Musica contemporanea e formazione musicale

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Musica contemporaneaSTRUMENTI&MUSICA n. 13 / Marzo 2011

Musica Contemporanea? No, grazie! Sembra essere spesso la risposta del grande pubblico. Nella miriade di generi musicali che accompagnano in varia forma e misura il nostro quotidiano, la musica contemporanea (ci si riferisce qui alla cosiddetta musica colta contemporanea) è sovente un fenomeno oscuro, per alcuni assolutamente inesistente, per altri – spesso anche per chi studia musica – un fenomeno estraneo, lontano, inavvicinabile e incomprensibile. In realtà la musica del nostro tempo conta un gran numero di cultori che vivono in quello che può apparire come un mondo parallelo, elitario, fatto di compositori, strumentisti – concertisti, insegnanti e studenti – pubblico. Al di là dei meandri di una analisi socio-culturale del fenomeno, un aspetto fondamentale resta quello della comunicazione e dell’ascolto. Banalmente, osserviamo che non si ascolta ciò che non si è in grado di comprendere o meglio ciò che non è in grado di raggiungerci a livello emotivo o sensoriale o intellettuale o addirittura culturale. Ma le capacità di ascoltare e comprendere, attribuendo senso a ciò che ascoltiamo, si formano in progress nel corso della nostra vita di relazione: il tema è poliedrico e ci porterebbe lontano. In questa sede ci limitiamo a chiederci: “Al di là di ogni considerazione estetica, sul piano sostanziale dei contenuti, quali relazioni possono intercorrere tra formazione musicale e musica contemporanea?” Le esperienze musicali e didattiche degli ultimi cinquanta anni hanno mostrato la stretta relazione tra musica contemporanea e formazione musicale, evidenziando quanto in realtà, sul piano creativo, la sfera artistica e quella educativa siano sostanzialmente interconnesse. Proviamo allora a considerare perchè e come alcune delle caratteristiche e delle tendenze della Nuova Musica possano essere fondanti in tutte le fasi della formazione, non soltanto in ambito strettamente tecnico-musicale, ma anche in un ambito culturale più ampio. Negli ultimi cinquant’anni, la musica colta vede una profonda trasformazione dell’idea di fenomeno sonoro e di sintassi musicale. Continuando un processo iniziato circa un secolo prima da Debussy e Schoenberg, Timbro, Tempo e Spazio sostituiscono la categoria scalare di Altezza sulla quale si basavano i concetti di Armonia e Melodia. Ecco allora che, per esempio, la progettazione spaziale della musica viene pensata in termini di registri sonori – di altezze – e campi di frequenze. La musica del Novecento ha visto l’evoluzione verso il cosiddetto Tempo Liscio, percepito come un tempo continuo e non misurato dalla pulsazione, la cui articolazione vede la centralità del concetto di densità piuttosto che di scansione ritmica; la Forma-Struttura è un processo con sfaccettature a molte dimensioni e il comporre è molto spesso un processo sperimentale. Il Suono stesso diventa materia e, come tale, “plasmato” e trattato in tutte le sue dimensioni timbriche, dinamiche, spaziali, temporali, esso stesso un processo orientato nel tempo. In questa nuova concezione di Suono, le nuove tecnologie regalano l’elaborazione e la sintesi del suono (si pensi musica elettronica ed elettroacustica) e si aprono anche le frontiere della ricerca timbrica – fino alla simulazione di suoni elettronici – sugli strumenti acustici. La dimensione sensoriale in senso lato è fondamentale. La stessa ricerca timbrica porta con sé una centralità del momento percettivo e forse non è un caso se la nuova concezione di suono si afferma insieme all’affermazione di nuovi modelli percettivi (si vedano, ad esempio, gli studi sulla psicologia della percezione – psicoacustica e le scienze cognitive della musica). E ancora: Suono è anche l’insieme delle relazioni col tempo e lo spazio, frequentemente con lo spazio in cui viene eseguita, relazione che diventa strutturale: il processo compositivo consiste allora anche nel creare legami tra le qualità acustiche del suono e le possibilità percettivo – culturali di chi ascolta. Si affaccia allora un nuovo concetto di Ascolto. Tanto al pubblico-ascoltatore quanto all’esecutore non si richiede soltanto un orecchio armonico e melodico o un ascolto legato all’acculturazione tonale, a ciò che conosce e riconosce senza sapere perché, ma un ascolto ad ampio raggio basato sulla più ampia libertà percettiva, dalla dimensione timbrica all’interazione di campi di tensioni e riposi creati con le più diverse combinazioni di suoni.

Il ruolo della tradizionale figura dello strumentista – esecutore è decisamente cambiato: la Nuova Musica gli chiede una partecipazione totale: non solo chiamato ad eseguire ed interpretare ma, spesso coinvolto anche sul piano vocale e gestuale, l’’esecutore partecipa attivamente alla fase della composizione, complice della ricerca nello sviluppo tecnico-manuale e nell’arricchimento della tavolozza timbrica del proprio strumento, creatore-ricreatore nelle strutture “dinamiche” delle musica.

