Sofia Gubaidulina: la musica salverà il mondo

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Gubaidulina SofiaSTRUMENTI&MUSICA n. 18 / Gennaio 2012

Fachwerk è il titolo del concerto per fisarmonica, percussioni e orchestra scritto da Sofia Gubaidulina per il fisarmonicista Geir Draugsvoll, eseguito in prima assoluta nel 2009 e da poco disponibile sul mercato discografico. Dopo Under the Sign of the Scorpio, scritto per Friederich Lips nel 2003, ancora un lavoro che utilizza la fisarmonica e che regala un’opera magistrale tanto alla storia della musica quanto a quella della letteratura fisarmonicistica.

Tutta l’opera di Sofia Gubaidulina è vastissima, ricca e preziosa e, accanto al pensiero, alla singolare vicenda umana ed artistica, merita di essere raccontata senza limitazioni di spazio e tempo al di là delle pagine di una rivista: molti sono i documenti e le testimonianze reperibili che rendono possibile avvicinarsi adeguatamente al pensiero, alla raffinatissima e complessa organizzazione del suono e alla drammaturgia del suo linguaggio musicale che rappresentano la maggiore innovazione della sua opera di compositrice.

Vogliamo qui aprire solo qualche finestra sul quel suo specialissimo mondo, con l’aiuto degli scritti di Enzo Restagno e Valentina Cholopova che nel volume Gubaidulina, a cura dello stesso Restagno, EDT, 2001, accompagnano il lettore in un indimenticabile incontro con la compositrice.

Nata nel 1931 da madre slava e padre tartaro, nella regione centrale del Volga, dove l’Oriente incontra l’Occidente, riceve da un maestro di musica ebreo non solo insegnamenti musicali ma anche una rigorosa profondità e una irrinunciabile sete di verità. Trascorre la giovinezza “guardando il cielo e le nuvole per resistere” a un deserto spirituale in cui ogni culto è proibito, e il materialismo scientifico è un dato di fatto. Rifiuta di mettere la sua arte al servizio dello stato; isolata, sopravvive fortunosamente senza rinunciare mai ad essere se stessa. Unica donna tra i compositori, osa pensare liberamente sullo sfondo della nomenklatura sovietica, custodisce e nutre il suo mondo interiore che è sempre la radice della dimensione artistica. Nel 1980 Gidon Kremer presenta al mondo il suo capolavoro “Offertorium” e da quel momento Sofia Gubaidulina è protagonista delle scene internazionali grazie alla sua particolarissima scrittura e alla sua personalità.

V. Cholopova ci racconta: “Per Gubaidulina la percezione della cultura occidentale e di quella orientale avviene in modo perfettamente organico, cosa che impedì al suo pensiero musicale di risentire di qualsiasi barriera regionale, aprendo così la possibilità di una coscienza artistica senza confini, panregionale e planetaria: lo stile assolutamente individuale della compositrice è nato su un terreno culturale di portata universale. Forse proprio per il carattere panregionale della personalità musicale di Gubaidulina o forse grazie al fenomeno di una donna-compositore di proporzioni artistiche sinora mai viste, resta difficile rapportare il suo stile a qualsivoglia tendenza o corrente della musica contemporanea.

L’individualità del suo stile si delinea al meglio attraverso una totale rappresentazione dell’essenza dell’arte, della filosofia e dello spirito umano in generale. Precisa Restagno: “Arcaismo, simbolismo e misticismo sono termini che ricorrono spesso parlando della sua musica, e non si tratta di astrazioni o di mere categorie intellettuali, bensì di termini ai quali corrispondono in maniera tangibili contenuti autentici e concreti. I modi del canto liturgico d’Oriente e d’Occidente, i fantasmi di antiche liturgie mai dimenticate, i frammenti o le citazioni di J. S. Bach sono sorgenti di ispirazioni dalle quali nascono incredibili avventure. Analisi dello spettro armonico, sottili speculazioni sulla concretezza del suono e sui suoi riflessi metafisici, clangori screziatissimi delle percussioni indagate strumento per strumento, come se fossero creature viventi o echi misteriosi di epoche lontane popolate da altri linguaggi, reminescenze di filosofi e di preghiere, trasfusioni di generi sacri e profani, drammatiche requisitorie contro le insidie dell’assuefazione, scoperta di orizzonti sonori inviolati, custoditi da strumenti esotici, fervide riflessioni sulla storia e sul destino che consentano di abbattere pregiudizi”.

