C’era una volta la fisarmonica

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Come eravamoSTRUMENTI&MUSICA n. 16 / Settembre 2011

Oggi è il Futuro di Ieri e il Passato di Domani.

Sembra un gioco, ma non lo è, e non sempre ci è chiaro.

Quando nel piano dell’offerta formativa di un conservatorio italiano leggo “Fisarmonica”, uno strano brivido mi attraversa, con la sensazione che la Macchina del Tempo sia impazzita in una mescolanza di passato, presente e futuro. E qualche volta, osservando la naturalezza con cui gli studenti fisarmonicisti frequentano i conservatori e si muovo agevolmente tra i vari corsi, anche nicchiando rispetto a qualche materia complementare non del tutto gradita, mi chiedo quale percezione quei ragazzi possano avere di vicissitudini, lavoro, speranze, sogni, illusioni, delusioni e conquiste che hanno scandito le tappe del cammino della fisarmonica, da strumento “dell’ancia vagabonda” – direbbe S.d.G. – protagonista indiscusso di tanta musica popolare e popolaresca, ma inesistente o, peggio, indegno strumento negli ambienti della musica colta, a Strumento tra gli Strumenti, con pari dignità dei nobili arnesi della musica, almeno su piano formale…

Nostalgia? Certo che no, direi piuttosto quel senso della storia che probabilmente matura in un periodo della vita in cui il presente e il passato si incrociano e rimbalzano l’uno verso l’altro proiettandoci verso il futuro. In questo gioco della memoria si aprono finestre su ciò che era e su ciò che è, su ciò che vorremmo che fosse, su ciò che speriamo sarà… su ciò che non sappiamo neanche immaginare e attendiamo arrivi a sorprenderci.

Studiare la fisarmonica, giovanissimi, in una scuola privata di provincia; i concorsi, le coppe, i diplomi, la fisorchestra e la bellezza di stare insieme agli altri; gli esercizi dal “metodo” e il pezzo del saggio e quello per il concorso… Il repertorio di moda che passa di mano in mano. La prassi esecutiva è copiare chi vince o seguire le indicazioni dinamiche dell’insegnante senza porsi nessuna domanda; storia della musica, armonia, analisi, tanto per dirne solo alcune, sono parole sconosciute. Ognuno fa il meglio che può con ciò che sa, in questo beato microcosmo dai confini chiusi.

Scoprire, poco a poco, che esistono altri modi di stare nella musica, che esiste una Musica altra e tutto un mondo che vive, lavora, si interroga.

La fatica immensa di cercare una direzione verso la Musica, senza un contesto che ti aiuti e che lo renda possibile, soprattutto se suoni uno strumento che “non esiste”. Avvertire che studiare è prima di tutto un’esigenza interiore. Individuare nella nebbia della non conoscenza ciò che è necessario studiare, da che parte iniziare per procurarsi le chiavi utili a capire. Cercarsi corsi privati, storia, armonia, uno strumento diverso, l’università, la composizione… Divorare libri e dischi e studiare di notte, perché di giorno si va a scuola e si lavora per mantenersi. E iscriversi, inevitabilmente come uditore, a tutte le master class dei più grandi strumentisti (violinisti, pianisti, chitarristi, ecc. ), l’unico modo per accedere agli strumenti del sapere…

E la fisarmonica? Si sa che oltralpe talvolta le cose vanno diversamente, ma nel mondo prima di internet tutto è lento e difficile, ripensarci ora è davvero surreale. Quasi impossibile reperire un disco, una partitura, una notizia, un programma di studi. E allora chilometri e chilometri, treno-autobus-treno-macchina, alla ricerca di qualche master class, magari tutta in tedesco quando conosci solo italiano e inglese, a setacciare negozi di musica e case editrici, a incontrare persone, come te… in cammino.

Sentire che il tuo strumento ha infinite potenzialità e cercarne la materializzazione. Cercare un Suono o tante idee di Suono, in questo strumento. Studiare, cercare e provare repertori, scritture, combinazioni con altri strumenti. La fatica e la bellezza di immaginare, sperimentare, verificare e magari buttare tutto e ricominciare daccapo.

Rendere lo strumento visibile e udibile al mondo: è il lavoro verso “il fuori”, quasi come atto di giustizia culturale e allo stesso tempo come affermazione del diritto di essere attraverso la propria creatività.

