Giorgio Albanese: la musica per fare del bene al prossimo

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Giorgio AlbaneseGiorgio Albanese è un fisarmonicista e compositore particolarmente creativo, eclettico, curioso esploratore, caleidoscopico e interessante. Attraverso questa chiacchierata racconta gli episodi più importanti che hanno segnato il suo percorso.

Seppure giovane, sei stato rappresentante italiano, per tre volte, al prestigioso “Tropheè Mondial de l’accordeon”. Come nasce questa esperienza?

L’aspetto performativo mi è sempre interessato ai più alti livelli tecnici e la preparazione ai concorsi pone degli obiettivi che considero come un allenamento per la crescita generale. Fondamentalmente mi piace mettermi continuamente in gioco in vari aspetti della mia vita, e questa è stata uno di quelle.

Nell’arco della tua rosea carriera hai collezionato una pletora di collaborazioni significative al fianco di musicisti blasonati a livello mondiale, tra i quali: Steve Potts, William Parker, John Tchicai, Mirko Guerrini, Eugenio Colombo, Michele Rabbia, Gianni Lenoci, Pino Minafra. Cosa e quanto hai imparato musicalmente e umanamente da questi fuoriclasse del jazz?

Tutti i grandi musicisti, artisti e in generale i grandi uomini hanno in comune più o meno le stesse cose. Si è semplicemente accomunati da grandi valori, grandi passioni e grandi progetti. Devo dire di aver imparato tantissimo da molti punti di vista, ma soprattutto sotto l’aspetto umano e della leadership.

A un certo punto del tuo ricco excursus professionale hai avvertito la fisiologica esigenza di ricercare una propria identità espressiva attraverso la fisarmonica, plasmando questo strumento a un tuo modo strettamente personale di intendere e vivere la musica, considerandolo non solo ed esclusivamente come uno strumento popolare, ma come un mezzo che ti offrisse la possibilità di sperimentare costantemente. Quando e come hai partorito questa brillante idea?

È sempre stata presente in me una certa curiosità e apertura che mi ha fatto concepire la musica, l’arte, la vita, quindi anche il mio strumento, come potenziale da emancipare e non da sciupare. Sono sempre stato molto attento alla tradizione, ma la considero bagaglio di informazioni da conoscere e attualizzare non come mero risultato nichilista di un uomo contemporaneo che, non sapendo dove andare, guarda solo indietro. In altre parole, nascendo con la fisarmonica, ma avendo una visione aperta della musica, non potevo non arrivare naturalmente a cercare di vedere il mio strumento da un punto di vista personale, sintesi di percorsi, idee e progetti maturati negli anni.

Sei molto prolifico anche in qualità di compositore. Teatro, danza, cinema e arte visuale sono quattro nobili discipline alle quali ti sei dedicato. Cosa rappresentano per te queste esperienze?

Come sempre con la curiosità e il coraggio di sperimentare, ovvero mescolare le carte in funzione di una visione, di un’idea, assumendosi certamente la responsabilità di riuscire o fallire. Mettersi in gioco non prendendosi troppo sul serio, ma guardando dritto in faccia la possibilità di creare qualcosa di personale con tutti i mezzi di cui oggi disponiamo. Questo mi dà la spinta ad essere, resistere e persistere.

Sei attivo in veste di docente di fisarmonica jazz in tutto il mondo, in cui tieni svariati masterclass e seminari. Come ti interfacci con i tuoi allievi dal punto di vista didattico e umano?

Il mio approccio come didatta parte da un approccio olistico della musica, potenziando i punti di forza dello studente, ma nello stesso tempo colmando i punti di debolezza. Cerco di comunicare apertamente l’amore per la musica e per la disciplina di cui necessita, ma allo stesso modo la bellezza del processo di apprendimento, in quanto è la parte più creativa e personale del tutto e, forse, la più importante.

Quanto interesse riscuote la fisarmonica, oggi, presso i giovani?

Non saprei rispondere con precisione a questa domanda, anche perché dipende da cosa si intende per interesse. In questo mondo esiste una domanda e un’offerta, le quali sono influenzate da fattori interni ed esterni mescolati tra loro da un’apparente casualità di eventi. Io credo che la fisarmonica stia facendo lentamente dei passi in avanti nella sua escalation anche ai giorni nostri, ma si deve fare ancora tanto da moltissimi punti di vista. Di conseguenza, purtroppo, i giovani sono l’anello finale di una catena un po’ inceppata in un sistema che li rappresenta davvero poco.

Giorgio AlbaneseDal tuo punto di vista l’insegnamento è parimenti importante come e quanto l’attività concertistica?

L’insegnamento e l’attività concertistica sono due cose diverse, strettamente legate tra loro, ma non proprio paragonabili. Tutte e due sono di vitale importanza per me, poiché mi appartiene il senso civico dell’essere un artista oggi, considerando la musica anche un modo per contribuire a fare del bene al prossimo in varie forme.

Hai avuto l’onore e il privilegio di calcare il palco a tutte le latitudini: dall’Europa al Sud America, dall’America all’Oceania, dall’Asia all’Africa. Posti diversi, culturalmente e socialmente assai differenti tra loro. Quali sono i ricordi più preziosi legati a questi concerti?

Grazie per aver ricordato di essermi esibito in circa venti nazioni differenti. Potrei raccontare aneddoti divertenti e altri un po’ meno. Non vorrei sembrare ridonante, ma i ricordi più preziosi sono nei profumi e nei colori dei viaggi stessi, ma soprattutto nell’arricchimento interiore che permette di vedere il proprio paese e il proprio territorio con nuovi occhi, maturando un legame sempre più forte con quello che si fa. Ammesso, però, che il proprio operato sia svolto con chiarezza di intenti e soprattutto con nobiltà d’animo.

C’è una nazione in particolare nella quale non ti sei mai esibito in cui vorresti esprimere la tua musica?

Il Giappone è un paese che amo, nel quale non mi sono mai esibito. Chissà, un giorno….

La tua mente è proiettata alla realizzazione di nuovi progetti discografici?

Se dovessi tenere presente solo le mie idee musicali sfornerei almeno un paio di dischi all’anno. Collaboro anche da sideman con vari musicisti, ma da leader mi rendo conto che oggi la musica in Italia (e non solo) sta vivendo un periodo di cambiamento molto intenso e rapido che i musicisti stessi, nonché gli addetti ai lavori, non stanno cogliendo. Per questo motivo non è affatto semplice proporre progetti nuovi e alternativi, soprattutto se non si sa dove le proprie idee vadano a sfociare e in mano a chi. Personalmente ho deciso di ponderare le mie scelte in base a quanto esse abbiano un terreno fertile per essere sviluppate nel giusto senso. La risposta, comunque, è sì! Arriveranno belle novità a breve.