Fisarmonica tra storia e futuro. Intervista ad Alessandro Mugnoz

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Alessandro MugnozAlessandro Mugnoz ha conseguito i Diplomi di Musica corale e direzione di coro (Conservatorio “Martini” di Bologna) e di Fisarmonica (Conservatorio “Rossini” di Pesaro).

Fin dai primi anni ’80 ha svolto attività concertistica, come fisarmonicista solista e in gruppi cameristici: monostrumentali (in particolare: I. fisarm. del Quartetto “A.Volpi”) e poi con altri strumenti: archi, clarinetto, pianoforte.
 Ha realizzato diverse opere didattiche e lavori per strumento solista e per vari complessi.

È attivo nel settore della “Musica elettronica” (in particolare Midi music), abbinando e integrando i timbri acustici dell’ancia fisarmonicistica con nuove sonorità elettroniche, in una continua ricerca e sperimentazione su diverse manipolazioni (e “suggestioni”) del suono.
 Negli ultimi anni si sta dedicando al repertorio cameristico per fisarmonica e strumenti affini (ad ancia libera) del sec. XIX, riscoprendo opere di autori noti e meno noti, curandone la revisione e proponendone l’esecuzione in concerto (soprattutto in duo con la pianista Claudia Menghi).

Recentemente ha scritto (con il padre Edgardo) un innovativo “Metodo di base” per fisarmonica diatonica”, pubblicato dalle edizioni Ars Spoletum.

È Presidente dell’associazione Nuovo CDMI (Centro Didattico Musicale Italiano).

Parliamo dei tuoi inizi. Quando hai cominciato a studiare la fisarmonica e perché.

I miei primi approcci con la musica risalgono alla fine degli anni ’60; verso i 6-7 anni ebbi in dono una piccola fisarmonica, che in realtà all’inizio non mi entusiasmò troppo – ricordo che all’epoca suonavo anche la “clavietta” e le prime “pianole elettriche”; poi col tempo la fisarmonica mi appassionò sempre più… Il perché di questo strumento è presto detto: mio padre era (ed è tuttora) un fisarmonicista-insegnante, oltre che scultore; egli è stato il mio primo Maestro e devo a lui se poi la Musica è divenuta la mia professione.

Qual è il progetto al quale ti stai dedicando in questo momento?

Attualmente, oltre a proseguire con impegno l’attività didattica, sto curando un progetto a cui tengo molto: la realizzazione di un libro intitolato “I precursori della fisarmonica contemporanea. Un repertorio da riscoprire”. Tale opera, patrocinata dall’associazione Nuovo C.D.M.I. e finanziata dal Comune di Castelfidardo (per il 150° dell’industria italiana della fisarm.), uscirà nei prossimi mesi e credo che potrà rappresentare un primo passo significativo volto a colmare un vuoto nella trattatistica dello strumento. Inoltre, parallelamente, sto organizzando Seminari e Workshop, sempre inerenti l’argomento “antenati ottocenteschi dell’attuale fisarmonica”; abbiamo già iniziato, a settembre, con un riuscito seminario – tenuto assieme al collega C. Rojac – svoltosi a Castelfidardo. Prossimamente, a marzo, terrò invece un altro seminario presso il conservatorio “Rossini” di Pesaro.

Sul piano culturale, la fisarmonica è diversa dagli altri strumenti. È allo stesso tempo uno strumento colto e popolare, di nicchia e molto diffuso, antico e moderno. Quali considerazioni possiamo fare su questi aspetti.

La domanda è molto pertinente e direi “stimolante”… In effetti tutto nasce dal fatto che si dovrebbe parlare di “fisarmoniche” (al plurale); non soltanto per la notevole varietà di modelli, ma anche e soprattutto per la relativa pluralità di impieghi, ovvero di generi musicali e repertori che coinvolgono tali strumenti. Un po’ come per la chitarra (e forse ancor di più) possiamo considerare il termine “fisarmonica” come un cognome, indicativo di una “famiglia”… poi è il nome proprio a definire la persona, sia egli un genitore, un fratello o altro famigliare. Per cui sarà sempre necessario indicare entrambe le parole (cognome e nome) per specificare lo strumento a cui ci riferiamo, unitamente (spesso) al repertorio di riferimento. Ad esempio si parla di “fisarmonica diatonica” oppure di “fis. cromatica”, di “fis. a piano” o “a bottoni”, ma anche di “fis. elettronica” (o digitale) e di “fis. a bassi sciolti”… Sovente poi si è costretti ad aggiungere un ulteriore termine o indicazione per specificare meglio il tipo di strumento; per cui si può parlare di fis. a bassi sciolti “per terze minori” oppure “per quinte”, di fis. a bottoni “C-griff” o “B-griff” (a seconda della disposizione delle note), e con ciò ci si ricollega a determinate zone geografiche o nazioni. Per non parlare poi, ancora come esempio, di fis. diatonica “sistema irlandese”, oppure “tex-mex” o “melodeon”… indicativi di altrettanti generi musicali.

