Fabio Furia – ” Bandoneon 2.0 ” (prima parte)

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Fabio Furia è un musicista, compositore e bandoneonista italiano da tempo presente sui più prestigiosi palcoscenici nazionali e internazionali. È fondatore e solista dei ContraMilonga, formazione con cui si esibisce in tutto il mondo. È anche direttore artistico del Festival Internazionale di Musica da Camera nel Sulcis Iglesiente, del Festival ARTango e del festival Carignano Music Experience. Ha ottenuto numerosi premi e riconoscimenti a livello nazionale ed internazionale, come il Lions d’argento nel 2006 e il Paul Harris Fellow nel 2012.

L’intervista nasce in occasione dell’inaugurazione del Corso Di Bandoneon e prassi Stilistica e interpretativa del Tango tenuto da Fabio Furia, presso il “Conservatorio G.P. da Palestrina” a Cagliari.

 

Fabio FuriaLa musica come percorso segnato dal destino. Il Bandoneon che subentra gradualmente nel tuo caleidoscopio musicale e strumentale, diventando lo strumento che ha segnato la tua esistenza, regalandoti innumerevoli soddisfazioni professionali. Cosa rappresenta per te realmente il Bandoneon? Un semplice “congegno” da lavoro o qualcosina di più?

Il bandoneon è certamente molto più di un “congegno da lavoro” per me, è lo strumento che ha contribuito in modo determinante a rendere ricca di soddisfazioni la mia carriera musicale, e che mi consente di esprimermi appieno.

È proprio grazie alla sua particolarità timbrica e tecnica, alla duttilità sonora che lo contraddistingue, che ho trovato, finalmente, il modo di esprimermi che mi è più congeniale.

Il  Bandoneon con le sue infinite potenzialità mi ha spinto verso un approfondito percorso di ricerca, che mi ha portato fino allo studio della composizione, segnando in maniera decisiva il mio “cursus honorum” artistico. Inizialmente mi limitavo a studiare, a trascrivere ed arrangiare opere di altri compositori, tra i quali sicuramente Astor Piazzolla e altri compositori di Tango tradizionale, ma, gradualmente, ho trovato la mia vera dimensione artistica, fortemente radicata nel presente musicale e aperta a nuove tendenze e contaminazioni… una sorta di work in progress artistico.

Il tuo curriculum riflette una formazione molto ampia e differenziata. Prima il diploma in Clarinetto, poi il Bandoneon e gli studi di Composizione, per non dimenticare il tuo percorso con la Fisarmonica ed il Pianoforte. In che modo questa formazione musicale, così eclettica, ha influenzato la tua attività di musicista?     

La mia formazione musicale, effettivamente, è davvero molto varia. Ho iniziato da bambino, all’età di circa 6 anni, con la fisarmonica. Si trattava di uno studio del tutto autodidattico, incentrato prevalentemente sulla musica popolare. Con il passare del tempo ho deciso di intraprendere un percorso formativo “accademico” e di stampo classico, che solo il Conservatorio mi poteva offrire. La mia passione era il Pianoforte, ma alla fine, per varie vicissitudini, ho conseguito il diploma in Clarinetto, uno strumento che ho amato tanto, e che mi fatto conoscere ed apprezzare il grande repertorio. E’ così che ho avuto la possibilità di esibirmi stabilmente con importanti orchestre sinfoniche di tutto il mondo, e di approfondire l’intero repertorio classico, anche cameristico.

