Imparare ad imparare

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Rete neuraleSTRUMENTI&MUSICA n. 11 / Giugno 2010

Di fronte a un leggio, con la fisarmonica tra le braccia: comincia la lezione. Ho nove anni e sto per eseguire uno studio tratto da un noto Metodo per fisarmonica. Al termine dell’esecuzione, aspetto con trepidazione le parole del mio maestro: “Questa musica non ti si addice, non ti viene naturalmente bene… Comunque le note erano giuste. Sei incerta nell’ultima battuta. Non hai rispettato i segni della dinamica: a battuta 3 devi fare un crescendo, a battuta 4 uno sforzato. Certo, se prima non ti eserciti a fare il crescendo, non riuscirai a fare lo sforzato. Il rallentando finale non era preciso. L’articolazione dei sedicesimi non è pulita. Forse non hai ancora studiato abbastanza bene lo studio precedente che presenta un livello di difficoltà inferiore. E poi… più allegra quando suoni!” Eseguo di nuovo, ma i risultati non sono migliori della prima volta. Chiedo al maestro la chiave del “segreto” per riuscire… “Ripeti, ripeti, ripeti, prima o poi il risultato giusto arriverà!” Di fronte a un altro leggio, con una fisarmonica più grande tra le braccia. Sono sempre io, di qualche anno più vecchia, e di fronte a me c’è un altro maestro: non lo conosco, è la prima lezione di una Master Class. Suono un brano di musica antica e aspetto il suo giudizio. Invece arrivano molte domande, e ogni nuova domanda nasce dopo la mia risposta alle precedenti e dopo ulteriori esecuzioni in cui si ricercano esperienze diverse: Sei soddisfatta? Durante la tua esecuzione hai sentito ciò che desideravi sentire? Qual è la struttura di questa musica? (Segue un’analisi guidata dai suoi interrogativi e la comparazione tra gli elementi di quella struttura musicale e quelli di certe strutture architettoniche). Quali sono i mezzi tecnici che abbiamo a disposizione per chiarire questa struttura? Come respiri e come ti muovi nell’esecuzione dei passi difficili? Come puoi fare tu, con i tuoi mezzi, a rendere chiara la struttura? Cosa e come hai fatto a ottenere questa soluzione che riconosci come soddisfacente e adeguata? Cosa di impedisce di eseguire come vorresti? Qual è il tuo sentire, in questa musica? Quale il tuo immaginario? … Le domande sono ancora tante e dopo le mie risposte, i tentativi e i commenti, le evidenti trasformazioni della musica eseguita, arrivano anche commenti e risposte e punti di vista del maestro… Il leggio non c’è, ma la fisarmonica è sempre la stessa. Io sono molto cambiata e pronta per una nuova esperienza. Il maestro che ho di fronte mi ascolta suonare, poi mi chiede di alzarmi in piedi, senza strumento e di cantare. La lezione è lunga e gli “accadimenti” sono molteplici, di diversa natura e difficilmente sintetizzabili in poche righe. In sostanza, mi si invita a sperimentare diversi modi di esplorare il contatto con lo spazio, esterno ed interno, utilizzando il suono della voce e la percezione sensoriale e corporea. Il maestro funge da appendice sensoriale: mi guida nell’esperienza di modi diversi di sentire e di entrare in relazione con il suono e con lo spazio; mi chiede semplicemente di ascoltare le differenze tra i diversi stati: non esiste una reazione giusta o sbagliata, esistono solo una relazione e un ascolto; non mi chiede di verbalizzare, le mie risposte sono risposte a me stessa e alla mia percezione. Riprendo la fisarmonica e suono: la consegna è ascoltare se e come è cambiata la mia relazione con il corpo, con lo strumento e con il suono… Tre esempi di lezione molto diversi, che ci pongono di fronte a una molteplicità di interrogativi in differenti ambiti di riflessione; solo per citarne alcuni: Quali processi si attivano in un’esecuzione musicale? Come imparare ad imparare? Insegnare è insegnare valori assoluti o insegnare ad imparare? Quali finalità, obiettivi e metodi nella più attuale concezione della educazione musicale? Quale la relazione tra la pratica strumentale e la formazione musicale? Quale la relazione tra sapere musicale e sapere pedagogico? E quali relazioni si instaurano tra esperienza musicale e altri ambiti di conoscenza? In questa sede ci interessa osservare brevemente uno degli elementi che differenzia le tre esperienze: la strategia metodologica dell’insegnante, che implica non solo diverse configurazioni della progettazione didattica, ma anche diverse concezioni della conoscenza e quindi dell’apprendimento, del ruolo dell’insegnante e dell’allievo e della loro relazione con il sapere. Nella prima lezione troviamo un allievo nella posizione di ricettore di informazioni trasmesse dall’insegnante; la soluzione dei problemi non viene motivata né si giunge ad essa attraverso un percorso di ricerca: l’apprendimento avviene per addestramento ripetitivo e meccanico; lo sguardo dell’insegnante è uno sguardo “giudicante”, più attento al raggiungimento della prestazione finale che alla ricerca dei modi possibili per ottenerla. Siamo, inoltre, in presenza di una