Osvaldo Fresedo: da bandoneonista a direttore
Un grande innovatore del tango
Quando si parla di Osvaldo Fresedo si parla di un gigante del tango. Il buon Dio gli ha concesso una lunga vita (5 maggio 1897 – 18 novembre 1984) e questo immenso musicista l’ha interamente dedicata al tango, al vero tango rioplatense. Basti pensare ai suoi oltre settant’anni di attività musicale e ai sessantatré dedicati alle incisioni discografiche con oltre milleduecentocinquanta brani registrati. Se scorressimo l’album fotografico dell’intero arco della sua vita, ci accorgeremmo subito come nella giovinezza Fresedo venisse sempre immortalato con il bandoneón tra le braccia, mentre col passare degli anni (e quindi con il crescere della sua fama internazionale) lo si ritrovasse nell’atto di dirigere un’orchestra o, semplicemente, con il suo volto sorridente, ormai riconosciuto come una vera star.
Del suo rapporto con il bandoneón non si hanno molte notizie. La sua famiglia era inizialmente benestante, ma quando Osvaldo aveva dieci anni si trovò costretta a spostarsi in un quartiere più modesto della capitale: La Paternal. Qui conobbe il tango e il bandoneón ascoltando un concerto di un trio composto dal grande violinista Francisco Canaro, dal chitarrista Domingo Salerno e dal bandoneonista Augusto Berto. La sua prima composizione divenuta celebre viene datata all’incirca al 1914: si tratta del tango El espiante (Il rifiutato), composto, quindi, all’età di diciassette anni.
Nel 1920, Fresedo si reca negli Stati Uniti dove effettua le sue prime incisioni al bandoneón come componente di un quartetto (in cui erano presenti anche il violinista Tito Roccatagliata e Enrique Pedro Delfino al pianoforte). Rientra poco dopo a Buenos Aires ed è nella sua terra natìa che vive gli anni Venti «da urlo», con una crescita professionale a dir poco impressionante. Il dato più importante è nel suo essere uno dei protagonisti che traghettano il tango dalla Guardia Vieja alla Guardia Nueva. Assieme a Juan Carlos Cobián e Julio De Caro, Fresedo è il protagonista di una svolta del tango in direzione dell’eleganza e della raffinatezza. Questo passaggio è fondamentale per una totale accettazione del tango tra le classi facoltose e per lo sviluppo della discografia tanghistica con una diffusione a livello internazionale. Fresedo ha una visione assolutamente orchestrale del genere tango. Gli archi sono in prima fila (e non i bandoneónes), le percussioni sono sempre molto «addomesticate», il vibrafono fa da collante alle varie sezioni dell’orchestra e, infine, è presente anche l’arpa che dà un tocco romantico. È la melodia a lambire l’animo dell’ascoltatore, è l’insieme orchestrale, non ci sono grandi spazi per gli assoli o per i virtuosismi, lo stile è sempre molto pulito e morbido.
In questo periodo, Fresedo compone molto e la sua popolarità arriva alle stelle: tra il 1925 e il 1928, per l’etichetta Odeon incide oltre seicento brani; nello stesso periodo, per soddisfare le copiose richieste di concerti, crea e gestisce quattro orchestre, che si esibiscono contemporaneamente in diversi locali della città, mentre lui si sposta velocemente in auto per essere presente dappertutto.
Gli anni Trenta lo vedono sempre sulla cresta dell’onda, a capo di un’orchestra più grande e con il noto cantante Roberto Ray (certamente la voce più prestigiosa che ha avuto al suo fianco). Viaggia a Parigi e a New York e passa a collaborare con l’etichetta RCA Victor. Un aneddoto molto particolare lo vede in questi anni come Presidente dell’Associazione argentina per autori e compositori, che, all’epoca, era in contrapposizione con El Círculo de Autores y Compositores de Música (il cui Presidente era Francisco Canaro). Nel 1936, i due decidono di porre fine a questo insensato contrasto fondendo le due realtà e facendo nascere la SADAIC (che esiste ancora oggi).
Negli anni Quaranta, Fresedo ha difficoltà a tenere il passo con le orchestre di Aníbal Troilo, Miguel Calò, Osvaldo Pugliese, Alfredo De Angelis, Ricardo Tanturi. Avverte il rischio di snaturare il proprio stile, di perdere la propria identità musicale e il livello di qualità che gli era unanimemente riconosciuto. D’altronde, sia Miguel Calò che Carlos Di Sarli avevano espresso ammirazione per il suo stile, e Osmar Héctor Maderna e Lucio Demare lo indicavano come un vero e proprio riferimento artistico. Per questo Fresedo, in fin dei conti, non fa altro che cercare di tenere il «timone a dritta», non disdegnando di mettere in repertorio e incidere tanghi «più al passo con i tempi».
Nei primi anni Cinquanta, con la sua orchestra incide anche i tanghi composti dal giovane «rivoluzionario» Astor Piazzolla: Para lucirse (1950), Prepárense e Tanguango (1951), Contratiempo e Fugitiva (1952), Triunfal (1953). In questi stessi anni passa a collaborare con l’etichetta Columbia, lavora con i cantanti Héctor Pacheco e Armando Garrido e in una straordinaria occasione registra live quattro brani (Vida Mía, Adiós Muchachos, Preludio n. 3, Capricho de Amor) con Dizzy Gillespie. Fresedo sapeva contornarsi di collaboratori validi (pensiamo al pianista Emilio Barbato, ai bandoneonisti Roberto Pérez Prechi e Roberto Pansera) e ha lasciato anche un buon numero di sue composizioni. Oltre al già citato El Espiante, si possono menzionare il melodioso Vida mia, gli altrettanto noti Pimienta, Arrabalero, Tango Mio, El Once e i bellissimi Aromas, Volveràs, Sollozos, Siempre es Carnaval, Ronda de Ases, De Academia, ¿Por qué? e Si de mi te has olvidado.