Entrare a far parte del mondo “accademico” mi ha permesso di acquisire gli strumenti indispensabili per affrontare la Musica e ogni genere musicale: il metodo ed il rigore, a qualsiasi costo. Abilità fondamentali che ho applicato, con disciplina, allo studio del Bandoneon e della composizione, e che hanno considerevolmente influenzato il mio stile ed il mio gusto musicale. Questa impronta è immediatamente riscontrabile nelle mie incisioni e nelle mie interpretazioni delle composizioni di A. Piazzolla, di L. Federico e di tanti altri autori. La linearità del discorso musicale, la ricerca del bello e la cura di ogni più piccolo dettaglio, rappresentano certamente la testimonianza di un retaggio culturale che affonda le sue radici nella mia formazione classica. D’altra parte, questo stesso approccio, mi consente, quasi come un filologo, di ricostruire e rispettare profondamente lo stile proprio di ogni genere musicale che affronto, in questo caso, appunto, quello tipico della tradizione argentina, risaltandone, però, le peculiarità che li caratterizzano. Un percorso di ricerca finalizzato a dare alla musica nuovo respiro e nuova luce, all’insegna dell’equilibrio e dell’eleganza formale, di matrice squisitamente “classica”, secondo il mio stile ed il mio gusto musicale e personale.

Quando e come hai iniziato ad esibirti con il Bandoneon, e come è cambiata negli anni la figura del tuo strumento nell’immaginario collettivo?

La mia carriera da bandoneonista, fino ad oggi, è stata una progressiva escalation. Inizialmente mi esibivo in contesti non particolarmente importanti ed esclusivamente legati al Tango, inteso come danza. Gradualmente mi sono avvicinato ad ambiti sempre più impegnativi, come i teatri, le stagioni di musica classica e i festivals jazz, fino a stringere importanti collaborazioni con illustri colleghi, come ad esempio la violinista Anna Tifu, con la quale mi sono esibito per diversi anni nel rinomato RED QUARTET. E ancora, il primo violino di spalla dell’orchestra del Teatro Lirico di Cagliari, Gian Maria Melis, con cui mi esibisco stabilmente nell’ ensemble di recente formazione, NovaFonic Quartet, insieme con Giovanni Chiaramonte, professore d’orchestra in contrabbasso al Teatro Lirico di Cagliari e Marcello Melis, pianista dalla ricca carriera musicale.

Il bandoneon, nonostante sia uno strumento di estrazione e di origini fortemente popolari, ha conosciuto, negli anni, un percorso di notevole crescita e valorizzazione. Cavalcando l’onda del grandissimo operato di Astor Piazzolla, è giunto fino a guadagnarsi un posto di primo piano nel panorama musicale internazionale e, attualmente, il suo successo è in continuo aumento.

Inizialmente ero portato a credere che la scarsa diffusione di questo strumento, sconosciuto alla stragrande maggioranza del pubblico, avesse un effetto fortemente preclusivo che lo condannasse a non essere accolto con grande favore dagli ascoltatori, spesso poco avvezzi al cambiamento e all’innovazione. Oggi, devo dire che, al contrario, il bandoneon, proprio per questo suo carattere un po’ “non convenzionale” e, quasi, anticonformista, è uno strumento che apre tantissime porte. Spesso, infatti, quando mi trovo a scambiare opinioni con colleghi, docenti e direttori artistici, emerge chiaramente la facilità di inserimento dei programmi con bandoneon, anche nelle più rinomate stagioni concertistiche. Questo strumento, grazie al suo carattere così passionale, alla sua storica vena popolare e alla sua costante ascesa, riesce sempre a fare breccia negli organizzatori e nei direttori artistici, continuamente alla ricerca di soluzioni accattivanti ed innovative da proporre al proprio pubblico.

Tutto ciò è indissolubilmente legato al fatto che, oggi, il bandoneon è sotto i riflettori del mondo della musica e gode, perciò, di un interesse rinnovato, quasi come fosse una novità.

In questa prospettiva, emerge chiaro e forte anche l’interesse, sempre crescente, sia per le potenzialità che per lo sviluppo futuro dello strumento.

Collabori e sei fondatore di diversi ensemble strumentali, quali sono i repertori a cui sei legato e che esegui più spesso?