concezione lineare della conoscenza: ogni sapere è composto da una somma di elementi misurabili e quantificabili; il percorso conoscitivo è diviso in ambiti di esperienza separati, scandito in tappe gerarchicamente organizzate e l’apprendimento è un procedimento lineare dal facile al difficile. Nella seconda e terza lezione assistiamo ad attività diverse proposte con diversa metodologia, che esemplificano una diversa strutturazione della relazione con il sapere. L’allievo è soggetto attivo del proprio apprendimento, capace di focalizzare l’attenzione sul proprio operare, di valutarlo autonomamente e consapevole di “come” impara; il processo di apprendimento è attivato in rete e una buona parte di esso poggia sulla dimensione sensomotoria dell’esperienza strumentale. In realtà la metodologia dell’insegnamento strumentale è la metodologia dell’apprendimento strumentale-musicale e, in questa ottica, il punto di partenza di ogni riflessione non può che essere la funzionalità dell’apprendimento osservata in relazione all’attività musicale considerata. Molti sono gli strumenti che la ricerca mette a disposizione della strategia didattica e diverse le teorie e gli approcci. La concezione sistemica della conoscenza sta regalando nuove, vastissime prospettive non indagabili in questa sede; ci basti comunque ricordare il concetto di rete, per cui non è la somma, ma l’interazione tra gli elementi e tra i singoli elementi e il Tutto, a determinarne le proprietà e il concetto di conoscenza come processo che struttura una possibile realtà ad opera della percezione di ogni singolo soggetto. Considerando da vicino la prospettiva cognitivista, vediamo che l’apprendimento è stato definito come un processo costruttivo, strategico e interattivo. Ciascun soggetto costruisce la propria conoscenza attraverso un processo dinamico e interattivo con il contesto (ivi compreso l’insegnante). L’apprendimento è cambiamento del soggetto che apprende: in questo senso si noti la sostanziale differenza tra l’apprendimento significativo (che si verifica quando cioè la nuova acquisizione modifica stabilmente la rete cognitiva del soggetto) e il cosiddetto apprendimento meccanico, in cui, nonostante la memorizzazione dei contenuti, la rete cognitiva rimane sostanzialmente inalterata. Nell’apprendimento significativo nessuna nuova acquisizione si somma alle precedenti ma si integra con la rete preesistente, provocando una modifica complessa: la trasformazione e la riorganizzazione di tutte le relazioni. Si noti come generalmente l’apprendimento meccanico – addestrativo ottenga a breve termine ottimi risultati per quanto riguarda prestazioni che nel tempo tendono però a scomparire; l’apprendimento significativo permette invece di costruire un rapporto dinamico e attivo con la costruzione del sapere. Nel caso specifico della cosiddetta tecnica strumentale, è chiaro che l’unico apprendimento riconoscibile come tale sia quello significativo. Il verificarsi di un apprendimento significativo è legato a diverse e complesse variabili che riguardano la struttura cognitiva del soggetto e ad alcune particolari condizioni: la rete cognitiva del soggetto deve essere adeguata alla nuova acquisizione; la nuova conoscenza, per poter ristrutturare la rete, deve assumere un ruolo centrale e poter entrare in relazione con le altre conoscenze; il soggetto deve essere disposto – quindi motivato – ad entrare in contatto con le nuove acquisizioni. La rete concettuale si costruisce intorno al senso: l’apprendimento può essere significativo se gli elementi del sapere non sono associati arbitrariamente (così come avviene nell’apprendimento meccanico), ma sono collegati in un sistema di relazioni che il soggetto è in grado di comprendere. La conoscenza del nuovo materiale è influenzata non solo dal senso, ma anche da ciò che l’allievo conosce già e da come lo ha conosciuto: ecco allora che le proprietà organizzative soggettive delle precedenti conoscenze influenzano le nuove e l’apprendimento appare sempre più come soggettivo e non oggettivo. La circolarità ricorsiva dell’apprendimento richiede, inoltre, che le nuove acquisizioni vengano proposte attraverso attività differenti, che vadano a toccare, in tempi diversi, i diversi punti della rete. Considerando più da vicino l’apprendimento delle abilità strumentali, dobbiamo innanzi tutto chiederci: Che “cos’è” Suonare? Possiamo affermare che: Suonare è una esperienza dinamica di ricerca e creazione estemporanea, inseparabile da motivazione espressiva e comunicativa. È l’attribuzione di senso (musicale) che traina l’apprendimento di tutte le componenti di una o più competenze/abilità strumentali. Quindi il lavoro interpretativo, in quanto “unità di senso” coinvolge e traina – da subito – tutti gli apprendimenti tecnici. Osservando più da vicino, possiamo precisare che Suonare è una esperienza dinamica di ricerca e creazione estemporanea in cui eseguire (e studiare) è un processo dinamico (quindi non un “prodotto” cristallizzato