Svincolare la fisarmonica dai soliti cliché

La versatilità stilistica di Maurizio Burzillà per valorizzare l’accordion

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Maurizio Burzillà (PH Gattopino)Fisarmonicista eclettico, di grande esperienza, Maurizio Burzillà è un musicista dalle ampie vedute stilistiche, che si prefigge l’obiettivo di sdoganare la fisarmonica dai tediosi cliché che purtroppo – ancora oggi – sovente la relegano a contesti solo ed esclusivamente legati al liscio e al folk. Burzillà, fra aneddoti e storie di vita, racconta le sue esperienze più significative, quelle che lo hanno segnato sul piano umano e artistico.

Nel tuo percorso artistico ti muovi fra differenti generi come la musica contemporanea, colta, jazz e popolare. Come sei giunto a questa sintesi stilistica?

Dal bisogno di svincolarmi dai soliti cliché che relegavano il mio strumento a prassi musicali quali liscio – del quale ero peraltro un virtuoso – e folk. Fino agli anni Ottanta era difficile reperire materiale musicale diverso per fisarmonica, almeno al sud. Quindi ho ascoltato tanta musica eseguita con strumenti diversi: dal classico ai “soli” di Charlie Parker che trascrivevo. Per giunta ascoltavo e trascrivevo molto Bach. I miei modelli erano Wolmer Beltrami e Art Van Damme. Poi, molto dopo, scoprii anche Frank Marocco.

Durante la tua attività concertistica ti sei esibito in tutta Europa e negli Stati Uniti al fianco di svariati musicisti di levatura mondiale, su tutti Stephen Schlaks e Thomas Kircher. Potresti raccontare la nascita di questi due importanti sodalizi artistici?

Thomas Kircher lo incontrai In Germania durante un mio tour, me lo presentò il nostro agente in comune. Io non parlavo tedesco – e nemmeno lui parlava italiano – ma quando ascoltai la sua introduzione sulla sinfonia Vespri Siciliani di Giuseppe Verdi, mi inserii eseguendo la parte dei fiati. Ci capimmo al volo! Lui suona tutto, qualsiasi genere. Non ho mai incontrato un musicista più poliedrico e versatile di lui. Da allora nacque un sodalizio musicale quasi simbiotico. Secondo me è tra i migliori organisti del mondo. Inoltre, credo che all’epoca divenne collaudatore ufficiale della Yamaha. Girammo in lungo e in largo tra teatri, sale da concerto e piazze, a Mannheim, Düsseldorf, Colonia, spaziando dal genere operistico al popolare. La sera, presso il locale del nostro agente Angelo Todaro, ci sbizzarrivamo suonando jazz, a volte aggregandoci a una Big Band. Stephen Schlaks, invece, lo incontrai in Florida, a Miami. Persona coltissima, parla diverse lingue, tra queste conosce benissimo l’italiano. Suonammo un suo brano, non ricordo esattamente il titolo, ma rimase stupito dal fatto che riuscii subito a comprendere l’armonia delle sue composizioni, quindi dialogavamo in contrappunti e improvvisazioni mai provate prima. Da allora facemmo altre quattro date insieme con il proposito di incidere qualcosa non appena lui sarebbe venuto a Milano. Progetto che, purtroppo, per varie vicissitudini, penso più di carattere economico, non si realizzò.

Essendo sempre mosso da una viva curiosità stilistica, nel corso della tua carriera hai approfondito particolarmente la musica rioplatense e i suoi diversi stili: dal tango argentino al tango nuevo di Astor Piazzolla. Nello specifico, quali sono le peculiarità della musica rioplatense?

Per quanto concerne il tango, è stato un percorso a ritroso: dall’avvento piazzolliano degli anni Novanta al tango argentino tradizionale. Il primo ha dato uno scossone a questo strumento, se pur indirettamente, poiché Piazzolla era un bandoneista e non un fisarmonicista. Insomma, ha un po’ risollevato le sorti di questo strumento che fino ad allora stava attraversando una crisi. Con il Quintetto Milonga intraprendemmo una ricerca monografica su Piazzolla, ispirandoci al nuevo tango del suo quintetto e trascrivendo a mano e ad orecchio le varie parti. Allora di edito si trovava ben poco. È stata una scoperta importantissima che mi ha fatto crescere, in quanto in Astor Piazzolla trovi tutto: da Bach alla musica contemporanea e, soprattutto, non manca mai il contrappunto. Parallelamente al tango nuevo, andava man mano diffondendosi fino a diventare, oggi una moda, il tango argentino tradizionale, secondo me non meno interessante del primo. Grandi orchestrazioni, contrappunti e temi bellissimi, talvolta struggenti. Con l’Astor Trio, formazione ancora esistente, c’è stata una fusione tra il tango tradizionale di Troilo, Pugliese, Gardel, quello moderno di Astor Piazzolla, Richard Galliano e mie composizioni originali.

