“Ma oggi, prego, facce nuove vengan qui da ogni dove. Non c’è alcuna recinzione, tutto è contaminazione in questo villaggio”.
Bienvenido en la reserva
Benvenuti nella riserva. Era il 2005 e il collettivo capitanato da Fabrizio “Pachamama” Russo così si presentava al mondo: struttura folk e indiavolati ritmi balcanici, melodie rock e retrogusto world, chitarre elettriche, fisarmoniche e aerofoni etnici. Spiega Fabrizio: “Letteralmente e storicamente il nostro nome deriva da Molise, Oriente, Africa, Cuba, sono queste le influenze principali, musicali e culturali, che ci hanno ispirato. Ma in fin dei conti, Riserva MOAC può significare qualsiasi posto del mondo: è il senso della musica che avvicina tutti i popoli creando qualcosa di effettivamente unitario e solidale”. Una storia che dura da quindici anni, piena di contaminazioni, parole coraggiose e vita on the road.
Come è nato il vostro progetto?
Credo siano ormai diciotto anni, sin dall’estate 2003, quando fummo battezzati sullo PsychoStage di Arezzo Wave. Da lì in poi, un bel po’ di giri e storie. Siamo nati come antidoto e reazione positiva alla noia della vita di provincia, eravamo giovani di un piccolo paese alle pendici del Matese che hanno deciso di musicare la propria idea di rivincita ideale.
E quanto pesa la tradizione della vostra terra d’origine, il Molise, appunto?
Molise, croce e delizia, ma sicuramente gli siam debitori di suoni e colori, di saperi e sapori, di natura e di verde. Tutte cose che entrano di peso nelle nostre canzoni.
Definite il vostro un “mood glocal” e in effetti ciò che colpisce è il mix di strumenti tradizionali e attitudine… etnopunk, se mi passate il termine. Mi raccontate questa alchimia?
Etnopunk è figo! Siamo figli della patchanka, della musica rebelde, del rock “che dice” e che prende posizione. Siamo dell’idea che si possa riflettere e prendersi le proprie responsabilità verso il proprio tempo anche divertendosi e soprattutto facendolo insieme. Proviamo ad essere costruttori (anche nella vita di tutti i giorni, perché la musica non è finzione) di collettività aperte, di spazi interattivi, naturali, multietnici e liberamente culturali. Vorremmo non perder mai la curiosità. Tutto questo entra in musica, e necessariamente diversifica ogni album dall’altro, ogni brano dall’altro. Come le gelée alla frutta, ché le devi assaggiare tutte anche solo per gola: qualcuna piace di più, qualcuna di meno, ma alla fine hai la bocca tutta colorata. Diciamo che è l’alchimia delle diversità!
Tra le vostre molte collaborazioni c’è stata anche quella con Erriquez, frontman della Bandabardò recentemente scomparso…
Mentre ragiono su queste risposte, ascolto un loro live del 2006 a RockTv. La voce di Erriquez in sottofondo. “Stanotte sogni di ultimi abbracci con lui, una festa di commiato, ho conosciuto una ragazza di nome Teresa, io e lei ci consolavamo a vicenda… e tutti avevamo occhi lucidi come per chi deve partire e bisogna dirsi addio. I sogni…”. Insomma, confesso di essere stravolto dalla notizia, Erriquez e la Banda sono stati un punto fermo anche per noi della Riserva. La bellezza di una musica viva, politica nel senso alto, attenta ed esperienziale. Una musica che purtroppo sta scomparendo. Insieme a una nuova generazione che, crescendo, spesso si rassegna…
In mezzo agli altri cento, ci resta il ricordo di Jackpot [brano del 2013, ndr]. Immediatamente disse che sì, avrebbe cantato e inciso la sua voce, perché il messaggio contro il gioco d’azzardo era interessante e importante. Credo registrò alcuni take in una pausa pranzo, scusandosi addirittura per aver dovuto incastrare la cosa tra altri impegni musicali. Un gigante umile, l’esempio vivente di una musica e un modo di essere che dovrebbe tornare ad agitare le piazze e i cuori. Manca e mancherà parecchio in questo mondo sempre più finto e artificiale.
L’ultimo vostro album, Tintilia Gran Riserva, lo definite un concept album sulla questione ambientale, “la sfida più importante del terzo millennio”. Com’è nata l’idea?
Stiamo consumando un pianeta che abbiamo solo in prestito. Siamo talmente accecati da “potere, denaro, cemento, benzina” (appunto per citare Erriquez) che abbiamo perso il senso vero delle cose. La cosa buffa è che il pianeta se ne frega: noi abbiamo bisogno di lui, non il contrario, lui ci sopravviverà comunque. Fondamentalmente siamo dei cretini, avviati verso il suicidio del genere umano… Poi ci sono il verde, l’acqua gelida e le montagne. Li abbiamo quotidianamente davanti agli occhi, ma avevamo cominciato a dar tutto per scontato: Tintilia Gran Riserva è nato così, come un’esigenza di autoeducazione, di protezione e di futuro.
C’è anche un che di magico nella forza salvifica della natura e della musica che raccontate nel disco, un’energia che conforta in questo periodo di scoramento diffuso…
È evidente che la nostra salvezza può solo essere nella Natura (e qui qualche prete non gradirà)! Dobbiamo però abbandonare la presunzione di esserle al di sopra, di volerla dominare. E soprattutto smettere di consumarla e stuprarla per soddisfare le nostre futili vanità.
Come vive questo periodo di pandemia un ensemble come il vostro che ha sempre avuto una fortissima attività live? Come pensate che il settore musicale (che è completamente assente dal dibattito pubblico) possa e debba reagire alle difficoltà di questo periodo storico imprevedibile e unico?
L’astinenza da palco è un vero dramma, si potrebbe impazzire. La musica è soprattutto viaggio, incontro, scambio, partecipazione collettiva. Soffriamo molto, lo confesso. Senza voler sminuire i mille drammi che tutte le categorie stanno vivendo, sembra che i lavoratori dello spettacolo siano lasciati alla deriva. A dir la verità, lo erano già nell’era prepandemica, relegati a un orizzonte poco chiaro e poco tutelato. Finché i media dipingeranno il musicista come un “qualcosa” a metà tra un semplice intrattenitore e il concorrente di Amici o di un talent, non ci sarà spazio per una seria rivalutazione del settore. Forse anche per questo, la perdita di Erriquez oggi si fa ancor più sentire… Nel futuro l’underground dovrebbe invadere gli spazi della quotidianità, gli orari della quotidianità; potrebbe mescolarsi alla gente, in modi e prossimità nuove. Sogno strade-concerto, mercati-concerto, parchi-concerto… Credo che, dopo tanta distanza, sarebbe un bell’incontro motivazionale!
DISCOGRAFIA
Bienvenido (Ultimo Piano Records – Edel, 2005)
La musica dei popoli (OTR – Universal, 2009)
Babilonia (Galileo Music, 2015)
Tintilia Gran Riserva (Escudero Records, 2019)
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