Pietro, l’africano

Pietro Roffi in tournèe in Sudafrica

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Pietro Roffi tournée in SudafricaNon siamo stati noi a scoprirlo, né, tantomeno, a lanciarlo (il suo successo è frutto solamente del suo talento), ma, sicuramente, ne abbiamo seguito con interesse e altrettanto piacere il percorso artistico di interprete, di compositore e di didatta. Stiamo parlando di Pietro Roffi, trent’anni il prossimo ottobre, formatosi col M° Massimiliano Pitocco al Conservatorio Santa Cecilia di Roma, e reduce da una recentissima (dal 10 al 15 maggio 2022), quanto singolare tournée in Sudafrica: un luogo al di fuori degli itinerari più consueti per un fisarmonicista. Proprio per questo, gli abbiamo chiesto di raccontarcene a caldo “impressioni e paesaggi”.

Pietro, non sei certo alla tua prima tournée internazionale (Germania, Romania, Lituania, Inghilterra, Malta, Norvegia, Croazia, Spagna…) e intercontinentale (Argentina, Cina, Australia, Brasile…). Un paio d’anni fa, al nostro Stefano Dentice dichiarasti che in tutti i paesi dove hai suonato “c’è sempre stato qualcosa di speciale che mi sono portato a casa, qualcosa di unico e irripetibile che succede, appunto, solo una volta”. Eppure, non posso fare a meno d’immaginare che questa prova in Sudafrica sia stata “più speciale” (se mi passi l’espressione) delle altre fin qui vissute. Mi sbaglio? Che cosa hai riportato, questa volta, nella tua “valigia delle emozioni e delle esperienze”?

Stavo riflettendo proprio qualche ora fa, sull’aereo che mi riportava a Roma da Johannesburg, che questa esperienza è stata sicuramente unica e irripetibile. Ho avuto il privilegio di condividere il viaggio e i concerti con persone meravigliose che mi hanno fatto sentire a casa e questo, per un musicista lontano migliaia di km da casa, è davvero una benedizione. Il Sudafrica mi ha sorpreso profondamente e me ne torno a casa con tante emozioni positive, scambi umani e culturali profondi e stimolanti e un forte desiderio di convertire tutto ciò in qualcosa di concreto che avrà luogo sotto diverse forme in un prossimo futuro.

E che cosa avevi messo in quella “valigia” alla tua partenza dall’Italia?

Ho affrontato con particolare entusiasmo questo tour fin dal primo momento in cui mi è stato proposto e lo spirito che mi ha guidato dal primo all’ultimo giorno della permanenza nel paese è stato quello della pura gioia del fare musica. Sia professionalmente che umanamente parlando sono felice di esser stato capace di lasciarmi sorprendere da tutto ciò che mi circondava cambiando spesso, anche all’ultimo minuto, la fitta schedule che i miei manager avevano preparato.

Com’è nata l’idea di questo progetto africano? Chi ne è stato il motore?

È nato tutto qualche tempo fa, quando l’impresario musicale sudafricano Herman van Niekerk ha dimostrato l’interesse a portarmi lì. Poi, lui, insieme al mio manager Giuseppe Bortone e con il prezioso supporto dell’Istituto Italiano di Cultura di Pretoria, hanno lavorato instancabilmente, per mesi, alla realizzazione di un tour logisticamente non facile, ma riuscito davvero bene.

I pregi del Sudafrica e delle sue tradizioni musicali sono innumerevoli. Tra questi, però, non figurano una profonda conoscenza e la pratica della fisarmonica. Qual è stata la reazione del pubblico al nostro strumento? Com’è stata accolta la tua azione di “ambasciatore” della fisarmonica?

Se c’è una cosa che ho capito durante tutti questi viaggi che ho fatto negli ultimi anni è che la fisarmonica è in grado di conquistare ogni tipo di platea. Non c’è cosa più bella di vedere lo strumento che suoni da decenni catturare totalmente anche un pubblico che non ha quasi idea di che cosa sia. Questo è successo in Sudafrica: mi sono sentito dire decine di volte “I’ve never seen this instrument before in a theatre! Is that an…accordion, right?”. Credo che il pubblico nelle varie tappe abbia amato il nostro strumento e personalmente sono onorato di averlo rappresentato.