Sì, sono fondatore di vari ensemble. La mia prima formazione stabile, attualmente la più attiva, si chiama   “I ContraMilonga”, nata inizialmente come duo, insieme al pianista Marcello Melis. Inizialmente proponevamo un repertorio “rielaborato”, interamente dedicato a Piazzolla, autore a cui sono molto legato, e che, fino a quel momento, aveva valorizzato la mia ascesa artistica come solista. Visto il successo di questa idea, abbiamo pian piano arricchito l’organico dell’ensemble, inserendo prima il contrabasso, e poi il violino, con l’ alternarsi di vari musicisti, fatta eccezione per me ed il pianista, che, insieme, rappresentiamo lo zoccolo duro dell’ensemble.

Ciò che caratterizza maggiormente I ContraMilonga è la varietà dei repertori che affrontiamo. Inizialmente ci siamo dedicati esclusivamente al tango tradizionale, per poi orientarci verso la musica contemporanea, da intendersi come musica scritta oggi, nel periodo in cui stiamo vivendo. Un itinerario alla scoperta delle molteplici potenzialità di questo strumento, specie se suonato in ensemble.

Risultato ed espressione tangibile di questa proiezione artistica verso la musica contemporanea è il gruppo di recente formazione, NovaFonic Quartet, con il quale mi esibisco stabilmente insieme al violinista Gian Maria Melis, al contrabbassista Giovanni Chiaramonte e al mio storico pianista Marcello Melis.

Perciò, si può dire che il repertorio che eseguo più spesso, ad oggi, comprende sicuramente le composizioni di Astor Piazzolla, immancabile passe-partout musicale, integrato da miei personali arrangiamenti e rivisitazioni di classici famosi. Tra questi mi piace citare un pezzo che amo tantissimo, “E lucevan le stelle”, tratto dalla Tosca di Puccini, che ho trascritto per il nostro quartetto, apprezzatissimo da tutte le platee. Infine, non mancano, naturalmente, alcune mie composizioni originali che stanno riscuotendo grande successo.

Hai spesso occasione di suonare all’estero. Che tipo di pubblico incontri fuori dal nostro paese e in cosa differisce da quello italiano? Secondo la tua opinione, il contesto concertistico e musicale italiano è molto diverso da quello di altri paesi europei?

Sì, suono spesso all’estero e devo dire che il pubblico differisce a seconda del Paese in cui mi trovo, ma non tantissimo. Noto che ovunque il Bandoneon suscita grande interesse e curiosità. Questo affetto viene manifestato in modo diverso a seconda del temperamento del pubblico, che varia in relazione alla propria appartenenza geografica. Ad esempio il pubblico tedesco tende ad essere molto più contenuto, mentre gli spagnoli manifestano dei consensi più plateali. Tuttavia, ovunque mi esibisca, il comune denominatore è rappresentato sempre dal grandissimo favore espresso dal pubblico in sala. Infatti, al termine di ogni concerto, molti ascoltatori curiosi si avvicinano desiderosi di informazioni sullo strumento e su di me, chiedendo perfino di potermi contattare  attraverso i social networks e, soprattutto, attraverso il mio sito www.fabiofuria.it

Le domande sono le più varie, a volte riguardano direttamente il bandoneon, altre volte le date dei miei prossimi concerti. Ma l’aspetto più entusiasmante, che mi rende davvero orgoglioso e felice, è sapere che alcuni, dopo aver ascoltato un mio concerto, decidono di intraprendere lo studio del bandoneon.

Si può dire che è in atto una vera rivoluzione copernicana.

Fotografando lo stato attuale dell’arte in Italia, il Bandoneon ha i giusti riconoscimenti? Le nuove generazioni lo apprezzano, oppure è considerato uno strumento di nicchia?

Credo che in Italia il bandoneon stia via via segnando la propria strada e proseguendo la sua ascesa. Molto più che in altri Paesi europei.

In questo senso, tuttavia, nel Vecchio Continente, è la Francia a portare alta la bandiera, e ciò grazie al fatto che alcuni dei più importanti bandoneonisti della “vecchia scuola”, come Juan José Mosalini, Cesar Stroscio e tanti altri, vivono stabilmente in Francia da oltre 40 anni. Questi fattori contingenti hanno fatto sì che potessero attecchire veri e propri percorsi didattici all’interno di scuole e conservatori. Per questa ragione l’insegnamento del Bandoneon in Francia gode di ottima salute, e presenta già una forma ben strutturata e delineata, oltre ad aver ottenuto un vero riconoscimento, al pari degli altri strumenti.

