Identità jazzistica della fisarmonica. Intervista a Renzo Ruggieri

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Renzo RuggeriRenzo Ruggieri ha suonato in tutto il mondo. Attualmente si occupa di Italian Jazz con progetti che vanno dal solo, duo, combo alla Renzo Ruggieri Orchestra. Ha realizzato importanti produzioni e musiche per teatro, collaborando anche con il Teatro dell’Opera di Roma e con Antonella Ruggiero, che ha accompagnato al Festival di Sanremo nel 2007. È stato il primo fisarmonicista a realizzare CD completamente improvvisati con la sua seconda anima, il Solo Accordion Project. Nel 2009 gli viene conferito dal Festival Internazionale di Castelfidardo il premio la Voce D’oro, già assegnato a Gorni Kramer, Richard Galliano, Astor Piazzolla e Art Van Damme. Nel 2013 riceve il Silver Disk dalla prestigiosa Gnessin Akademy di Mosca. Ha collaborato con: Fabrizio Bosso, Sergio Caputo, Franco Cerri, Fabio Concato, Paolo Damiani, Tullio De Piscopo, Piera Degli Esposti, Paolo Di Sabatino, Roberto Gatto, Tonino Guerra, Monica Guerritore, Massimo Manzi, Gabriele Mirabassi, Ron, Morgan, Massimo Moriconi, Gino Paoli, Lino Patruno, Nicola Piovani, Enrico Rava, Danilo Rea, David Riondino, Art Van Damme, Ernesto Vitolo.

Quando hai iniziato e come è cambiata negli anni l’immagine del tuo strumento nell’immaginario collettivo?

Ho iniziato ascoltando mio cugino suonare musica popolare, avevo 10 anni. Allora il ballo era molto in voga e i fisarmonicisti erano protagonisti assoluti. Da fan accanito del M° Peppino Principe, ne imitavo stile, variazioni e soprattutto quel suo tipico modo di suonare con swing. Il jazz per me è stata una inevitabile conseguenza. Oggi la fisarmonica ha avuto un’accelerazione straordinaria dovuta alla diffusione dei sistemi con bassi sciolti (e relativa letteratura) che hanno sdoganato lo strumento dalla bassa qualità; e anche grazie ad Astor Piazzolla – e al suo discepolo Richard Galliano – che hanno contribuito alla diffusione di massa in ambiti meno accademici. Complice la globalizzazione, e un ritorno d’interesse per le culture autoctone, oggi un fisarmonicista riesce a suonare nei festival jazz, in quelli di world music e anche nei teatri più prestigiosi.

A differenza di quello che forse si pensa (o si pensava) la fisarmonica è uno strumento molto versatile e ricco di soluzioni melodiche, armoniche, ritmiche. Ci sono dei repertori che non si addicono a questo strumento?

La fisarmonica è uno strumento dalla timbrica estrema. I contrasti e le molteplici sonorità permettono a essa di esprimersi al meglio nel “solo” e nelle piccole formazioni. Parlare di musica inadatta mi sembra ‘forte’ come termine. Direi che essendo un timbro molto ricco a volte alcuni arrangiatori si ostinano a utilizzarla ovunque e con tutta la sua potenza sonora, con risultati discutibili. Ricordo che nel Pop, ho impiegato una stagione intera per trovare le timbriche adeguate; utilizzavo frasi e armonie misurate, registri sobri a voci singole e sempre elaborando il tutto con elettronica per meglio amalgamarmi con la band. Ritengo quindi la fisarmonica possa essere utilizzata ovunque a patto che non aspiri a essere protagonista ad ogni costo.

Il jazz in Italia è un’avanguardia di nicchia, legato alle influenze extra-europee, oppure ha una sua autonomia ed è apprezzato da un pubblico trasversale?

Il jazz rimane essenzialmente afro-americano fino agli anni ’60. Allora, con il Free Jazz, inizia un percorso inverso che ha visto questa musica influenzare tutte le altre culture, dal Rock all’Etnico. E proprio in quest’ultimo che il fenomeno Richard Galliano è esploso. Vede nulla è casuale. Richard è stato l’uomo giusto al momento giusto. Fino ad allora, tranne fenomeni più che altro personali, (Art VanDamme, Frank Marocco, etc.) non si poteva parlare di una identità jazzistica della fisarmonica. I pregiudizi oggi sono finiti, il pubblico fischia o applaude in base a ciò che ascolta e non allo strumento che vede.

Come sono accolti i tuoi progetti più sperimentali, come ad esempio la free improvisation per fisarmonica?

