Il Creative Hub di Bologna – un centro polifunzionale della filiera culturale in continua evoluzione
Intervista a Massimiliano Magagni, CEO dell'innovativa realtà emiliana
Il Creative Hub di Bologna rappresenta una realtà innovativa in Italia: un ecosistema fatto di una serie di colonne portanti, primi tra tutti i giovani, motore della filiera della musica, della cultura e della creatività. Partendo dalla formazione, già attiva dal 1999, ci troviamo, oggi, davanti ad un progetto molto più ampio e strutturato, che vede una serie di servizi (oltre all’academy), rivolti a giovani studenti, ma anche ad aziende e operatori del settore: videomaking, sound design, rendering, produzione, sostegno alle startup… Abbiamo intervistato Massimiliano Magagni, CEO del Creative Hub di Bologna, che ringraziamo.
Prima di tutto, com’è nata l’idea del Creative Hub?
Innanzitutto, grazie per questa opportunità che ci permette di raccontare ciò che stiamo facendo. L’idea dell’hub nasce da un’abitudine che ho intrapreso negli anni. Lessi un articolo di Quincy Jones, dove raccontava che spesso, di notte, gli venivano delle idee musicali che si riprometteva di andare a registrare in studio la mattina dopo, ma poi finiva per dimenticarsene: per cui aveva costruito uno studio in casa (quando ancora avere uno studio in casa era un po’ complesso), per cristallizzare le idee.
Dopo aver letto questo articolo, ho preso l’abitudine, ogni qualvolta avessi un’idea, di scriverla in delle cartelle sul mio drive. Durante il lockdown per via del Covid, ho riaperto una di queste cartelle e sono andato a leggere ciò che avevo scritto: una cosa che mi aveva colpito subito, era proprio l’idea dell’hub. Noi facciamo formazione, come academy, già da ventisette anni, però ci mancava un po’ la chiusura del cerchio: ci chiedevamo “dopo che i ragazzi si sono formati, cosa fanno poi?”. Molti andavano a Milano o in altri luoghi a cercare lavoro, per cui ci siamo detti “cerchiamo di costruire un luogo dove possiamo ospitare aziende del settore, avere degli studi per la produzione, un’area coworking dove ospitare gli operatori, dove fare incubazione e accelerazione di startup, sempre in ambito creativo…”.
C’è stata, poi, una coincidenza di eventi: avevamo vinto un bando per l’innovazione del territorio e avevamo trovato questa nuova sede che ci è piaciuta tantissimo. Per cui, mettendo insieme le idee che avevamo e una serie di cose che erano avvenute in quel momento, abbiamo dato il via alla fase di costruzione dell’hub, che è iniziata nel 2021 e sta per concludersi in questi giorni (stiamo finendo lo studio dolby atmos per i suoni immersivi, per il cinema audiovisivo).
Siamo molto soddisfatti perché abbiamo messo su una struttura molto interessante, che ci invidiano un po’ in tutta Italia e abbiamo anche delegazioni dall’estero: ad esempio, abbiamo ospitato una delegazione da Hong Kong che ha fatto uno studio sulla nostra attività e stiamo riscontrando una serie di responsi molto positivi.
Credo, infatti, che una struttura come la vostra, a questo livello di completezza, con tutta una serie di servizi complementari in un unico ambiente, sia rara in Italia.
Sì, siamo anche fortunati ad essere in una città di avanguardia culturale dove c’è molto fermento, che è anche un crocevia di autostrade, e abbiamo l’università con migliaia di giovani iscritti ogni anno: risorse che strategicamente aiutano la crescita e la sopravvivenza per la sostenibilità di una struttura così importante in una città che ha un milione di abitanti, ma ha degli asset complementari che consentono di avere una struttura di questo tipo.
Quindi cosa significa avere un ambiente del genere in una città come Bologna, che è sempre stata “casa” di artisti?
È fondamentale. Tornando al tema della sostenibilità di cui ti dicevo, il rischio di “costruire una cattedrale nel deserto” c’è sempre, in particolar modo in città di medie dimensioni: credo che in Italia siano poche le città che possano supportare e sostenere un’attività di questo tipo. Abbiamo la fortuna di avere un grande fermento (e anche tanta concorrenza, perché ci sono una marea di iniziative, studi, sale, coworking, eventi…), che genera comunque movimento.
Devo dire che siamo fortunati anche dal punto di vista di sensibilità politica: la nostra, è stata la prima regione in Italia a fare una legge sulla musica, una delle prime a fare una legge sul cinema, e ha una grande sensibilità nei confronti di questo settore. Subito dopo i settori principali, come l’agroalimentare o la meccanica, il settore che genera più PIL nella nostra regione, è proprio quello della cultura e della creatività: quindi c’è un humus importante, che viene alimentato da tutti gli operatori del settore.
Qual è la filosofia di base dell’hub?
Noi abbiamo un piccolo slogan: “Inspire, innovate, excel”, ossia, inspirare, innovare ed eccellere. Abbiamo voluto un luogo che fosse anche bello, perché crediamo che la creatività, l’arte e la cultura abbiamo bisogno anche di spazi belli: abbiamo voluto un luogo che desse dignità a chi svolge questa professione, che inspirasse e motivasse (io vengo da una generazione cresciuta nelle cantine e nei garage, perché allora non c’era niente e ti dovevi un po’ arrangiare). Innovare, è una traiettoria su cui ci impegniamo molto, perché crediamo che sia fondamentale stare al passo con i tempi, senza vivere le innovazioni con paura, ma sapendole guidare: la tecnologia non è mai il male, è l’uso che ne facciamo che cambia. Ad esempio, adesso, nel nostro settore fa molta paura l’intelligenza artificiale: c’è grande paura, ma non possiamo farne a meno, dobbiamo necessariamente governarla, dal punto di vista legale e amministrativo, comprendendone diritti e doveri (c’è già una normativa europea in materia) e, come operatori, dobbiamo aggiornarci (“innovate”) e comprendere dove andrà il mercato, metterci in discussione adottando il cambiamento e cercando di trarne il massimo beneficio. Per quanto riguarda l’“eccellere”, dovrebbe essere trasversale a tutti i settori: quello che facciamo, cerchiamo di farlo al massimo.