Le porte chiuse in faccia prima ancora di essere aperte, la derisione e il rifiuto a priori, generati dal pregiudizio, arrivano ogni volta come uno schiaffo ingiustificato, a spregio di tanto lavoro e di una verità musicale che non hai diritto di testimoniare perchè si decide di non aprire spazi di ascolto. E allora dover escogitare stratagemmi per indurre ad ascoltare (come presentarsi a sorpresa e cominciare a suonare senza proferir parola o chiedere un’audizione nominando lo strumento con un termine diverso), ma soprattutto “combattere” sul piano della autorevolezza, invece che su quello della autorità, della protervia, della convenienza politica e finanziaria. Autorevolezza è sinonimo di conoscenza, preparazione: per combattere il pregiudizio e far sì che il mondo si volti verso di te, ascolti e ti rispetti, devi sapere e saper fare e non quanto un pianista o un violinista, ma molto di più.

Ogni concerto, in un ambiente altro dal circuito dei fisarmonicisti, è una vera conquista.

Costi altissimi in termini di tempo, costanza, energia.

Sentirsi grati al coraggio e alla commozione che animano ogni percorso e anche maledire, tra scherzo e verità, il giorno in cui hai scelto di tenere in braccio la fisarmonica… E chiedersi se ha ancora un senso e scegliere ancora quella strada.

La gioia e il dignitoso orgoglio nel riscontrare che i musicisti riconoscono il tuo lavoro musicale. Lo sgomento, quando i musicisti ti comprendono e i fisarmonicisti invece no.

La fatica e la bellezza di vivere da “cane sciolto”, spesso in solitudine, senza condivisione o risonanza. La speranza di poter studiare in un conservatorio senza doversi sentire una mosca bianca in un futuro che sembra così lontano e così impossibile.

L’incontro con i Maestri che hanno segnato l’inizio di una epoca: Salvatore di Gesualdo, Hugo Noth, Joseph Macerollo, Friedrich Lips. Ognuno con la sua grande personalità e la sua storia, con una preparazione e un capacità di studiare che ancora oggi non cessa, con una Visione della musica legata all’esistenza prima ancora che alla professione, proprio là dove essere l’Essere musicista è uno stato dell’Essere umano, un essere Uomo della contemporaneità connesso imprescindibilmente col Tempo passato e col Tempo futuro. Ognuno ad individuare una personalità della fisarmonica altra da quella popolare ma con un grande rispetto per le radici e per le culture; alcuni interessati più alla musica che alla fisarmonica, per fortuna; ognuno ad ascoltare ciò che di ancora nascosto nello strumento risuonava nel proprio pensiero e nella propria sensibilità e a dare corpo e dignità a tante sfaccettature della fisarmonica fino a regalarci ognuno La (sua) Fisarmonica. Quindi tante fisarmoniche diverse, in concezione del suono, tecnica, scrittura, letteratura, ma tutte accomunate dall’essere strumento a servizio della Musica. Tutti con Arte e Vita che si nutrono reciprocamente e una luce negli occhi sempre viva, attenta, curiosa; ognuno a dare vita e a sviluppare un Pensiero e spesso volontariamente lontani dai frastuoni di un mondo fisarmonicistico non sempre pronto ad ascoltare, comprendere, condividere, ma aperti al lavoro con i giovani realmente disposti alla qualità del lavoro musicale. Tutti, e ognuno a suo modo, con una visione della pedagogia e della didattica come funzione della costruzione del futuro.

Rendersi conto della immensità del lavoro da svolgere. Manca tutto. E allora anche le lezioni concerto, i concerti guidati, i progetti didattici, i contatti con i compositori (spesso di ricerca e non sempre di produzione, nella convinzione che la buona letteratura – e di buona letteratura avevamo e abbiamo bisogno – nasca solo in un autentico incontro tra lo strumento e le più profonde esigenze artistiche di chi scrive), gli scritti, i convegni. Guardare fuori dall’Italia per comprendere i percorsi, i contesti e le dinamiche che avevano creato situazioni dove tutto accade prima e meglio e più velocemente. Guardare verso altre dimensioni della musica e dell’Arte, verso altri musicisti e insegnanti.

