Ricordo di Isidoro Nucci a due anni dalla scomparsa

Riceviamo e volentieri pubblichiamo

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Isidoro NucciConobbi Isidoro, il parrucchiere per signora, in quel passaggio epocale, a cavallo degli anni ’70, allorché stava tramontando la sua buona stella di “guitar tester” in seno all’orchestra de’ “I Magnifici”, in voga a quei tempi, mentre il negozio da lui condotto, in pieno centro di Castelfidardo, si imponeva sempre più come punto nevralgico dell’acconciatura femminile, acquistando il carattere di atélier di primo ordine e di gran spolvero.

Personaggio mite e cordiale, niente affatto invadente, era dotato di quella vena comunicativa in cui spiccava un particolare tratto indagatore che non ti aspetti, rivolto a scrutare i più nascosti angoli della personalità dei suoi clienti per metterli a loro agio in tutte le loro esigenze di capigliatura. Al di fuori del proprio mestiere, che aveva sapientemente affinato nel lungo rodaggio giovanile sotto la guida di famosi coiffeur del capoluogo, si rivelò artefice della delicata operazione di “traghettatore dell’esperienza musicale del gruppo di origine in quella più al passo coi tempi degli “Acqua chiara”, di ispirazione rocchettara di lungo corso. Dopo un periodo di eclissi sonatoria per lo scadere dell’interesse collettivo per la musica dal vivo, seppe riprendere il filo del discorso tornando alla ribalta nel ’97 e legando il suo nome a tre serate musicali battezzate “Rockerdando”, nello spazio verde della Scuola media della nostra città, riscuotendo numerosi consensi anche come presentatore. Sullo stesso palcoscenico partecipò nel 2000 alla serata dedicata al celebre quartetto rock di Liverpool, i Beatles, di cui era appassionato cultore e fedele esecutore dei più noti successi.

Ma l’apice delle sue apparizioni artistiche riuscì a toccarla l’anno dopo in un evento musicale organizzato dalla Croce verde e dal Comune di Osimo e da altri, con una nuova riedizione dei suoi dell’Acqua chiara, una sera d’estate in Piazza Dante in occasione della quale vennero riproposte le celebri esibizioni dei Magnifici, ricorrendo, altresì, all’impiego di tecniche nuove di amplificazione sonora fondate su strumenti “expander” di nuova concezione introdotti sul mercato di quegli anni; raggiungendo in tal modo il top della qualità delle sue esecuzioni e riproponendo un cavallo di battaglia del suo repertorio come “Something” di G. Harrison e ancora “Ob-la-di ob-la-da” di rara fattura.

Numerosi furono poi gli happenings in varie forme di spettacolo musicale e in altre versatili rappresentazioni, facendosi valere per la freschezza delle interpretazioni e per la genialità delle sue trovate armoniche.

La crisi socio-culturale degli anni successivi nello scenario di progressiva europeizzazione, che contribuì non poco a chiudere gli spazi di espressività, lo colse nel momento clou della sua sia pur dilettantistica carriera che l’aveva scoperto anche come autore, con un brano scanzonato dal titolo “Quelli del ‘66” e poi, ancora, “Beat generation”, dando prova che la sua opera non era soltanto quella di un “music man” della porta accanto come a torto poteva apparire ai profani.

Un ricordo cui tengo in modo particolare, che dà la misura della simpatia reciproca che ci legava è che, contagiato com’ero fin dagli albori della nostra amicizia dallo strumento elettrico che suonava, per avergli chiesto di cedermi una semiacustica di quegli anni, non esitò a passarmi una Polverini F.lli degli anni ’60 su cui erano montati due prototipi di microfoni Humbucking, costruiti dal compianto Nando Marchetti che chi ha raggiunto gli …’anta ricorderà bene. Lo stesso sentimento di riconoscenza profonda e la stessa gratitudine che provo tutte le volte che la prendo in mano per farle risuonare le note di un brano famoso che purtroppo oggi suona come un addio: “While my guitar gently weeps”… (trad. “Mentre la chitarra piange piano, piano…).

 

Vincenzo Sasso