Le suggestioni improvvisative di Corrado Rojac

Concerto all’Università Tor Vergata di Roma per il Master in Sonic Arts

345

Il 10 maggio scorso, alle 18.00, nell’ambito del Master in Sonic Arts promosso dal Dipartimento di Storia, Patrimonio Culturale, Formazione e Società dell’Università Tor Vergata, ha avuto luogo un concerto dedicato all’improvvisazione nella musica contemporanea. Ad esibirsi alcuni artisti considerati delle vere e proprie leggende, quali il trombonista Giancarlo Schiaffini o il pianista Giuseppe Giuliano. Accanto ad essi, il percussionista Pietro Pompei e il fisarmonicista Corrado Rojac, che da qualche anno si dedica all’improvvisazione.

“Si tratta di un mondo da esplorare, almeno una volta, nella propria vita musicale”, ci ha confidato quest’ultimo. “Una dimensione del tutto diversa rispetto al concerto in cui si suona musica scritta. La parte inconscia di noi ha margini d’espressione enormi e, dopo il concerto, si finisce con il conoscersi meglio; mi riferisco sia ai musicisti con cui si suona e sia a me stesso.”

Il concerto, inserito in una master alla quale hanno partecipato, in qualità di relatori, anche Giovanni Costantini e Giorgio Nottoli (i due direttori artistici della manifestazione), nonché il musicologo Giorgio Sanguinetti, ha toccato alcune pietre miliari nell’ambito della musica improvvisata. Sono stati eseguiti, ad esempio, autori quali Earl Brown, Sylvano Bussotti, Cornelius Cardew e Dieter Schnebel.

Tra essi, anche Bruno Maderna, con Serenata per un satellite, dove la partitura si configura quale “campo” da cui le possibilità esecutive appaiono compresenti. Osservando le partiture, infatti, la notazione musicale sembra raggiungere, in alcuni casi, innovatività sconvolgenti: il citato Bussotti prevede, per il Solo proposto dal programma del concerto, che la pagina possa leggersi da ognuno dei quattro lati, mentre Earl Brown, invece, presenta uno schema in cui sembra descrivere, stilizzandoli, i gesti di un ipotetico direttore. Modalità grafiche che suggeriscono modalità interpretative tra le più disparate, dunque, al servizio di un’idea musicale che vuole affrancarsi dall’iperdeterminismo sonoro.

Non a caso i brani scelti sono stati tutti composti tra gli anni Cinquanta e gli anni Settanta del Novecento, periodo in cui la corrente della musica improvvisata voleva contrapporsi alla musica scritta anche sotto la pressione ideologica delle categorie politiche dell’ “autoritarismo” e della “libertà”, dibattito in cui la musica improvvisata era schierata a favore di quest’ultima, naturalmente. In termini musicali, si potrebbe dire che l’intento della musica improvvisata (e delle relative partiture) si estrinsecava nella “tendenza a includere nella progettualità compositiva zone sempre più ampie dell’evenienza sonora” (Andrea Lanza).

December 1952, di Earl Brown, è risuonato in una dimensione ascetica, fatta di semplici suoni tenuti e silenzi; Solo, di Sylvano Bussotti, ha visto protagonista Giancarlo Schiaffini in un’esecuzione volta all’essenzialità; una selezione di pagine da Treatise di Cornelius Cardew si è manifestata con la violenza sonora che a tratti i grafismi della partitura sottintendono; una musicale compostezza è stata la costante di Serenata per un satellite, di Bruno Maderna; Konstellation, di Haubenstock Ramati, ha visto l’inserimento di materiali vicini alla musica d’intrattenimento, mentre Abfaelle di Dieter Schnebel sono apparsi velati da una vena umoristica; la dimensione ascetica iniziale si è riproposta nell’esecuzione di Yantra, di Jeney Zoltàn, brano in cui i vincoli esecutivi appaiono più stretti e che ha preceduto l’improvvisazione libera finale, in cui tutti gli interpreti hanno manifestato un’intenzione sonora dirompente.

Prima di Yantra, il programma ha previsto un’improvvisazione su temi de L’arte della fuga bachiana, sfida nella quale si sono cimentati il pianista Giuseppe Giuliano e il fisarmonicista Corrado Rojac, in un volo catartico che li ha visti librarsi sopra le severe linee contrappuntistiche con un senso di lirica, fantasiosa libertà.

Le suggestioni improvvisative si sono mescolate anche alla musica elettronica, altro filone di pensiero legato all’estemporaneità del sonoro. Per l’occasione si è scelto il brano Illusoria-mente, di Giovanni Costantini, per pianoforte ed elettronica, nell’interpretazione del pianista Giuseppe Giuliano e, al live electronics, dello stesso Costantini; il brano ha arricchito la serata con la sperimentalità sonora caratteristica del mondo musicale dei calcolatori. Il folto pubblico presente ha seguito con rara attenzione e la serata ha avuto un successo emozionante.