Voi stessi definite l’hub come un ecosistema, quali sono i pilastri che ne fanno parte?
Innanzitutto, il nostro pilastro principale, sono i giovani studenti: in academy abbiamo dai 400 ai 500 studenti all’anno. Loro sono la vera benzina del motore. Non tutti diventeranno Rick Rubin o Jimi Hendrix, ma l’83% di loro, una volta diplomati, vanno a lavorare: questo vuol dire che c’è della qualità, c’è del talento e c’è della voglia di fare.
Gli altri asset sono sicuramente le aziende (con le quali lavoriamo per mandare in stage questi ragazzi e farli avere un rapporto diretto con l’industria), i centri di competenza, i tecnopoli e l’Università di Bologna, perché sono realtà che ci consentono di fare ricerca, comprendere dove va il mercato, raccogliere i fabbisogni del mercato, fare sperimentazione. Abbiamo diversi progetti di sperimentazione tecnologica: ad esempio, con il Tecnopolo CNR abbiamo un progetto legato alle esperienze immersive, in particolare dell’audio (dolby atmos, audio immersivo), ma anche allo sviluppo di avatar
digitali, guidati dall’intelligenza artificiale, che supportano delle attività, diventando dei veri e propri tutor per società, aziende, operatori e anche per i nostri studenti, e li affiancano. Poi, ci sono tutti i partner tecnologici che ci aiutano e ci supportano: come detto, oggi la tecnologia è fondamentale e dobbiamo capirla, dominarla, con un obiettivo positivo. Inoltre, è importante l’internazionalizzazione: siamo accreditati Erasmus, quindi mandiamo i nostri ragazzi in giro per l’Europa a fare delle working experience e lavoriamo con degli scambi, in cui studenti o docenti di altre accademie vengono da noi a fare esperienza, e viceversa. Siamo anche accreditati con una piattaforma che si chiama “Erasmus for Young Entrepreneurs”, molto interessante, perché qualsiasi imprenditore di qualsiasi Paese europeo può venire da noi per avere un’esperienza internazionale di tre mesi (stipendiato) e noi, a nostra volta, possiamo mandare imprenditori italiani all’estero, in strutture accreditate.
L’ultima novità dell’hub è il CreaTech Venture Club, di cosa si tratta?
CreaTech Venture Club è un’associazione temporanea di imprese, di cui noi siamo capofila, che prevede MISTER Smart Innovation, che è una società che lavora sull’innovazione tecnologica, e il Tecnopolo CNR di Bologna, che è il secondo tecnopolo più grande in Italia, con cui facciamo diverse
attività.
In un mondo, quello delle startup, che è in grande fermento, ma sempre molto indirizzato alle startup tecnologiche, l’idea è stata quella di creare due percorsi inerenti alle attività culturali e creative di cui ci occupiamo (suono, musica, video, multimediale, spettacolo dal vivo): uno di incubazione, per realtà embrionali, e uno di accelerazione, per aziende che sono già sul mercato, ma che hanno bisogno di un’accelerazione, appunto. Abbiamo aperto il bando, raccolto le candidature, selezionato e iniziato i nostri percorsi in partnership con alcune aziende del settore, che ci danno dei know-how ben specifici.
Il percorso di incubazione è un percorso di nove mesi per strutture embrionali, o anche liberi professionisti che hanno un’idea e che magari non si sono ancora strutturati, in cui li accompagniamo nel prendere il loro progetto, fare un’analisi di mercato, dei fabbisogni, capirne i punti di unicità che possono farne un’idea vincente. Quello di accelerazione, invece, è un percorso più avanzato, di sei mesi, in cui si vanno ad esplorare, ad esempio l’eventuale internazionalizzazione di un prodotto o servizio o le modalità per partecipare a bandi o entrare a far parte di alcune reti: lo scopo, qui, è quello di portare le aziende al livello successivo. Entrambi i percorsi prevedono, alla fine, il cosiddetto “pitch day”, in cui inviteremo degli investitori e loro avranno la possibilità di presentare il progetto al quale hanno lavorato nei mesi e che hanno sviluppato insieme a noi: abbiamo degli incontri collettivi, ma anche dei momenti di mentorship individuale, in cui ci sono dei tutor che li seguono e li aiutano a sviluppare. Il nostro impegno è far percepire che il settore cultura genera professionalità, che si deve confrontare necessariamente con il mercato, altrimenti non sta in piedi, dando un valore a quello che si sta facendo.
Qualcosa da aggiungere, un messaggio?
Vorrei lasciare un messaggio di speranza, di ottimismo. Io ho molta fiducia nei giovani, che conosco e che magari hanno delle problematiche, ma che per molte cose sono un passo avanti, rispetto a chi ormai è stato disilluso dalla vita. Tra i giovani, ci sono tanti valori e quelli più grandi devono dare spazio ai giovani: cerchiamo di dare spazio alla creatività e ai giovani, perché è l’unica cosa che ci salverà… secondo me!