Il Jazz di Stefano Coppari: “pieno di regole ma anche tante libertà”

198

La prima chitarra la tocca da bambino e da quel momento non se ne separa più. Stefano Coppari, classe 1983, studia con Fabio Zeppetella e Ramberto Ciammarughi; diventa, giovanissimo, presidente e direttore didattico della Scuola Musicale Opus 1 insieme a Samuele Garofoli; si laurea in “Jazz“ con votazione 110/110 al Conservatorio “G. Rossini” di Pesaro sotto la guida del M° Bruno Tommaso. Nel 2010 inizia una collaborazione con il chitarrista Franco Cerri, suonando insieme in un concerto omaggio a Django Reinhardt presso il Teatro “Valeria Moriconi” di Jesi. Pubblica per Rai Trade/Videoradio Edizioni Musicali, il disco Antonangelo Giudice/Stefano Coppari Quartet “Escape” contenete composizioni proprie e del sassofonista. La sua attività concertistica lo porta a collaborare frequentemente con importanti musicisti del panorama jazzistico italiano Massimo Manzi, Ares Tavolazzi, Fabio Zeppetella, Samuele Garofoli, John B. Arnold, Massimo Morganti, Franco Cerri e molti altri. In questi anni Stefano Coppari partecipa a numerosi festival jazz scrive musica e svolge attività didattica, insegnando chitarra moderna e jazz.

1. Un musicista che ama il jazz. Un direttore didattico (presso la scuola musicale “Opus 1”) innamorato della musica, un insegnante moderno. Anni di studio e di ricerca all’attivo per il giovanissimo chitarrista marchigiano Stefano Coppari. Si ricorda quando ha preso in mano per la prima volta la chitarra e, a distanza di tempo, quali sono oggi le sue fonti di ispirazione maggiori?

Avevo 12 anni e mio padre una sera porta a casa una chitarra acustica… è stato amore a prima vista! Ricordo che ogni tanto andavo ad aprire la custodia per ammirarla poi ho cominciato a prendere le prime lezioni e a suonare con degli amici. Devo dire che mi è andata bene, amo questo strumento e più vado avanti maggiori sono le soddisfazioni che riesco a ottenere. Le mie fonti di ispirazione sono sempre state i musicisti che comunichino qualcosa di autentico e sincero, senza filtri, falsità o barriere di alcun tipo. Al di là del genere musicale la cosa fondamentale è comunicare e ci si riesce solo se si ha qualcosa da dire. L’ abilità tecnica e il virtuosismo possono aiutare in certi casi, ma da sole non servono a niente. Ci sono musicisti che riescono a raccontare una storia suonando solo una nota e altri che pur facendo mille note non dicono niente.

2. Stefano Coppari si è laureato in Jazz con il massimo dei voti presso il Conservatorio Rossini. Il jazz è stato il fenomeno musicale del ‘900 che nel corso del secolo si è trasformato evolvendosi in una gran varietà di forme, stili e sottogeneri. Per quali caratteristiche e ispirazioni lei ha deciso di avvicinarsi al Jazz?

All’ inizio mi sono sentito attratto dal jazz perché avevo bisogno di studiare la musica e lo strumento più approfonditamente. Questo linguaggio musicale, se lo vuoi studiare sul serio, ti obbliga a farlo. Poi ho scoperto l’improvvisazione, l’armonia e la possibilità di suonare lo stesso brano ogni volta in modo diverso… questa è ancora oggi una delle cose che mi affascinano maggiormente in questo linguaggio, pieno di regole ma anche di tante libertà. E’ vero il jazz negli anni si è trasformato moltissimo e continuerà a trasformarsi e ad alimentarsi di tutto quello che ci circonda. La musica si evolve in modo molto veloce, specialmente con i mezzi di comunicazione moderni. Classificare una musica come jazz, hip hop o rock diventa sempre più difficile. Nonostante questo però una parte del pubblico e anche alcuni musicisti (specialmente in Italia) sono ancora troppo timidi e intransigenti verso nuove contaminazioni ed esplorazioni. Questo a mio avviso rallenta molto lo sviluppo della musica, ed è un peccato.

3. Tra i progetti di Stefano Coppari c’è “Escape”. “Escape” è l’album di debutto del quartetto da lei guidato insieme al sassofonista Antonangelo Giudice. Questo lavoro è nato dall’importante collaborazione con il batterista americano John B. Arnold e il contrabbassista Amin Zarrinchang. Cosa rappresenta per lei l’album e qual è il messaggio che vuole venga recepito dal pubblico?

L’album è per me molto importante in quanto rappresenta la prima uscita discografica a mio nome. Il titolo ha diverse chiavi di lettura. Escape è evasione, un piacevole viaggio musicale ma è anche fuga da una certa omologazione culturale e dall’indifferenza che rischia di “sporcarci” e di influenzarci negativamente tutti i giorni.

4. Lei è un chitarrista, un compositore e un musicista. Quale tra queste è la professione che sente più vicina e alla quale le piace maggiormente essere associato?

Essere un chitarrista è la cosa a cui tengo di più, passo più tempo possibile a suonare e studiare. Con gli anni però ho apprezzato molto anche la composizione, mi piace scrivere musica originale e arrangiarla per gli altri strumenti, sento proprio la necessità di farlo.

5. Oggi lei è anche un insegnante. I suoi corsi di chitarra sono principalmente individuali, questa è una sua scelta? Pensa che sia fondamentale istaurare un rapporto proprio e personale con lo strumento al di là della tecnica?

Penso sia fondamentale. La tecnica come dicevo deve essere soltanto un mezzo. La cosa più importante è il suono, che è anche la cosa più difficile da ottenere. Quando si suona è come se si parlasse o si raccontasse una storia. La nostra voce, il modo in cui parliamo, i concetti che esprimiamo, ci rappresentano in tutto e per tutto, lo stesso vale quando tocchiamo il nostro strumento… è una cosa molto seria. Ogni grande musicista si riconosce dalle prime note che suona e non è un caso; è fondamentale curare questo aspetto.

6. Quali sono le maggiori difficoltà che deve affrontare un musicista dei tempi moderni?

Stiamo vivendo un periodo di grandi sacrifici e spesso l’arte è una delle prime cose a cui si rinuncia. I benefici della musica dal vivo non sono materialmente e immediatamente tangibili… probabilmente una maggiore presenza della musica nelle scuole dell’obbligo e una maggiore sensibilizzazione sull’importanza del fare e ascoltare musica migliorerebbe la condizione molto critica della musica odierna. Servirebbe anche una legislazione più agile per la musica dal vivo, in modo tale da mettere l’organizzatore del concerto e di conseguenza anche il musicista, in condizioni economicamente più favorevoli. Oggi un gestore di locale che fa musica dal vivo tra siae, enpals e cachet dei musicisti, si trova a sborsare cifre molto alte.

7. Abbiamo parlato del passato e del presente di Stefano Coppari; ora un occhio al futuro: cosa bolle in pentola? Dischi? Concerti? Collaborazioni?

Innanzitutto suonare il più possibile con il mio progetto “Escape”. Il periodo di crisi non aiuta in questo ma siamo ottimisti. Da alcuni mesi sto collaborando con la ditta “Liuteria Euphonia” di Castelfidardo per la progettazione di chitarre classiche. Ad aprile registrerò un disco con un ottetto capitanato dal contrabbassista marchigiano Gianludovico Carmenati. Ci saranno tanti grandi musicisti a condividere con me questa esperienza, tra cui Massimo Manzi, un punto di riferimento della batteria in Italia con cui è sempre un piacere collaborare.