New York 1973: nasce fra i giovani afroamericani il “fenomeno” HIP HOP

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Hip Hop“Certe cose si possono dire con le parole, altre con i movimenti. Ci sono anche dei momenti in cui si rimane senza parole completamente perduti e disorientati, non si sa più che cosa fare. A questo punto comincia la danza”.
Pina Bausch
 

Con queste parole, così semplici, Pina Bausch, tra le più importanti e note coreografe mondiali, ci spiega il linguaggio del ballo nelle sue ampie espressioni. Ci dice anche che i confini della comunicazione, col ballo, vengono abbattuti.

Questo basilare principio è fortemente radicato nell’HIP HOP che è quanto di più moderno e attuale possa esserci in fatto di musica e ballo. Ciononostante, la radice di questo grande fenomeno sta nella sofferenza, nell’istinto di sopravvivenza e nella difesa ad oltranza della propria esistenza. L’importanza della musica e del ballo per l’uomo, nei secoli, ha segnato epoche, espressioni collettive, rivoluzioni, proteste, coagulando battaglie sociali, utilizzando il linguaggio dei giovani, spesso, in chiave di danza. I giovani, nei primi anni della loro adolescenza, per una questione ormonale naturale, attraversano grandi conflitti interiori, che manifestano con un’elevata intolleranza verso i genitori per primo e verso la società che li circonda, sentendosi incompresi, imbrigliati nelle regole. I grandi pur conoscendo le difficoltà vissute dai loro figli, raramente riescono a trovare la chiave della comunicazione tra loro, inducendo i giovani a estrometterli dalla loro vita e a crearsi scelte che appagano la forma di naturale depressione che li assale. In chiave moderna, una delle tendenze che maggiormente attraggono è caratterizzata dalla musica e dal ballo, con la quale riesce a scaricare lo scontento e contemporaneamente fanno gruppo con i coetanei che condividono gli stessi interessi e le stesse paturnie. La Danza quindi è cultura e l’HIP HOP, non si sottrae certamente a questa responsabilità. Il fenomeno, nato nell’anno 1973 a New York, attecchì immediatamente fra i giovani afroamericani, che nei quartieri ghetto del Bronx, affollavano le vie di notte e di giorno, creando gruppi molto chiusi di etnie diverse. Anche se le disparità intellettuali erano quasi insormontabili, il fenomeno si divulgò rapidamente e quelli che spesso erano scontri anche molto violenti fra i gruppi, si disputavano anche con il nuovo ballo, che attraverso la fantasia e la predisposizione genetica al ritmo, provenienti dalle terre di origine, consentivano la creazione di nuovi passi acrobatici e quasi impossibili da realizzare, ma che riuscivano a determinare supremazie e rispetto fra i gruppi. Sono certo che quei giovani non immaginavano che in quei momenti stavano segnando un’epoca e un linguaggio nuovo fatto di gesti, acrobazie e molto altro, al limite della stabilità. Come in tutti gli inizi di nuove tendenze, molti, nel tempo se ne attribuiscono la paternità, ma in questo caso, quello più credibile è stato il lavoro del DJ Koll Herc, immigrato giamaicano, che traendo spunto dal suo antagonista DJ Bambaataa, sembra abbia inventato il termine Hip Hop per distanziare la propria cultura dal suo diretto antagonista. In questo modo i giovani s’impossessarono delle strade delle città. Come tutte le forti innovazioni, sin dai primi tempi crearono tanta diffidenza e critica, perché quei gesti e quelle acrobazie, accompagnati da musiche e parole di dissenso e reattive alla società dell’epoca, procuravano disagio e paura in quelle fasce sociali che non comprendevano tali reazioni controcorrente. A questo proposito, non dimentichiamo che il fenomeno era solo giovanile, praticato quindi da quei giovani figli della società moderna, per la maggior parte, disagiata, in grande dissenso con gli adulti, che fossero genitori, zii ed anche fratelli maggiori. Si doveva giungere agli anni 90, perché gli aspetti positivi e quelli che sembravano negativi, attraverso una forte esposizione mediatica, varcarono i confini dell’America, espandendosi in tutto il mondo. Il denominatore comune di tutti i balli, che suscitano maggiormente l’interesse delle popolazioni le cui origini sono africane, è appunto la sofferenza, l’incomprensione, il razzismo, che stimolano il grande desiderio se non addirittura il bisogno di creare un canale di comunicazione fuori delle convenzioni, che fra il serio e il faceto, colpisca le classi più privilegiate. Le tecniche di “rapping” parti integranti dell’ HIP HOP, provengono dai Griot dell’Africa occidentale. I Griot erano cantastorie, che in giro per le loro terre, raccontavano storie vere e inventate sugli accadimenti africani, relativi alle persecuzioni. Questi personaggi si accompagnavano con strumenti producenti suoni particolari come lo “xalam”, strumento musicale a due corde, suonato come una chitarra. Altro elemento nell’ HIP HOP, è caratterizzato dalle parti parlate tratte dal Funk e dal Soul . l’influenza maggiore e importante proviene dal genere musicale giamaicano chiamato “dub” proveniente dal “reggae”. “Dub” vuol dire doppiare e questo fa comprendere la radice del ritmo dell’HIP HOP, che consente le strabilianti evoluzioni che i ballerini riescono a interpretare, stimolando coreografie innovative e altamente acrobatiche, al limite dell’equilibrio. Questo genere musicale era già in voga negli anni 60 di cui il produttore King Tubby, creatore di versioni strumentali di reggae, aveva adattato per le esigenze delle sale da ballo dove cominciò ad andare in voga un nuovo metodo che consisteva nel parlare anziché cantare sopra le musiche di reggae. I cosiddetti MC (Master of Ceremonies) che eseguivano la musica nei locali sperimentarono che parlare sopra la musica, destava curiosità e gradimento. Anche in quel caso il metodo di sovrapposizione divenne più intrigante e a liriche umoristiche si sovrapponevano anche temi sessuali. La grande popolarità della musica HIP HOP nell’ultimo scorcio degli anni 90 divenne una vera forza artistica, perché il consenso fra i consumatori di musica popolare era ormai simbolo di modernità assoluta, divulgata in tutto il mondo. Ancora una volta, nonostante l’evolversi a ritmi esponenziali delle molteplici forme culturali che a ogni istante, nascono nel mondo, la musica e il ballo sono il maggior veicolo di comunicazione che riesce a coagulare razze e genti e a declinare sentimenti e passioni, ma la cosa che più colpisce e fa riflettere è che riesce ad abbattere tutte le frontiere. Con tutto questo è dimostrato che i conflitti generazionali sarebbero superati, se gli adulti, invece di criticare a prescindere se la protesta possa essere legittima o meno, comprenderne la causa e si ricordassero della loro adolescenza agevolando le evoluzioni generazionali. È tutto così da sempre ed è sicuramente utopistico immaginare una pianificazione generazionale che avrebbe fra gli altri compiti quello di agevolare l’interazione.