“Historias” è il titolo dell’album del duo Colores de tango

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Gianni Ventola“Historias” è il titolo dell’album di Colores de tango, alias Daria Rossi Poisa e Gianni Ventola Danese. Il duo – violoncello e fisarmonica diatonica – ha voluto confrontarsi con un repertorio articolato e profondo, del quale è riuscito a individuare i tratti più rappresentativi. E che, volendone interpretare gli elementi più determinanti fuori dalla retorica più commerciale, emergono in un modo nuovo, dentro una dinamica che è allo stesso tempo di sintesi e di amplificazione, di caratterizzazione e di interpretazione, riproposta. Come specificano i due autori, il lavoro è orientato anche dalla possibilità di “interpretare la musica per tango secondo la prospettiva dell’incontro a due, che è il punto di partenza irrinunciabile della danza in milonga”. E da qui nasce la riflessione sulle caratteristiche degli strumenti scelti e, soprattutto, sulle possibilità che questi “offrono” a un nuovo orizzonte del tango: “il violoncello, porta con sé la solidità delle linee di basso, il canto spiegato e virtuoso degli archi, la percussione ritmica e i suoni gutturali al ponticello. La fisarmonica, diatonica come il bandoneon tradizionale argentino con cui il tango è nato, porta i suoni strappati al mantice, il respiro lirico del suono di bandoneon, le ricche armonizzazioni accordali tipiche del tango”. Il progetto generale sembra voglia suggerirci proprio questo, la possibilità cioè di raccogliere – senza affanni, anzi con una leggerezza necessaria e innovativa sotto molti aspetti, determinata soprattutto dalla competenza tecnica e musicale dei due interpreti – le parti più significative di un repertorio sfaccettato. Di un repertorio integralmente internazionale e trasversale, i cui riflessi rifrangono sulla superficie di combinazioni infinite, oltre che di infinite interpretazioni. Sembra anche che la chiave dei due artisti sia stata soprattutto la volontà di rimbalzare tra i due poli di cui sopra (la sintesi e la riverberazione), in modo da riconfigurare efficacemente non soltanto il linguaggio definito del repertorio in questione, ma la possibilità stessa di una sua interpretazione. Qui ci soffermiamo appena, perché è lo stesso contenuto dell’album che ce lo richiede, così come la sua organizzazione generale e la selezione dei brani che compongono la scaletta. Lo stile, il suono, lo spessore dei due artisti definisce evidentemente tutti i brani dell’album. I quali, nel loro insieme e così suonati, ci aiutano a comprendere la possibilità di espansione che può interessare anche un repertorio così costituito (e definito spesso anche sul piano storico, culturale, sociale). Da un lato abbiamo, infatti, alcuni dei brani più rappresentativi del tango internazionale, che gli autori selezionano (come detto) dentro una visione che ne asciuga i passi più retorici, definendo allo stesso tempo un nuovo spazio in cui i grandi classici (tra i quali spiccano soprattutto “Oblivion” e “Libertango”di Astor Piazzolla) sono proposti in una forma forse più intima, più ristretta, ma senz’altro più forte. Rigenerata da una sperimentazione timbrica che nasce dal dialogo tra i due strumenti. All’altro lato si situa un insieme di relazioni che gli interpreti instaurano con autori molto diversi tra loro, ma che hanno in comune il confronto con il genere, e alcuni brani originali. Per quanto riguarda questi ultimi – “L’Amour à Vingt Ans” e “Plaza de Mayo”, entrambi composti da Gianni Ventola Danese, il quale ha curato gli arrangiamenti dell’intero album – si possono notare alcuni elementi che emergono più di altri, e che diventano dei marcatori chiari della prospettiva musicale del duo. Sono entrambi delicati e definiti allo stesso tempo, caratterizzati da melodie articolate e soprattutto da una tensione ritmica molto serrata, sebbene nelle strutture generali siano distesi e curati nel dettaglio delle combinazioni armoniche tra il violoncello e la fisarmonica diatonica. Tra i brani di autori noti che si sono cimentati nell’interpretazione del tango, segnaliamo  “Underground tango” di Goran Bregovic, “Il postino” di Louis Bacalov e Sergio Endrigo, e “Tango to Evora” di Loreena McKennitt.