In ogni caso possiamo affermare che anche considerando solamente la cosiddetta “fisarmonica classica” (ovvero munita di “convertitore”, MII – MIII) – che, a mio parere, assomma in sé le caratteristiche principali di vari modelli sopra citati – si tratta di uno strumento molto versatile; obbiettivamente uno dei più completi, fra gli strumenti acustici, in grado perciò di approcciare in pratica qualsiasi repertorio, da quelli di musica antica ai più disparati della musica contemporanea… Probabilmente questo “eclettismo” è favorito anche dalla relativa “giovinezza” dello strumento unitonico, che si ritrova un po’ a stare “sulle spalle di giganti” (come l’organo o il pianoforte), quindi ad assumere una certa “spregiudicatezza” che permette poi di muoversi con disinvoltura in varie situazioni musicali, anche per il fatto di non poter possedere (ancora) un grande repertorio proprio…

La complessità e le articolazioni della fisarmonica richiedono una ricerca anche nella didattica, cioè l’elaborazione di metodi dinamici e innovativi?

Anche questa è una bella domanda che, per vari aspetti, si lega alla precedente. Essendo la fisarmonica (almeno quelle “cromatiche” o unitoniche) relativamente giovane, decisamente versatile e strumento completo dal punto di vista tecnico e organologico… queste caratteristiche dovrebbero stimolare una buona dose di consapevolezza, e direi “responsabilità”, da parte di tutti gli operatori del mondo fisarmonicistico. A cominciare dai costruttori, che non dovrebbero accontentarsi dei buoni risultati già raggiunti, ma ricercare con impegno per migliorare acusticamente i loro strumenti; poi naturalmente gli insegnanti, i quali ugualmente non dovrebbero accontentarsi del materiale didattico già esistente – anche se in parte piuttosto valido – ma, senza rinnegare il passato, lavorare per nuove proposte pedagogiche che siano al passo coi tempi, ossia con l’evoluzione stilistica di generi musicali anche alternativi, senza concentrarsi troppo o “fossilizzarsi” esclusivamente su un solo ambito (sia esso “classico” o “popolare”)! Questo soprattutto per ciò che riguarda gli anni di formazione dello studente.

Nello specifico ricordo che, assieme a mio padre (Edgardo), ho pubblicato nel 2010 un “Metodo di base per fisarmonica diatonica” – per le edizioni Ars Spoletium – che va nella direzione di cui sopra. Inoltre, con i colleghi del Nuovo C.D.M.I. ed in qualità di Presidente dell’associazione, ho collaborato attivamente all’elaborazione e/o all’aggiornamento di vari programmi didattici, tra cui quello per “fisarmonica (bassi standard)” e per “fisarmonica diatonica”. Sono in fase di progettazione quelli per “fisarmonica varieté” e per “fisarmonica a bassi sciolti”.

Puoi parlarci del tuo interesse per il repertorio cameristico per fisarmonica del XIX sec.?

Ricollegandomi un po’ alla seconda risposta, il mio interesse per il repertorio ottocentesco risale a circa 15 anni fa, quando iniziai una ricerca relativa agli strumenti precursori dell’attuale fisarmonica “classica”: physharmonica, accordeon diatonico, concertina, bandoneon, harmonium, harmoniflute, ecc. Ritengo che la “memoria storica” rappresenti un valore fondamentale per la nostra identità musicale, ma prima ancora culturale e direi, più in generale, sociale. Un valore quindi da trasmettere, con determinazione, alle nuove generazioni, come uno dei capisaldi dell’azione didattica e non solo (unitamente al parallelo aspetto innovativo di cui sopra). Insomma occorre sapere (bene) chi siamo per sapere poi dove andare… Quindi esiste tutto un repertorio che, dalla fine del “classicismo”, percorre tutto il “romanticismo” ed il “tardo romanticismo”, ricollegandosi perfettamente con la prima produzione fisarmonicistica di inizio Novecento. Queste musiche ottocentesche, di autori anche prestigiosi, indubbiamente possono arricchire il repertorio didattico, cameristico e concertistico del fisarmonicista contemporaneo… si tratta solo di “cercarle”, magari revisionarle per gli strumenti attuali, e farle rivivere poi nelle tante occasioni musicali oggi possibili.

Parlaci della tua esperienza nel settore della musica elettronica.

Le mie prime esperienze nella musica elettronica risalgono agli ultimi anni ’70… quando affiancai allo studio della fisarmonica quello dell’organo elettronico, all’epoca piuttosto impiegato, anche didatticamente (Scuole Yamaha, C.D.M.I., ecc.). Successivamente iniziai ad interessarmi anche di sintetizzatori e di MIDI, implementando poi l’elettronica su una mia fisarmonica, unendo per così dire le mie due passioni musicali. Con tale strumento sperimentai varie e interessanti situazioni, facendo dialogare – e anche amalgamandoli – i timbri acustici dell’ancia libera con quelli, multicolore e innovativi, offerti dall’elettronica. In seguito cominciai ad interessarmi sempre più alla “computer music”, probabilmente fui uno dei primi musicisti nella mia regione (le Marche) ad acquistare un “Atari ST”, realizzando poi diversi arrangiamenti, sia per la didattica e sia nel settore della musica leggera e jazz. Negli ultimi anni ho un po’ lasciato tali attività per dedicarmi ai progetti accennati precedentemente.