Ogni tanto qualcuno che non c’era, perché non ancora nato o troppo giovane o impegnato a guardare altrove, chiede di cosa si siano occupati alcuni di coloro che appartengono alla mia generazione e “dintorni” e perché trovino oggi considerazione e rispetto negli ambienti della musica. Ecco, così, abbiamo studiato e lavorato e ancora studiamo e lavoriamo, costruendo una parte di questo presente, anche senza quel clamore che in certi ambienti sembra essere l’unica garanzia di qualità.

Nello scorrere del tempo e del lavoro, una evoluzione velocissima in termini di repertorio, credibilità, presenza nelle sale da concerto prestigiose, offerta didattica, discografia e quant’altro, frutto di una vitalità che appartiene più all’estero, dispiace rilevarlo, che al nostro Paese.

Il riconoscimento istituzionale del titolo di studio è arrivato anche in Italia, con l’entusiasmo di tutti.

Almeno sulla carta, la fisarmonica vede riconosciuti valore e dignità. Ma in questa nostra Italia qualche volta sembra sfuggirci l’esigenza di dare un contenuto sostanziale al contenitore istituzionale – un corso di studi riconosciuto legalmente – che senza la qualità del suo contenuto rimane un oggetto formale che nulla aggiunge alla crescita dello strumento e alla evoluzione dell’Uomo e della Musica. Un diploma può essere un lasciapassare per il lavoro, un biglietto da visita, un fiore all’occhiello, o la prova tangibile di un percorso interiore, di una evoluzione della mente e della coscienza e della conoscenza, della conquista di chiavi di lettura… All’ombra della protezione istituzionale si può studiare correttamente e suonare senza lode e senza infamia e conseguire un diploma, senza nulla aggiungere o togliere alla Musica e allo strumento. Ma per coloro che hanno vissuto il “prima” e hanno voluto sopravvivere studiando la musica col proprio strumento al di fuori di un ombrello istituzionale che non c’era, il Pensiero, la motivazione profonda alla ricerca è stata condizione indispensabile. Ed è chiaro come sia indispensabile oggi, forse più di allora, perché la storia si costruisce in progress e, se mai dovesse esistere un tempo in cui un cammino artistico dovesse interrompersi, certo per la fisarmonica non è ancora giunto il momento.

In realtà la “costruzione”e la realizzazione dell’Idea della fisarmonica classica (o delle fisarmoniche) è sempre stata una operazione limitata a poche persone e sarebbe bello vedere materializzarsi quel crogiuolo di attività in perfetta sinergia di tante forze che avevamo, forse ingenuamente, immaginato.

Escludendo isole felici come ad esempio la Germania, il cui ancoraggio storico ai temi della cultura e della cultura musicale in particolare, sembra non aver subito trasformazioni negative, la percezione è quella della perdita del Pensiero (uno o tanti che siano) e prima ancora dell’idea stessa di Pensiero. Un clima generale stagnante e privo di reale comunicazione, in cui regna il mito dell’individualismo e dell’onnipotenza: non è un problema solo fisarmonicistico e non solo della musica, in un contesto socio-culturale in cui molto si produce e si consuma e poco si crea, dove tutto viene banalizzato fino a confondere i confini tra gli opposti. A farne le spese, la creatività, in ogni campo, e in particolare in quei settori più deboli, come quello fisarmonicistico, che non avendo consolidato ancora la propria identità, corre il rischio di mistificazioni, deformazioni, strumentalizzazioni di ogni genere che poco hanno a che vedere con l’Arte. Non è la molteplicità dei percorsi o la loro diversificazione, né la dispersione di tempo, che devono spaventarci. Piuttosto il vuoto motivazionale, l’incoerenza, la disonestà intellettuale e la cecità culturale. È di un Pensiero capace di generare una moltitudine di Pensieri, che abbiamo bisogno, di un Pensiero collettivo che “apra” la motivazione e avvicini le persone, invece di chiudere e cristallizzare, di un Pensiero capace di risuonare e di “fecondare” la creatività artistica.

C’era la fisarmonica, una volta, nel fervore di tanti, nel Pensiero di alcuni, nell’entusiasmo di tutti, nel lavoro di chi ha fatto dello studio e della ricerca un ideale e uno stile di vita.

La fisarmonica c’era. E forse c’è ancora.