A partire dagli anni ‘70 assistiamo, in Italia e nei Paesi occidentali, alla diffusione in ambito formativo della musica contemporanea. L’influenza delle tendenze dello strutturalismo linguistico e antropologico, le acquisizioni degli studi sull’apprendimento, gli impulsi della ricerca intorno alla psicologia della percezione, rendono disponibile il mondo pedagogico ad accogliere le tendenze della Nuova Musica, aprendo la strada ad una pionieristica sperimentazione didattica che fa propri processi, strutture e materiali della musica contemporanea. Musica allora non è un fatto esterno dato, da imparare sulla carta, fatto di sistemi e tecniche già definiti e acquisibili soltanto in quanto tali. Musica è arte quotidiana possibile, partecipazione attiva alla sua stessa creazione, sostenuta da una motivazione forte e significativa, il risultato di un processo di ricerca, produzione, elaborazione di tecniche e sistemi, spesso in relazione con altre forme espressive, spesso esperienza collettiva più che individuale. Centrale è la ricerca, senza mediazioni, intorno al Suono in tutte le sue proprietà, le modalità di produzione e manipolazione, le relazioni col gesto e l’individuazione di criteri per strutturare la sua organizzazione a diversi livelli di complessità. Il nuovo concetto di Suono pone l’accento sulla centralità della relazione tra gesto e suono. Suono non è la nota intonata, ma evento timbrico – materico. La ricerca timbrica è anche ricerca gestuale in cui si forma la dimensione sensomotoria e la capacità di organizzare il movimento; si costruisce un repertorio di possibilità non solo cercando il gesto a partire dal suono voluto ma spesso a partire dal gesto-modalità di produzione per scoprire nuove sonorità. In altre parole la dimensione materica del suono implica una particolare consapevolezza della relazione gesto – suono e allo stesso tempo della componente espressivo – interpretativa. Un certo suono è consapevolmente imprescindibile da un certo gesto: c’è una relazione sostanziale tra il gesto implicito nel suono e il senso del suono stesso. Così esplorare le possibilità estreme del proprio strumento è subito suonare, studiando la cosiddetta tecnica senza separarla dalle componenti musicali e dal suo senso; così ogni suono è un gesto che ha una intenzione, una direzione, delle relazioni con lo Spazio e con il Tempo. Quando eseguire è atto dotato di senso, la Musica si auto-organizza sul piano simbolico e tutti i parametri si adeguano per sinergia attraverso la qualità del gesto. E in tutto ciò è ovvia la determinante funzione dell’Ascolto in tutte le sue dimensioni, in grado di coinvolgere gli stati psichici profondi in stretta dipendenza con gli stati bio-neuro-cerebrali. La pratica dell’improvvisare e del comporre è anche contatto diretto con l’analisi, un contatto in cui la costruzione del suono e della struttura nascono insieme al gesto strumentale direttamente e inseparabilmente dall’atto interpretativo. In più aiutano a comprendere come la forma musicale – e con essa anche l’eseguire, lo studiare, l’ascoltare – sia un processo vivente e non un evento statico; contribuisce alla conquista di una “elasticità” globale su tutti i piani e permette di interiorizzare processi utili alla comprensione di relazioni e proprietà di ogni sistema linguistico. A partire da materiali musicali “timbrici”, la pratica della ricerca sonora, dell’improvvisazione e della composizione si può estendere ad ogni tipo di materiale musicale e a tutti i possibili sistemi linguistici musicali del presente, del passato e di altre culture.

Questa visione pedagogica offre quindi una grande opportunità sul piano culturale e su quello più strettamente formativo. Alcuni pensano che la musica contemporanea sia incomprensibile per i bambini e i ragazzi, così come per il pubblico adulto non preparato. In realtà ciò non è esatto. La comprensione della musica dipende dal tipo di ascolto messo in atto (per esempio, non si comprende la musica atonale se si ascolta con l’orecchio tonale).

L’Ascolto ha tante dimensioni quante sono quelle della musica, dimensioni che si acquisiscono per acculturazione o per specifica preparazione tecnica. Ma la musica ha anche una dimensione, e quindi un ascolto, sensoriale (molti sembrano essere i significati che la musica trasmette attraverso le qualità del gesto implicitamente trasmesso da ogni suono emesso, anche se non se ne scorge l’esecutore) e una “funzionale”, in cui la sinergia delle tensioni costituisce il senso al discorso musicale indipendentemente dallo stile o dalla presenza o meno di una melodia da canticchiare. Questi ultime due dimensioni appartengono a tutti, studiosi e non, bambini e adulti – gli studi sulla percezione lo dimostrano – a patto che il pensiero non operi una censura (attraverso aspettative e pre-giudizi) – sull’ascolto, e liberi l’orecchio da quello scudo culturale melodico – armonico che impedisce la libertà delle percezioni e di ricevere e reagire a qualcosa “altro” dal conosciuto. Vale la pena ricordare come gli studi di Delalande e di Imberty, tra gli altri, rilevino che il gusto per la sonorità e la relazione gesto-suono siano parte del processo di crescita e sviluppo di ogni essere umano sin dalla prima infanzia e come elementi strutturali della musica agiscano sulle strutture percettive della persona e siano in grado di trasmettere significati emotivi anche in assenza di preparazione specifica. Evidente l’importanza di una progettazione didattica ad ampio raggio dalla formazione di base a quella concertistica, ma che coinvolga anche la formazione del pubblico per creare conoscenza e consapevolezza. “Oggi attraverso la musica si può raggiungere una consapevolezza del tutto particolare della realtà”, scriveva Luciano Berio, e ci piace pensare che non sia mai troppo tardi per potenziare un indirizzo culturale che si prenda cura, attraverso la Musica e il suo ascolto, di quella dimensione sensoriale dell’Uomo inscindibile dalla vita emotiva e cognitiva e così determinante nello strutturare e interagire con la realtà.