centro Didattico Musicale Italiano.