Manuel Savron: una nuova e personale concezione della fisarmonica diatonica

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Manuel SavronLuminoso e giovane talento della fisarmonica diatonica, Manuel Savron è un musicista sloveno costantemente mosso dalla curiosità. Fisarmonicista a tutto tondo, poliedrico e particolarmente incline all’innovazione stilistica, racconta il suo percorso umano e artistico attraverso questa intervista.

Oltre alla fisarmonica, tuo strumento del cuore, ti sei dedicato allo studio del sassofono classico fino a conseguire il diploma presso il conservatorio “Giuseppe Tartini” di Trieste. Come mai hai deciso di approfondire anche la conoscenza del sax?

«La scelta di studiare sassofono classico è stata una necessità. La fisarmonica diatonica è da sempre il mio strumento principale, in quanto la suono da quando ero piccolo. Il repertorio che si affronta è prevalentemente di musica tradizionale e folk alpino. Qualche anno dopo ho iniziato a frequentare una banda di ottoni, per un brevissimo periodo ho suonato il clarinetto e poi sono passato al sassofono. Da lì è partito tutto. Nei primi anni non mi sono cimentato seriamente con il sax, perché mi dedicavo sempre alla fisarmonica. Lo facevo ogni tanto per hobby, fin quando è arrivato il momento in cui ho dovuto decidere cosa fare in futuro. Il mio desiderio era quello di studiare musica. Poiché in Slovenia non esiste nessun tipo di conservatorio che ti consenta di studiare fisarmonica diatonica, su consiglio del M° Zoran Lupinc ho intrapreso la strada del sassofono classico. Questo è stato il bisogno. Non è stato facile, perché ho dovuto studiare tanto, quindi per causa di forza maggiore ho trascurato un po’ la fisarmonica. Però devo dire che non mi è dispiaciuto, perché ho appreso tante cose che poi ho riapplicato sul mio strumento».

Nel 2009 sei stato il primo musicista a esibirti con la fisarmonica diatonica nel “Palazzo Gravisi Barbabianca”, precisamente presso la scuola di musica di Capodistria. Potresti descrivere la tua esperienza a livello umano e artistico legata a questo concerto?

«Questa è stata sicuramente una delle esperienze che mi rimarrà impressa per sempre. Devo ammettere che all’inizio ero un po’ agitato, però dopo i primi brani mi sono lasciato andare e ho suonato bene. È d’obbligo ringraziare il mio amico e collega chitarrista Davorin Lovrečič, che ha organizzato l’evento e si è esibito con me suonando la chitarra classica. Oltre che per me, questo è stato anche un piccolo punto di svolta per la fisarmonica diatonica, poiché è stata sempre vista, e lo è ancora per alcune persone, come uno strumento solo da festa del paese adatto unicamente per suonare valzer e polche. Lì, invece, sono riuscito a oltrepassare qualche confine, proponendo brani di altro genere. E questo, fatto in un ambiente di quel tipo, dà ancora più soddisfazione».

Da solista hai tenuto una sfilza di concerti in numerosi teatri europei, ma soprattutto sei stato spesso ospite al prestigiosissimo “Festival della Fisarmonica di Castelfidardo”. Quali sono i ricordi più preziosi concernenti le tue esibizioni nella cittadina marchigiana?

«Sembra scontato dirlo, ma la mia prima esperienza al festival di Castelfidardo ha cambiato la mia vita e il mio modo di suonare. Credo proprio che sia stata l’edizione del 2010. Avevo circa 19 anni, ed era la prima volta che visitavo Castelfidardo. Sono stato accompagnato dal mio primo maestro, amico e compagno di avventure, Andrej Gropajc. In quei cinque giorni di permanenza nella cittadina ho avuto modo di ascoltare cose per me nuove, che dalle mie parti non avevo mai sentito, oltre a vedere e conoscere grandi maestri della scena internazionale. Sono rimasto scioccato, in senso positivo. È difficile riuscire a spiegare a parole tutte quelle emozioni. Durante il festival ho tenuto quattro concerti da solista nei diversi stage. Per questo, ci tengo molto a ringraziare Vincenzo Barbalarga della Barvin Edizioni, il quale mi ha invitato e reso possibile questa esperienza».

Anche svariate apparizioni televisive e diverse partecipazioni radiofoniche hanno arricchito la tua carriera. A tuo parere, TV e radio sono due mezzi sui quali i musicisti dovrebbero puntare parecchio per divulgare la loro attività professionale?