Da esecutore e arrangiatore hai curato le musiche di spettacoli come “Sogna Tangos” e, da compositore, hai scritto le musiche del lavoro teatrale di Beatrice Monroe, oltre a collaborare sempre in contesti teatrali con registi del calibro di Armando Pogliese e Tony Chucchiara. La dimensione del teatro rappresenta un valore aggiunto e un completamento della tua attività artistica?

Ho avuto anche l’opportunità e la fortuna di confrontarmi e spendermi in contesti diversi da quelli prettamente musicali, incontrando persone interessanti come Armando Pugliese, Beatrice Monroe, Tony Cucchiara e la grandissima Annalisa Cucchiara, figlia del grande autore. Un’esperienza, questa, che mi ha fatto capire come musica e teatro siano due arti complementari, l’una appartiene all’altra. Sono indissolubili, parlano la stessa lingua in modo diverso.

Maurizio Burzillà (PH Gattopino)Insieme al talentuoso flautista Domenico Testaì hai registrato un disco, per l’etichetta Dodicilune, intitolato Incontro. Quali sono le caratteristiche principali di questo progetto discografico?

Il progetto del Duo Improprium nasce dalla voglia di suonare, studiare, sperimentare e cercare tutte le soluzioni possibili per questa formazione. Un progetto minimale che vede due strumenti, due amici che dialogano, elementi che cercano di completarsi: l’irruenza ritmica del mantice mitigata dalla nobiltà sonora e orchestrale del flauto di Domenico Testaì. Dopo il disco edito dalla nostra etichetta Dodicilune, stiamo lavorando a un nuovo progetto, con brani non solo originali, tra questi Frank Zappa e tanto altro ancora.

Oltre ai tuoi numerosi impegni concertistici, sei attivo nell’ambito didattico. Infatti hai fondato il C.F.S. (Centro Fisarmonicistico Siciliano), una scuola specializzata nell’insegnamento della fisarmonica. Utilizzi un tuo metodo didattico personale oppure cerchi di andare il più possibile incontro alle diverse esigenze dei tuoi allievi?

La mia attività didattica, parallela a quella concertistica, è stata sempre finalizzata alla diffusione e alla voglia di condividere la passione per il mio strumento. Soprattutto far comprendere agli alunni i diversi aspetti dello stesso, dal classico, al tradizionale, fino al jazz. Il musicista, secondo il mio punto di vista, non deve porsi limiti. Non dico che debba essere in grado di suonare tutti i generi, questo credo sia impossibile, ma quanto meno conoscerli, studiarli. Tutto questo richiede studio, tanto ascolto, e non necessariamente di generi legati al proprio strumento, piuttosto arricchirsi con esperienze provenienti da altri generi e stili. Ma ribadisco, soprattutto studio e passione, però questo sta anche all’insegnante saperlo trasmettere. Io non mi ritengo tale, lo giudicheranno i miei allievi nel tempo. Il loro giudizio è insindacabile, sempre giusto, perchè sta al maestro, talvolta, avere l’umiltà anche di imparare. Il “C.F.S” (Centro fisarmonicistico Siciliano) è un laboratorio finalizzato non solo alla didattica, ma in particolar modo alla musica d’insieme che si espleta all’interno della “fisorkestra”, gruppo costituito dai migliori allievi, in cui confluiscono vari generi musicali volti ad approfondire i diversi aspetti dello strumento.

Parlando dello strumento, che modello di fisarmonica utilizzi in studio di registrazione e nei live?

In studio utilizzo gli strumenti acustici con cui suono sempre e studio: Beltuna ed Euphonia. Ma credo che le cose più importanti siano avere ottimi microfoni e un eccellente fonico.

Volgendo lo sguardo all’immediato futuro, il tuo calendario musicale è fitto di impegni?

Per quanto riguarda gli impegni futuri, ho diverse date in via di definizione con Domenico Testaì per il Duo Improprium, avendo da poco concluso alcuni tour estivi molto gratificanti. Non essendo divi e non suonando musica commerciale, direi che i concerti sono andati davvero bene, decisamente oltre le nostre aspettative, sia in Italia che all’estero. Adesso stiamo lavorando per la programmazione autunnale, con concerti che si terranno in Spagna, Belgio e non solo.

 

(Foto di Gattopino)

 

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