Riccardo Tesi: la musica che oltrepassa confini e frontiere

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Dagli esordi decisamente folk nel 1978 ariccardo tesil fianco di Caterina Bueno, alle odierne collaborazioni, la storia musicale del pistoiese Tesi vive di una preziosa continuità fatta di passione e di curiosità onnivore, che dalla tradizione toscana lo ha accompagnato al confronto con quelle italiane, basche, inglesi, francesi e malgasce, con il jazz, il liscio e la canzone d’autore.

1. L’organetto diatonico “antenato della fisarmonica” è il suo strumento cui lei dedicò un intero disco nell’81. Come vi si avvicinò?

La prima volta nella mia vita in cui ho visto questo “strano strumento” è stato ad un concerto del Canzoniere del Lazio, gruppo etno-jazz-rock degli anni settanta nel quale militava Francesco Giannattasio, primo in assoluto a recuperare e utilizzare l’organetto in ambito non tradizionale. Lui in seguito ha abbandonato la professione di musicista in favore di una carriera importante come etnomusicologo, ma per me rimane il pioniere dell’organetto in Italia perché da lui è poi partito tutto quel movimento che ha portato ad una nuova pratica dello strumento, questa volta urbana che io chiamo revivalistica per distinguerla da quella tradizionale.

Io invece ho iniziato nel 1978, all’età di 22 anni, praticamente rimpiazzando Giannattasio nel gruppo di Caterina Bueno, la più importante folksinger toscana, in uno spettacolo incentrato sul ballo tradizionale dove l’organetto aveva un ruolo centrale. All’epoca io suonavo la chitarra (piuttosto male) per cui mi offrii di impararlo ed in poco tempo diventai abbastanza abile; questa cosa cambiò irrimediabilmente e radicalmente il corso della mia vita. All’inizio fu difficile perché non c’erano insegnanti, dischi, metodi, internet… niente! Ho dovuto fare tutto da solo, ma credo che questo abbia avuto un ruolo importante per lo sviluppo di un mio stile personale. Però la passione era tantissima e da allora l’organetto ha occupato totalmente la mia vita.

2. Il suo stile è arcaico e nuovo insieme, un mix di lirismo e virtuosismo che contribuisce a innalzare il valore della fisarmonica e degli strumenti a lei affini sperimentandone suoni e contaminazioni. Come è possibile mantenersi in equilibrio tra una tale molteplicità di stili?

È una questione di lealtà. Credo che sia necessario rispettare la propria identità, essere sinceri. Io sono nato in città, sono cresciuto con il rock progressive, ho ascoltato jazz, canzone d’autore… e poi ad un certo punto ho iniziato ad interessarmi di tradizioni popolari. Chiaramente il primo vocabolario che ho suonato sull’organetto è stato quello tradizionale, quindi saltarello, tarantella e ballo tondo ed è stata una scuola importantissima sia per la tecnica che per il linguaggio. Ma a partire dal mio secondo disco, con il gruppo Ritmia, ho iniziato a cercare la mia musica, a lavorare intensamente sulla composizione. Da allora questa è diventata la mia strada musicale principale anche se la tradizione è sempre lì dietro l’angolo e rappresenta per me una fonte di ispirazione fondamentale.

3. Lei ha sensibilmente allargato i suoi confini geografici e le frontiere della sua musica grazie a importanti e copiose collaborazioni. Quali sono le esperienze che ricorda con particolare piacere e perché?

Le esperienze in più di trent’anni di carriera sono inevitabilmente moltissime. Direi per un verso la collaborazione con il mandolinista francese Patrick Vaillant, musicista trasversale e creativo, che mi ha spinto ad affrontare lo strumento con un ottica completamente diversa, da musicista e non da strumentista. Questa cosa ha avuto un’influenza fondamentale sul mio attuale stile.

Subito dopo il trio di organetti Trans Europe Diatonique (1993) con l’inglese John Kirkpatrick ed il francese Marc Perrone, poi rimpiazzato dal basco Kepa Junkera. È stata un occasione importante per scambiarsi pensieri e tecniche diverse sullo strumento in un clima gioioso e di grande complicità. Ho ripreso questa esperienza con i Samurai, quintetto europeo di organetti con il finlandese Markku Lepisto, il francese Bruno Le Tron, il belga Didier Laloy e l’irlandese David Munnelly. L’atmosfera è la stessa anche se l’approccio allo strumento e soprattutto alla musica è molto diverso perché questi appartengono ad un’altra generazione.

Poi Banditalina che è il progetto nel quale ho avuto il coraggio di andare in fondo alle mie idee musicali assumendomene in toto ogni responsabilità.