Bella domanda. Quando pubblico un CD di improvvisazione libera la critica mi è sempre favorevole. Per ognuno dei CD pubblicati (Improvvisazioni guidate, Storie di fisarmonica vissuta) sono sempre stato contattato da critici, diventati poi amici. Per il live invece faccio fatica a proporre concerti. Queste cose hanno una storia propria, un circuito d’uso ben definito. Amo l’improvvisazione libera che rappresenta una parte di me ma non è l’unica. So di aver bisogno di continui e nuovi stimoli, non riesco a chiudermi in un’unica direzione. I CD registrati hanno sempre una copertina girata in modo si apra in stile blocco-notes, ovvero momenti in cui prendo appunti dalla mia creatività. Sto decidendo proprio in questi giorni se pubblicare un nuovo cd entro l’anno, con performance live e nuove improvvisazioni.

L’utilizzo di tecnologie elettroniche e anche di supporti multimediali nei tuoi spettacoli ha trovato un riscontro positivo sia in Italia che all’estero?

Io amo l’elettronica che non simuli il reale (un “bel suono di piano simulato” per me è inaccettabile artisticamente) e per questo mi muovo sempre alla ricerca di sonorità originali o che, muovendo dall’acustico, siano rielaborate elettronicamente. In questa ottica ho pubblicato il primo CD al mondo interamente improvvisato per fisarmonica nel 1998 con l’utilizzo di ambienti sonori digitali estremi e il primo CD per fisarmonica con multieffetti elettronici e looper nel 2000. Il pubblico apprezza e a quanto pare anche molti artisti oggi iniziano ad avvicinare queste tecniche.

La convergenza, soprattutto nella dimensione live, di più linguaggi (orchestra, teatro), complica il messaggio o lo rende più riconoscibile?

Purtroppo sì. L’attuale velocità delle cose necessita di messaggi semplici, forti e chiari. Un artista deve trovare la propria formula espressiva e, per questo, necessita di test, purtroppo lenti a maturare (almeno nel mio caso). Ad esempio ho scritto molte musiche di scena ma ho deciso che non sarebbe stata la mia strada proprio durante le performance più altisonanti (Teatro dell’Opera di Roma, Teatro Greco-Romano di Taormina). Lì compresi che in questi ambienti la musica fosse al secondo posto… fatto per me inaccettabile.

Puoi parlarci del progetto “Canto di Natale”?

In merito a quanto appena detto, Canto di Natale fa parte di una formula che chiamo “Racconto musicale con testo a commento”. Chiaro no? Si tratta essenzialmente di un concerto di musica (composta, arrangiata e con improvvisazioni) con una storia recitata che entra ogni tanto all’interno del mondo musicale. Una sorta di “Pierino e il Lupo” ma con la musica jazz e con una storia non rivolta soltanto a bimbi. Di base il racconto (secondo le mie intenzioni originarie) viene esposto a canovaccio e le melodie sono in stile jazzistico e quindi molto aperte alle modifiche. Al momento ne ho scritto due, l’altra si chiama Opera? ed è una complessa operazione con orchestra moderna, attore e fisarmonica solista. Canto di Natale ha un testo espressamente ridotto e adattato dallo scrittore Clio Pizzingrilli, mentre le musiche sono scritte in stile jazzistico (melodie con accordi) in modo possano essere realizzate da qualsiasi formazione. Io stesso l’ho eseguita in quartetto, duo e in solo. Entro l’anno prevedo di finire il CD.

Puoi parlarci di “Inni italiani”?

Un CD del cuore, dedicato al nostro piccolo grande paese; brani vecchi e nuovi, rivisitati in maniera molto fresca e spontanea. L’incontro con Paolo Di Sabatino ormai è consolidato; ci si conosce molto bene, ci rispettiamo e riusciamo a gioire l’uno dei successi dell’altro. Questo crea un clima favorevole e creativo che si trasmette in tutta la musica che facciamo. Ci siamo incontrati e abbiamo parlato di repertorio e arrangiamenti; poi abbiamo prenotato la sala e in un giorno, molto ispirato, abbiamo realizzato il CD. Siamo già stati in Russia, Bielorussia e Slovenia e sono in preparazione altri tour.

Ci sono nuovi progetti a cui ti stai dedicando in questo periodo?

Come già accennato vorrei registrare qualcosa di Free Improvisation prima dell’estate e il Canto di Natale in settembre. Ho iniziato le trattative per la produzione della seconda opera jazz che spero di portare a termine per il prossimo anno. C’è altro in pentola ma è presto per parlarne.