Federico Bianchetti: …e se fosse passione?

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Federico BianchettiIn molti si domandano quali motivazioni possa avere un musicista che si destreggia nei sempre più sofisticati ambienti della musica da ballo se non una sana propensione all’autolesionismo o la chimera di un lauto riconoscimento economico o, forse, più semplicemente, la prospettiva di esibirsi anche in contesti poco meritocratici, ma che permettono comunque di mettere a frutto anni di studi e sacrifici. Altri, invece, pensano che tutto ciò che ruota attorno al folklore sia una congrega di esclusi della musica seria, quella che conta. Alcuni addirittura sostengono che gli strimpellatori del fine settimana non siano altro che un manipolo di dopolavoristi che sfruttano la situazione per sbarcare il lunario. Oddio, purtroppo, a volte, succede anche questo, ma non si può di certo “sparare sul pianista” quando il suo compito lo assolve degnamente e professionalmente senza il supporto di alchimie ipertecnologiche.
E se fosse passione? La mia disamina non vuole essere una provocazione per i tanti cultori di musica “seria”, che peraltro apprezzo tantissimo e considero fondamentale nel percorso formativo di un artista, ma la modesta opinione di un convinto sostenitore delle tradizioni che conduce una personalissima crociata contro i tanti denigratori del genere popolare. Detto ciò, tengo a sottolineare che adoro andare a teatro, che sono attratto da ogni vibrazione riconducibile ad un’espressione musicale e che combatterò tutti i maldicenti che giudicano senza conoscere, che snobbano senza sapere e ignorano che, anche in quest’ambiente, circolano musicisti dal talento cristallino. Di nomi ne ho fatti tanti nelle passate pubblicazioni, il più delle volte si è trattato di veterani che hanno fatto la storia della musica da ballo, ma c’è (fortunatamente) anche un nuovo che avanza e che fa parlare di sé.
In questa intervista parliamo con Federico Bianchetti, un musicista al quale l’appellativo di “strimpellatore” suona decisamente male in virtù del talento, della preparazione e della formazione acquisita. Inizia a studiare la fisarmonica, ancora adolescente, grazie al Maestro Leonida Forgini, allievo a sua volta del grande Luciano Fancelli, adottando quelle metodologie ancora in voga presso le scuole moderne soprattutto tra quelle iscritte al Nuovo Centro Didattico Musicale Italiano. Tanta tecnica, esercizi di base e studi classici, gli stessi che avrebbe voluto esercitare nel caso in cui la fisarmonica fosse stata presente nei vari conservatori; ma erano gli anni Ottanta e, di conseguenza, per dare un seguito a questa sua indomita verve artistica, si iscrive al corso di corno, armonia e storia della musica presso l’Istituto Braccialdi di Terni. Si diploma dopo otto anni, conciliando le lezioni in Conservatorio con il lavoro e con le attività della Banda Nazionale dei Vigili del Fuoco, alla quale ha prestato i suoi validi servigi. Poi, si avvicina al cosiddetto “liscio”, affascinato dai brani del vecchio Castellina e di Carlo Venturi, dando inizio, nel 1993, alle prime esecuzioni in pubblico. Nel 1998, viene convocato a Cesena per un provino: ci sarebbe un’eredità tanto affascinante quanto scomoda da acquisire; già, perché per uno sbarbatello, suonare nell’Orchestra Borghesi e avvicendare non tanto l’omonimo e compianto fondatore, ma anche alcuni suoi illustri, carismatici successori (Edmondo Comandini, tanto per citarne uno) non è roba da poco. Si sottopone a un primo provino con l’attuale chitarrista e capo orchestra Ezio Tozzi, interpretando alcuni classici da virtuoso poi, dopo una settimana di studio, si ripresenta per eseguire quattro brani scritti dal M° Borghesi. Le difficoltà tecniche insite nelle composizioni del celebre Vittorio sono assai note e, esibirsi dopo appena sette giorni con quattro pezzi studiati in un lasso di tempo così limitato e, per giunta eseguiti a memoria, rappresenta indiscutibilmente un valido biglietto da visita. Il 9 ottobre dello stesso anno, giorno del suo compleanno, esordisce con l’Orchestra Borghesi con la quale rimarrà per circa due anni, fino a quando sarà chiamato alle armi e, a malincuore, dovrà abbandonare la band cesenate. Oggi, Federico è il leader dell’Orchestra Balla Balla e ci spiega le sue sensazioni relative al contesto musicale attuale.

Al di là della notorietà e della soddisfazione personale, cosa lascia, quali sono i frutti della militanza in una formazione storica come quella di Vittorio Borghesi?