Non sei un imprenditore, un costruttore di strumenti, e non ti chiederò, dunque, nulla di specifico a tal proposito. Dal tuo punto di vista di musicista, però, hai percepito che lì potrebbero aprirsi degli spazi per il mercato delle fisarmoniche italiane?

Sto già lavorando insieme ad alcuni personaggi locali a un progetto che ha bisogno di tempo e sostegno, ma che, credo, possa cambiare il destino, purtroppo poco fortunato fino a questo momento, della fisarmonica in Sudafrica. Spero davvero che le aziende, in particolare quella con cui sto collaborando da circa un anno, ce la mettano tutta per continuare a diffondere la cultura di questo “oro italiano”.

I palcoscenici di quali città del Sudafrica hai calcato?

Questo tour ha previsto cinque concerti in alcuni dei principali teatri del paese. Siamo partiti da Sasolburg, dove abbiamo debuttato, poi abbiamo toccato la città di Welkom e siamo poi tornati a Bloemfontein (dove qualche giorno prima avevamo iniziato le prove con l’Odeion String Quartet). Gli ultimi due concerti si sono svolti a Johannesburg – dove abbiamo debuttato per il Mozart Festival – e abbiamo festeggiato la fine del giro con il concerto a Pretoria.

Come hai appena ricordato, con te, nei teatri di questo “mondo alla fine del mondo”, c’era l’Odeion String Quartet di Bloemfontein. Li conoscevi già? Che tipo d’incontro e di collaborazione ci sono stati con loro? Avevano mai suonato prima in ensemble con una fisarmonica?

Avevo già sentito parlare di questi musicisti straordinari e quando ho richiesto un quartetto d’archi per la tournée e mi è stato fatto il loro nome ne sono stato davvero felice. L’Odeion String Quartet (Samson Diamon, primo violino; Sharon de Kock, secondo violino; Jeanne-Louise Moolman, viola, Anmari van der Westhuizen, violoncello) è un quartetto raffinato, potente ed equilibrato e sono orgoglioso di aver condiviso il palco con loro. Non è mai facile allinearsi musicalmente se non c’è una profonda corrispondenza umana, ma con loro è stata magia fin dal primo momento. Ora siamo diventati amici e ci siamo promessi che questo tour è solo un inizio.

Come avete preparato e provato a così tanta distanza?

Abbiamo iniziato a provare solo quando sono arrivato in Sudafrica, il 6 maggio scorso. Prima di partire per i concerti abbiamo avuto diversi giorni di prove nella loro città di residenza, Bloemfontein, e poi abbiamo iniziato il giro dei concerti condividendo viaggi, hotel, momenti di relax e, poi, il palco.

Il programma da eseguire è stata concordato con loro? Su quale repertorio è caduta la scelta?

Siamo partiti dalla mia idea – subito accolta dal quartetto e dagli organizzatori – di voler rappresentare una parte importante della cultura musicale italiana: Le Quattro Stagioni di Antonio Vivaldi in un mio inedito arrangiamento per fisarmonica e quartetto d’archi. Attorno a questo abbiamo poi cucito degli omaggi a Piazzolla (nell’occasione del trentennio della sua morte) e alcune delle mie composizioni. È stata una buona scelta, credo, perché il pubblico ha adorato, in modo particolare, il suono fresco de Le Quattro Stagioni evocato dalla fusione delle corde e delle ance.

Prossime tournée?

Ora sto tornando a casa per preparare quattro prossimi concerti con la mia musica (saranno a Bagheria, Lione, Pistoia e Roma) e per continuare a lavorare a una commissione di un concerto per sassofono e orchestra d’archi ricevuta qualche mese fa. Tra gli ingaggi della seconda parte dell’anno c’è una lunga tournée in Turchia con le principali orchestre, Repubblica Ceca, Brasile (dove suonerò con l’Orquesta Sinfonica Brasileira il 24 e 25 settembre), Francia, ovviamente ancora Italia e, in via di definizione, diversi altri paesi, tra cui il Cile, dove spero sia confermato il mio concerto con l’Orquesta Sinfónica Nacional.

Progetti discografici?

Nelle prossime settimane io e il mio team saremo nuovamente al lavoro sul mio nuovo album di composizioni originali, che uscirà entro la fine dell’anno e di cui, spero, di potervi parlare nuovamente in questa graditissima rivista!

Non dubitare, siamo già pronti ad ascoltare il disco e a presentarlo su queste pagine.