«Forse, il 2008 e il 2009, sono stati per me gli anni di punta in cui ho vinto la maggior parte dei concorsi, dove ero invitato in diverse trasmissioni televisive e radiofoniche. Come  oramai è risaputo, il mondo cambia velocemente, per cui quello che funziona oggi magari tra sei mesi o un anno non funziona più. Dieci anni fa la TV e la radio funzionavano benissimo come tutt’ora, però adesso il mondo dei social ha preso il sopravvento. Secondo me la maniera migliore per divulgare la propria attività professionale, nel 2019, è utilizzare i vari social come Facebook, YouTube, Instagram, SoundColud e via dicendo. Le persone trascorrono la maggior parte del tempo attaccate al cellulare, e scrollando, seppur di sfuggita, vedono le notizie, ma qualcosa rimane. Chi è interessato si sofferma e continua a leggere, magari mettendo anche un bel “like”».

Dal 2006 vi è un importante sodalizio artistico con il violinista Rok Kleva Ivančič, ossia “Diatonic strings duo”, con il quale sei sovente impegnato in tutta Europa. Quali sono le peculiarità stilistiche di questo progetto?

«Il risultato che ne scaturisce è una sperimentazione che mescola il melos della tradizione popolare con le variazioni di stampo jazzistico. Tutto questo è stato racchiuso nell’album “Ragbag” (del 2015), il quale propone una musica inusuale. Si cerca di costruire un mosaico che tragga spunto dalla musica popolare proveniente da una vasta zona d’Europa: dalla musica svedese e bretone fino a quella macedone, senza dimenticare la tradizione musicale slovena. Il progetto è un divertente caleidoscopio di musiche etniche, folcloristiche, con una forte componente improvvisativa che crea un contrasto sonoro tra il violino e la fisarmonica diatonica. Proprio per questo motivo sfonda barriere e stereotipi e, viceversa, accompagna l’ascoltatore verso mondi sconosciuti».

La didattica è una componente fondamentale della tua vita musicale. A tal proposito hai elaborato un metodo d’insegnamento strettamente personale e innovativo per la fisarmonica diatonica, sia nell’approccio che nel repertorio. Proprio in questo senso, il tuo nuovo progetto da solista intitolato “Diatonic / Styrian Accordion New Generation Project” esemplifica in maniera egregia il concetto. Dunque, in cosa consiste nello specifico il tuo metodo e qual è il fil rouge di “Diatonic / Styrian Accordion New Generation Project”?

«La didattica è una componente importantissima del mio lavoro. Come detto in precedenza, l’esperienza vissuta al “Festival della Fisarmonica di Castelfidardo” del 2010, oltre che cambiarmi come musicista, mi ha fatto conoscere musicisti di grande spessore, tra i quali il prof. Natalino Marchetti. Il suo modo di suonare mi è rimasto impresso e mi ha ispirato tantissimo. Dopo un po’ di tempo ho deciso di contattarlo, e nel 2014 ho iniziato a studiare con lui. Non è stato facile per me, perché abitiamo lontani uno dall’altro, però i tanti sacrifici sono stati ripagati. Con lui ho appreso molte tecniche nuove e imparato cose che mi hanno aperto un mondo. Da quel momento sono diventato un altro musicista. Già dopo la prima lezione ho sentito che c’era qualcosa di nuovo. Da quel frangente ho cominciato a studiare l’improvvisazione, a scrivere musica mia e ad arrangiarla. Grazie alle tecniche che mi sono state insegnate il mio sound ha assunto una nuova dimensione. Non è ancora come vorrei, ma ci sto lavorando. Tutti questi aspetti hanno stravolto il mio playing e la mia interpretazione della musica, così nel 2016 ho deciso di intraprendere un progetto da solista in cui eseguo arrangiamenti scritti da me di brani dal carattere diverso, passando per trascrizioni di musica composta per fisarmonica “bassi standard”, a standard del jazz e composizioni originali. Tutto ciò mi intriga molto, in quanto questo non si sente tanto in giro suonato con una fisarmonica diatonica. Tornando brevemente alla didattica, le nozioni apprese dal prof. Marchetti le ho poi riapplicate e rimodellate sul mio strumento e sul mio modo di insegnare, quindi sono riuscito a sfornare allievi vincitori di concorsi nazionali e internazionali, nonché futuri professionisti. Inoltre, vorrei precisare che la mia fisarmonica diatonica è uno strumento particolare ideato dal prof. Lupinc e progettato dall’azienda Beltuna di Castelfidardo. Si tratta di un accordion con dei registri al manuale destro e dei registri su quello sinistro, più un altro registro che toglie la terza dell’accordo rendendolo neutro».

 

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