Tenuto conto della recentissima ascesa di questo strumento, non si può non scorgere, anche nell’orizzonte del panorama italiano, una progressiva avanzata che vede il bandoneon conquistare sempre più terreno.

Anche nelle fabbriche italiane si avverte, ormai, un rinnovato interesse verso lo strumento. Il fermento tra i costruttori è tanto, anche se la produzione, per ora, non ha ancora, a mio parere, fornito risultati soddisfacenti. Tuttavia ogni sforzo orientato verso il miglioramento di questo strumento è positivo e di enorme importanza.

Attualmente è la Germania ad aver raggiunto risultati di altissimo livello dal punto di vista costruttivo.

C’è un artista che in qualche modo ha influenzato il tuo particolare stile?Bandoneon Furia

L’artista che più di tutti ha influenzato il mio stile è naturalmente Astor Piazzolla. Tra i bandoneonisti ammiro in particolare Juan Josè Mosalini, Julio Pane, Osvaldo Montes e, naturalmente, il grandissimo Leopoldo Federico.

Oltrepassando i confini del tango, fra tanti altri, penso a George Gershwin e Aaron Copland, e con particolare interesse, in ambito jazzistico, a musicisti come Miles Davis, John Coltrane e Bill Evans.

Puoi parlarci dei tuoi progetti nella didattica dello strumento? Sei l’artefice di un corso (il primo in Italia) di Bandoneon e prassi stilistico-interpretativa del tango, presso il “Conservatorio G.P. da Palestrina” di Cagliari. C’è stato un positivo riscontro?

Per quanto riguarda la didattica dello strumento grandi progetti bollono in pentola. I miei illustri colleghi ed io stiamo lavorando per predisporre un nuovo piano didattico strutturato, da sottoporre agli organi preposti, nell’ottica di un futuro riconoscimento ministeriale dello strumento all’interno dei conservatori. Ciò porterà all’elaborazione di un metodo didattico per lo studio del Bandoneon, finalizzato a sopperire alle carenze del materiale esistente, oggi indispensabile supporto per l’insegnamento.

Per quanto riguarda il primo Corso Sperimentale di Bandoneon e prassi stilistico-interpretativa del Tango, da me tenuto presso il Conservatorio di Musica G. P. da Palestrina, di Cagliari, devo dire che è stato davvero un grandissimo successo.

Non avrei immaginato che alla prima esperienza, il corso potesse avere così tanto seguito e che producesse dei risultati così soddisfacenti ed immediati. In pochi mesi alcuni degli allievi sono riusciti a preparare alcuni pezzi facili con grande efficacia, mentre gli studenti che già  disponevano di un livello di preparazione avanzata si sono cimentati in esecuzioni di brani e trascrizioni di media difficoltà. Il corso si è concluso con un saggio finale degli allievi, seguito da un concerto presso il Teatro Electra di Iglesias ed inserito nell’ambito del Festival Internazionale di Musica da Camera, di cui curo la direzione artistica.

Il grande apprezzamento del pubblico presente ha nutrito di nuova linfa vitale questo ambizioso progetto, che il Conservatorio di Cagliari riproporrà anche per l’Anno Accademico in corso.

Parallelamente sei impegnato nella stesura di nuovi metodi che innalzeranno le possibilità tecniche dello strumento, unitamente ad un nuova tipologia di strumento sviluppato in team con altri Bandoneonisti. Puoi dare ai nostri lettori un piccolo anticipo…?

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La seconda parte dell’intervista prenderà in esame aspetti tecnici e didattici con analisi sulle diverse tipologie di strumento in relazione alla loro storia, alla provenienza geografica, e al repertorio, per confluire su una sorta di “standardizzazione” che seppure allo stadio iniziale, pare destinata a segnare una svolta storica per il Bandoneon.