ma che si costruisce ogni volta in progress) che individua e attiva dispositivi di percezione e organizzazione (mai disgiunti dal contesto interpretativo e dal pensiero musicale). Parlando di dispositivi di percezione e organizzazione, ci si riferisce qui a tutte quelle funzioni del Sistema Uomo che presiedono alla strutturazione del gesto strumentale globale (ivi compresa la cosidetta postura) e all’organizzazione delle sequenze motorie che gli strumentisti definiscono genericamente e tradizionalmente “tecnica”; funzioni in cui la consapevolezza sensomotoria gioca un ruolo fondamentale. Tali affermazioni nascono dalle acquisizioni delle neuroscienze intorno ai processi sensomotori implicati nella attività musicale. In estrema sintesi possiamo ricordare come l’Uomo sia un sistema complesso e come il funzionamento del sistema si basi su auto-organizzazione e differenziazione. È l’orientamento del sistema nervoso, guidato da necessità, bisogni, scelte di tipo affettivo, intellettivo, culturale, che determina il livello di differenziazione e quindi le modalità di organizzazione. La strutturazione del gesto vocale e strumentale implica uso ad ampio raggio del potenziale sensoriale. L’attività strumentale è di tipo sensomotorio dal momento che la motricità viene guidata dai recettori sensoriali. Infatti, uno dei “compiti” della sfera sensoria è quello di percepire la relazione con il mondo e “regolare” (o trasmettere informazioni per l’autoregolazione del sistema) il motorio. Il sistema si autoregola grazie alla sinergia delle sue componenti. La sfera sensoriale e quella motoria sono interdipendenti; il sistema nervoso “impara” l’ottimale organizzazione del movimento attraverso la percezione sensoriale. Pur nella reciproca e sistemica influenza, è il sensorio che guida il motorio. Il binomio fare-sentire (dove sentire non è solo ascolto uditivo, ma anche ascolto sensorio in tutte le sue dimensioni) permette di integrare tutte le funzioni coinvolte nell’apprendimento strumentale: il sentire “come” integra, quindi produce apprendimento; non così accade con la verbalizzazione astratta che acquista senso successivamente all’esperienza. Ecco allora che le neuroscienze possono fornire un notevole contributo nella formulazione di percorsi di apprendimento integrati in cui l’acquisizione dei fondamentali tecnico-musicali e del gesto strumentale globale sia basato sulla relazione tra corpo, suono e senso. Vediamo allora necessariamente cambiare non solo l’idea di apprendimento, ma anche l’immagine della relazione tra insegnante e allievo. All’insegnante il compito di guidare il processo formativo, creando contesti, dispositivi e consegne che guidino il percorso di ricerca. La creazione di un campo esperenziale potenzia e favorisce la conoscenza; all’interno di questo contesto, l’insegnante, oltre ad essere ed agire come “appendice” sensoriale dell’allievo, osserva e ascolta ciò che accade con atteggiamento di attenzione ed empatia nella relazione e come parte integrante e attiva di una interazione affettiva e cognitiva con l’allievo. La responsabilità del processo di apprendimento è condivisa: l’azione educativa non si limita alle consegne, ma cooperando con l’allievo, costruisce la conoscenza sulle modalità di relazione con la realtà basate sull’esplorazione e la rielaborazione di dati scoperti secondo criteri personali. Un’ultima riflessione ci conduce a considerare l’importanza della consapevolezza dell’insegnante riguardo la notevole influenza che il proprio rapporto con il sapere avrà sul processo di apprendimento dell’allievo. Prima che i contenuti, infatti, si apprendono in modo più o meno consapevole, i comportamenti cognitivi: le modalità con cui l’insegnante agisce nel contesto educativo diventano esperienza che influisce in modo determinante sul percorso di costruzione della conoscenza dell’allievo. Lo sguardo dell’insegnante diventa, inoltre, lo sguardo interiore dell’allievo sul proprio percorso; le strategie didattiche diventano quelle dell’allievo quando impara; ogni consegna – percettiva e cognitiva – data dall’insegnante sarà quella che strutturerà la percezione che lo studente avrà di sé e del proprio agire e che rimarrà nella pratica di ricerca continua che appartiene ad ogni tempo di ogni musicista. Nel ruolo di “mediatori” di conoscenza, ci si orienta generalmente secondo ciò che si è interiorizzato nel corso della propria storia; la riflessione in questo senso ci mostra quanto possa essere determinante, nel ruolo educativo e comunicativo, il contatto con la propria identità musicale, la riflessione sul proprio percorso formativo e quanto la trasformazione nel tempo dell’azione pedagogica sia legata non solo alla continua rielaborazione e riorganizzazione del proprio rapporto con la conoscenza, ma anche al rapporto tra sapere e apprendimento nel vissuto personale.

Bibliografia essenziale
Ausubel D.P., 2004, Educazione e processi cognitivi, Franco Angeli
Tosto I. M., 2011, La Voce Musicale, EDT