Le idee di simbolo e di sacralità sono centrali nel pensiero di Sofia Gubaidulina. Dalle sue stesse parole: “Il simbolo di per se stesso è un fenomeno vivo e come ogni organismo vivente passa attraverso le varie fasi della vita: nasce, invecchia e muore. Cosa vuol dire simbolo? Secondo me la massima concentrazione di significati, la rappresentazione di tante idee, che esistono anche fuori della nostra coscienza e il momento in cui questa apparizione si produce nel mondo: questo è il momento di fuoco della sua esistenza, perché le molteplici radici che si trovano al di là della coscienza umana si manifestano anche attraverso un solo gesto”.

Questa componente simbolica si riscontra nella sua opera a diversi livelli, a partire dalla gestualità strumentale che assume un valore irrinunciabile, così come la relazione tra arte e sacro.

“Quella del sacro è piuttosto una categoria etica (…). Se parliamo di un’idea religiosa che si trova fuori dalla storia ci avviciniamo ad un concetto cosmico che mi sembra importante non solo per la mentalità umana, ma anche per lo sviluppo del mondo. Senza queste idee non si può vivere perché esse sono la radice dell’esistenza. Spesso la religione viene definita letteralmente come re-ligio, ovvero come ristabilimento della comunicazione e per noi musicisti un’idea del genere è perfettamente comprensibile (…). Quella di legare elementi diversi riconducendoli verso un centro è un’idea tipicamente musicale ed è anche un’idea esistenzialmente tragica che rappresenta la sostanza di tutto il mondo spirituale. Ogni essere umano ne sente la necessità e l’arte è un modo di esprimere questa necessità. L’arte e la sostanza spirituale del mondo hanno lo stesso compito: ricondurre tutti gli elementi del molteplice all’unità e in questo senso il compito di un artista consiste nel ristabilire i rapporti tra arte e natura.

Certi valori d’arte non hanno nessun rapporto con l’idea del sacro, eppure dentro di loro vibra il sentimento dell’unità cosmica. Ci sono opere che nascono da sogni e il sogno è un punto di massima concentrazione in cui la coscienza di un essere umano trova un rapporto diretto con il divino”.

E ancora, V. Cholopova osserva: “Esistono artisti di due tipi: quelli che navigano seguendo un greto artistico già tracciato e quelli che cercano di portare oltre il percorso del fiume. Lo stesso si può affermare parlando del concetto di nazione: ci sono artisti creati da una nazione e altri che creano una nazione. Sofia Gubaidulina appartiene a quegli artisti che creano una nazione e una nazione che non appartiene soltanto ai russi o ai tartari ma all’intero genere umano. La musica per le sue stesse proprietà intrinseche, crea le condizioni per una sorta di ecumenismo della vita emotiva umana. La musica, come ogni forma di creatività, favorisce l’ulteriore crescita di una esistenza già formata. Gubaidulina intende la religione proprio come ricomposizione di un legame, del legato della vita. – La vita riduce l’uomo in tanti pezzi. Egli deve ristabilire la propria integrità, la religione è questo. Non vi è ragione più seria della ricomposizione della integrità spirituale per comporre musica – E come afferma uno dei padri spirituali di Gubaidulina, il filosofo russo N. Berdjaev: “La creatività non è soltanto lotta contro il male e il peccato, essa crea un altro mondo: nella creatività è il proseguimento della Creazione”.