Sarei un ipocrita se dicessi che è stata un’esperienza normale. La musica da ballo, per i Romagnoli, è un fondamento, un credo, una religione e, esercitare la professione nel gruppo che forse più di altri simboleggia uno stile, una tradizione, è stato sicuramente un motivo di orgoglio. Poi, se sei intelligente e fai tesoro della saggezza dei “vecchi orchestrali” ti accorgi che anche questo stile, tanto discusso e poco considerato, può darti qualcosa di speciale. La musica non è esclusivamente un’interpretazione meccanica di un motivo più o meno difficile, bensì espressione personalizzata delle proprie capacità. Suonare dal vivo in un contesto come quello dell’Orchestra Borghesi vuol dire sperimentare continuamente soluzioni armoniche; inoltre, avere una base ritmica formata da musicisti veri (e bravi) e non da sequencer elettronici, ti permette di abbellire ogni singola esecuzione non solo grazie all’estro del solista di turno, ma anche grazie all’uso delle dinamiche di gruppo.

Federico BianchettiNon è sempre facile conciliare le esigenze del pubblico con il gusto personale. In base a quali criteri selezioni i brani da eseguire? C’è qualche artista che ha in parte influenzato il tuo modo di proporti, ispirando il tuo percorso artistico?

Senza scomodare i grandi del passato, c’è un fisarmonicista molto tecnico, veloce ed espressivo che apprezzo in maniera particolare ed è Walter Losi. Allo stesso tempo, mi ritengo un grande fan di Albertino che credo sia stato uno dei talenti più virtuosi dell’ultima generazione, sicuramente un punto di riferimento per tanti professionisti. La scelta del repertorio è chiaramente subordinata alle richieste del pubblico, anche se io ho sempre cercato un compromesso, un equilibrio tra ciò che piace alla gente e quello che mi gratifica personalmente. La fisarmonica è un po’ il cuore pulsante dell’orchestra, di sicuro lo strumento più suggestivo e apprezzato, almeno tra i ballerini del centro Italia e a me piace, di tanto in tanto, proporre brani dai contenuti tecnici più rilevanti. Va anche detto, però, che non bisogna esagerare perché la gran parte del “popolo delle sale da ballo” ha ormai in testa determinate sonorità e standard da cui proprio non si può prescindere.

Tu hai sempre suonato una “fisarmonica a piano”, ma in molti sostengono che per i musicisti molto tecnici e veloci come te la soluzione più congeniale sarebbe la “fisarmonica a bottoni”, ritenuta più agile in virtù della diversa disposizione delle note. Hai mai pensato di cambiare sistema?

Tornassi indietro, forte delle esperienze che ho maturato in tutti questi anni, probabilmente inizierei con una cromatica, ma, onestamente, non credo che la diversa disposizione della scala influisca sulla velocità d’esecuzione. Piuttosto, a mio modo di vedere, questa differenziazione sulla distribuzione delle ottave fa sì che si possa costruire una cassa armonica più bassa e schiacciata e questo determina una variazione della pressione sonora e, conseguentemente, del sound e delle sfumature dello strumento.

Quali sono, secondo il tuo punto di vista, le fisarmoniche più congeniali per la musica da ballo?

Domanda molto difficile… Non credo sia possibile stilare una classifica virtuale, andrebbe valutato a priori cosa si pretende da uno strumento, quali sonorità… Detto questo, tutti sappiamo che l’acquisto di un marchio italiano è sinonimo di garanzia e di grande qualità. La mia prima fisarmonica è stata un’Excelsior 950, poi sono passato a una Lucchini; ho anche avuto il prototipo di una Beltuna, presentata in seguito a Francoforte “in quinta e quinta” progettata per ridurre il peso e le dimensioni, ma ben 2,5 cm più stretta e 1,5 kg più leggera rispetto alla versione “in quarta”. A me piace smontarle (le fisarmoniche n.d.r.) e fare le piccole manutenzioni, come ad esempio cambiare una voce. Quello che cerco è un’accordatura particolare non troppo aperta, con i tremoli poco accentuati. In sostanza prediligo le voci più chiuse, tipiche del tango argentino, ma, chiaramente, suonando musica da ballo il musette molto accentuato è d’obbligo!

Una problematica che assilla molti fisarmonicisti è quella della microfonazione. Tu che sistemi usi?

Premesso che una resa acustica ottimale è determinata da una serie di fattori come la qualità dei diffusori, del mixer, dalla sonorità dell’ambiente in cui ci si esibisce e, non ultimo, dalla capacità di equalizzare lo strumento. Se ti riferisci ai microfoni, io utilizzo 2 AKG C 516 ML specifici per fisarmonica applicati sulla mascherina e opportunamente modificati per non sacrificare il traforo della stessa. Il suono che voglio ottenere è il più naturale possibile, del resto non avrebbe senso pretendere accorgimenti particolari, timbriche personalizzate se poi si guasta il tutto con una non corretta amplificazione.

Chiudiamo in bellezza. Quanti ti hanno detto… “Ma chi te lo fa fare? Uno bravo come te che si riduce a suonare “il liscio”!!!”

In tantissimi e tra gli altri anche il mio docente di Conservatorio, ma a me piace e onestamente non do alcun peso al giudizio dei detrattori; detto tra noi… non me ne frega niente!