Quando Sofija Gubajdulina incontrò la fisarmonica (6^ parte)

Varcare la soglia del sacro

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Il terzo “incontro ravvicinato” di Sofija Gubajdulina con la fisarmonica (il secondo per fisarmonica sola dopo De Profundis del 1978) avviene nel 1985 con Et Exspecto. È vero che In Croce è del 1979, ma questo brano è stato composto, originariamente, per violoncello e organo. Solamente nel 1992, le parti affidate all’organo vengono trascritte per il bayan di Elsbeth Moser: ne tratteremo in una delle prossime puntate di questo lungo articolo.

Il 1985, come abbiamo visto, è l’anno dell’ascesa al potere di Michail Gorbačëv. L’anno, insomma, per l’Unione Sovietica ma anche per il mondo intero – grazie alle sue formidabili ripercussioni politiche, culturali ed economiche – della glasnost e della perestrojka. “[…] Fu un fenomeno straordinario, perché mai nessuno prima aveva dichiarato ufficialmente che c’era bisogno di cambiare almeno qualcosa”, afferma Sofija Gubajdulina nell’intervista rilasciata a Enzo Restagno nel 1991. “Nella storia di questo Stato appariva una linea di confine tra il passato e una nuova epoca. […] molti si sono sentiti incoraggiati a realizzare le proprie possibilità creative. Solo allora fu possibile uscire dai confini geografici, statali e mentali; i contatti personali sono diventati più facili e abbiamo avuto la possibilità di sentirci parte del contesto mondiale”.

Et Exspecto è una sonata in cinque movimenti, composta, come De Profundis, per Fridrich Lips. Il titolo del pezzo è mutuato dai versi del Credo niceno:

Et exspécto resurrectiónem mortuórum,

et vitam ventúri sæculi.

Amen.

E aspetto la risurrezione dei morti

e la vita del mondo che verrà.

Amen.

Quando Sofija Gubajdulina incontrò la fisarmonicaLa componente sacrale è manifesta, ma, ciononostante, l’intenzione di Sofija Gubajdulina non è, esclusivamente, quella di fare della “musica a programma”. Quando incontra di nuovo Lips, osservando il bayan gli dice: “Sai perché amo così tanto questo mostro? Perché respira”. E l’opera nasce proprio da questa prerogativa della fisarmonica, che la compositrice apprezza così tanto: sono, infatti, i ritmi di respirazione e le alterazioni di questi a formare la struttura dell’opera. Per l’intera durata del brano (circa 18 minuti), l’esecutore è indotto a indagare le molteplici risorse tecniche ed effetti (compresi alcuni percussivi) della fisarmonica: valvola di rilascio dell’aria, passaggi veloci, tremoli, cluster in movimento e statici, cluster con effetto vibrato, ecc.

Gubajdulina ha utilizzato i numeri della serie di Fibonacci come principio costruttivo primario per questo pezzo, ispirandosi all’applicazione della Sezione Aurea da parte di Béla Bartók (vedi la terza parte di questo articolo). Anche questa scelta è correlata alle “capacità respiratorie” della fisarmonica: “La serie di Fibonacci si applica […] al sistema ‘del mondo’, in una parola a quella natura che viene violata dall’artificio del sistema temperato” – sostiene Gubajdulina nell’intervista a cura di Enzo Restagno. “L’uso della serie di Fibonacci nel sistema ritmico mi sembra invece giusto e naturale perché il ritmo è legato alla naturalità del nostro respiro […]”.

Il primo movimento inizia con dei cluster in pianissimo con una dinamica che imita la respirazione, annunciando il “principio di tutto”, l’esplosione della vita, la nascita. Il ritmo e le dinamiche di respirazione mutano costantemente durante la composizione, lasciando percepire che la fisarmonica sia animata da un soffio vitale. Alla fine ci sono una serie di ricochet seguiti, prevalentemente, da un effetto vibrato dopo il quale viene, attraverso i cambiamenti di registro, un glissando che introduce il secondo movimento.

Il secondo movimento presenta una preghiera.

Il terzo movimento porta una nuova atmosfera, conseguenza di un tempo più veloce (presto), dell’uso di sedicesimi e di bruschi cambi di mantice. È un movimento molto drammatico, che immette l’ascoltatore in un’atmosfera di crescente incerta sospensione fino al punto culminante in cui tutti gli effetti sono suonati in prestissimo e forte fortissimo. Il cluster nella mano sinistra risuona come l’urlo di una persona morente.

Il quarto movimento rappresenta la fine della vita: “gli accordi” – ha detto la fisarmonicista giapponese Mie Miki – “collegano cielo e terra nel miglior modo possibile”. In certi momenti, sono accordi tonali, mentre in altri sono cluster dissonanti. La forma ricorda i corali di Bach. Gli accordi continuano a svilupparsi fino alla parte culminante, costituita dall’alternanza di cluster della mano destra e della mano sinistra. Poi, gli ultimi “respiri” e la morte imminente.

Il quinto movimento simbolizza la Resurrezione. La mano sinistra e la mano destra suonano materiali completamente differenti: la destra porta avanti un passaggio che dura fino alla fine della composizione, la sinistra è ricca di cluster e fremiti.

Sia la linea melodica, sia i cluster si muovono verso un registro più basso, sempre più profondo, fino a scomparire. L’ultimo cluster e il sospiro della valvola di rilascio evocano la Resurrezione a lungo attesa. L’anima, finalmente, si placa, raggiungendo uno stato di pace (Nikola Peković).

 

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