Festival 2018: un bilancio del nostro inviato a Sanremo

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Ermal Meta - Fabrizio MoroNon sono un cultore della canzone italiana né la testata che (indegnamente) mi trovo a rappresentare ha, come target, questo genere. Ma le circostanze mi hanno portato a seguire un evento che, ormai, trascende il dato musicale per trasformarsi in uno spaccato antropologico del nostro paese.

Dall’edizione numero 68 del Festival di Sanremo (oltretutto nel cinquantennale di quella storica ventata di rinnovamento socioculturale) ci si poteva attendere qualche fremito di novità. Invece, già dalla scelta di Claudio Baglioni in qualità di Direttore Artistico, era chiara una vocazione passatista legata alla tradizione della canzone melodica nostrana e le lunghe cinque serate hanno confermato le nostre scarse aspettative. Le buone intenzioni, annunciate da Baglioni, sulla centralità delle canzoni sono rimaste offuscate da stanche gag tra i presentatori e da un eccesso di riproposizioni di classici. Ed il fatto che le uniche standing ovations di pubblico e stampa specializzata siano arrivate sui brani di Baglioni stesso o di qualche ospite denotano una debolezza generale degli autori contemporanei.

Non sono stati pochi i cantanti in gara che vivacchiano sulla loro storia (gli ex Pooh, tra tutti, presenti in veste di solisti o in duo) o che ripropongono fotocopie di loro brani precedenti (Noemi o la coppia ripescata e vincente formata da Ermal Meta e Fabrizio Moro). Dispiace, altresì, che Elio e le storie tese abbiano salutato il pubblico, dopo 30 anni contraddistinti da arguzia e sorprese musicali, col brano più scialbo della loro prestigiosa carriera.

In questo grigio panorama, però, non sono mancate alcune note positive. Diodato, compositore sensibile, ha unito le proprie forze con la tromba di Roy Paci regalando un brano che invita al “carpe diem” con un arrangiamento che mescola sapori bandistici a pieni orchestrali. Nina Zilli, seppur più tradizionale del solito, ha presentato un omaggio all’universo femminile che, per il sovrapporsi di fragilità e forza interiore, ricorda alcuni brani di Fiorella Mannoia. Inoltre, in sede di conferenza stampa, ha ribadito l’amore per i suoi modelli vocali Ella Fitzgerald e Nina Simone denotando uno spessore culturale non sempre presente in altri interpreti. Il brano inedito di Lucio Dalla, interpretato da Ron, è stato molto apprezzato da pubblico e critica per la sensibilità poetica del testo ed alcune scelte armoniche meno scontate del solito.

Nella sezione “Nuove proposte” si è distinto, a parere nostro e della giuria che gli ha assegnato il Premio Mia Martini, Mirkoeilcane con un brano toccante dedicato alla tragedia dei migranti in mare. E, nell’epoca di razzismo più o meno strisciante che stiamo vivendo, è una buona notizia.