Per finire voglio citare la collaborazione con i cantautori Fabrizio De Andrè e Ivano Fossati, due giganti dai quali ho imparato molto sulla produzione, sul rigore, sull’equilibrio delle parti. Lavorare con loro è stata una bella lezione di musica e mi ha fatto riavvicinare alla forma canzone che applico molto anche alle mie composizioni strumentali.

4. Lo scorso anno nasce il progetto Cameristico e con esso l’organetto diatonico incontra il suono classico di pianoforte, clarinetto e violoncello al fine di rileggere una parte importante del suo repertorio. Ci parla di questo lavoro?

La scintilla iniziale è stata la richiesta della Dott. Claudia Cappellini, responsabile culturale del Comune di Quarrata, per la realizzazione di un progetto originale da presentare nella sala affrescata della Villa la Magia. Il luogo mi ha suggerito un suono più classico, più cameristico appunto e così ho deciso di riprendere in mano materiale del 2007 in cui appunto avevo lavorato sul matrimonio timbrico tra questi strumenti. Tre brani erano finiti sul mio album Presente Remoto e da allora mi ripromettevo di approfondire l’esperienza. L’occasione quindi è arrivata e allora ho chiamato Damiano Puliti, il violoncellista con cui collaboro ormai da molti anni e Michele Marini, giovane clarinettista della mia città che nonostante l’età è già diplomato ed ha una carriera ben avviata in campo jazzistico. Per finire al pianoforte sempre un pistoiese, Daniele Biagini diplomato sia in pianoforte sia in Jazz che insieme a me ha curato tutti gli arrangiamenti e le orchestrazioni. Il repertorio in realtà è quasi interamente originale e scritto per l’occasione. In più mi sono divertito a riprendere tre brani appartenenti al mio passato che suonavano benissimo con questo organico e che così hanno riacquistato una nuova vita dopo essere stati accantonati per molto tempo.

Da poco è uscito il disco “Cameristico” distribuito in Italia da Materiali Sonori ma già disponibile su iTunes e gli altri negozi digitali. Siamo contenti perché il disco sta piacendo molto ed è già stato presentato con ottimi giudizi alla radio nazionale australiana, svizzera, belga, alla BBC e a RAI3 dove è stato disco del mese a febbraio.

5. Dal 1980 si dedica all’insegnamento e alla ricerca di una pedagogia adeguata agli strumenti popolari e in particolare all’organetto diatonico. Scrive il primo manuale italiano sul tema e tiene stage di organetto e musica d’insieme in Italia e all’estero. Come è cambiato negli anni l’approccio a questo strumento?

Sicuramente le nuove generazioni grazie ad internet hanno la possibilità di conoscere tutta la ricchezza e la varietà stilistica che caratterizza la scena dell’organetto mondiale. Grazie ad una attività importante di pedagogia in questi anni il livello tecnico medio si è alzato in maniera impressionante. In generale l’influenza della tradizione sta diminuendo e lasciando progressivamente il posto ad uno spirito più innovativo e creativo, che ha voglia di cercare nuove sonorità, nuove strade musicali. Piano piano l’organetto si sta imponendo sulla scena musicale come strumento tout court e non solo legato alla musica popolare. Insomma… il futuro sembra roseo.

6. Musicista, compositore, arrangiatore, ricercatore: quale tra questi ruoli sente più vicino a sé?

Forse la definizione di musicista è quella in cui mi sento meglio perchè racchiude anche le altre ad eccezione del ricercatore che però è legata ad un periodo ormai lontano della mia attività. A me piace lavorare sulla composizione, l’invenzione, l’arrangiamento. È il processo che va dall’idea iniziale al brano finito ad interessarmi e ad emozionarmi. Anche la performance live però mi piace molto perché è la verifica di tutto e poi… vuoi mettere l’adrenalina!

7. Numerosissimi premi e riconoscimenti sia in Italia che all’estero. A cosa aspira oggi, dopo anni di successi e risultati?

Io penso sempre al futuro, sono già concentrato sul live di Cameristico, poi il nuovo disco di Banditaliana e anche quello dei Samurai. Il 20 giugno con Banditaliana riprenderemo un vecchio spettacolo “Un ballo Liscio” e ci divertiremo a rileggere un po’ di classici del liscio alla nostra maniera in compagnia di Fanfara Tirana, esplosiva brass band albanese. Il tutto succederà al prestigioso Ravenna Festival. Spero di poter continuare a suonare il più possibile in giro per il mondo perché adoro viaggiare. E poi dischi, produzioni, collaborazioni, insomma musica, musica, musica!