Raccontarsi e descriversi nel segno della libertà comunicativa
L’espressività artistica del fisarmonicista Gabriel Ambrosone senza etichette stilistiche
Gabriel Ambrosone è un giovanissimo talento, classe 2001, in rampa di lancio. Nella visione artistica del fisarmonicista avellinese la poliedricità stilistica è di vitale importanza per esprimersi senza fossilizzarsi su un unico genere musicale, lasciandosi ispirare e influenzare all’insegna della contaminazione, senza alcun pregiudizio. Nonostante la sua verdissima carta d’identità, si è già segnalato grazie alle sue notevoli qualità artistiche sia in Italia che all’estero, collaborando con musicisti di statura nazionale e internazionale.
Grazie a tuo nonno, a soli cinque anni, ti sei approcciato alla musica con una fisarmonica giocattolo. Mentre a dieci anni hai iniziato a studiare seriamente con il talentuoso fisarmonicista Carmine Ioanna che, fin da subito, ti ha fatto scoprire il jazz. Il musicista avellinese, tuo conterraneo, è tutt’ora una figura di riferimento fondamentale per te dal punto di vista artistico e umano?
Carmine Ioanna, per me, è come un fratello maggiore. Ma allo stesso tempo lo vedo come un mentore, come una fonte d’ispirazione. Gli devo tanto, perché probabilmente senza di lui a quest’ora non sarei un fisarmonicista. Mi reputo tanto fortunato ad averlo incontrato, tra l’altro in tenera età.
Sei particolarmente eclettico sotto l’aspetto stilistico. Spazi con grande naturalezza dal folk al rock, dal tango al jazz. Questa versatilità deriva dalla tua curiosità di conoscere e approfondire più generi possibili?
La mia curiosità è frutto di un percorso concettuale concretizzato con il passare degli anni. Avendo a che fare con la cosiddetta “musica improvvisata”, non amo etichettarmi in un solo genere, invece preferisco avere quanta più liberta possibile, esplorando vari stili, così da influenzare sempre più il mio modo di comunicare attraverso la musica.
A proposito di svariati generi musicali, nel 2020 intraprendi gli studi di fisarmonica classica presso il conservatorio “Domenico Cimarosa” di Avellino sotto la guida del M° Angelo Miele. Attualmente il repertorio classico è ancora centrale nei tuoi progetti?
Lo studio del repertorio classico è diventato base fondante del mio percorso. Va di pari passo con i miei progetti esterni. Attualmente sono sotto la guida del giovanissimo M° Samuele Telari, un fisarmonicista eccezionale. I suoi consigli continuano a farmi crescere e a migliorare giorno dopo giorno, sia umanamente che musicalmente.
Il già citato Carmine Ioanna, Daniele Di Bonaventura, Roy Paci e Antonio Fusco sono solo alcuni eccellenti musicisti con i quali hai stretto importanti collaborazioni, oltre a esportare il tuo talento fuori dai confini nazionali. Per te, ancora giovanissimo, quali sono stati gli insegnamenti più preziosi tratti da questi jazzisti affermati in ambito nazionale e internazionale con cui hai suonato?
Sicuramente la loro umiltà. Mi sono (ri)trovato, inaspettatamente in età così giovane, al fianco di questi giganti. Il loro modo di vivere la musica, i loro racconti di tutte le esperienze vissute, continuano ad affascinarmi ogni volta – e grazie a loro – dentro di me cresce sempre di più la voglia di voler vivere proprio di musica, seguendo i loro stessi passi.
Soffermandosi invece sui tuoi concerti all’estero, qual è stata l’esperienza più gratificante fino a questo momento?
Al momento l’esperienza più bella vissuta è stata quella in Francia. Ho avuto modo di suonare in alcuni locali e jazz club di Grenoble, Vienne, Lyon. La mia musica ha colpito tanto, infatti la reazione del pubblico ne è stata la dimostrazione.
Oltre a essere molto impegnato nell’attività concertistica, sei anche ideatore e direttore artistico del festival “Wave Of Improvisation”. Qual è la genesi e quale l’obiettivo di questa rassegna?
Questo festival nasce nel 2017. L’obiettivo è quello di far incontrare gli artisti affermati con i musicisti emergenti. Con la partecipazione di Carmine Ioanna e Daniele di Bonaventura credo proprio di esserci riuscito. Inoltre avevo voglia di portare qualcosa di diverso all’interno del mio paese. Ormai diventa sempre più raro assistere a eventi del genere che trattano soltanto la musica in ogni sua veste. Per le prossime edizioni ci saranno delle sorprese con degli artisti unici.
Per ciò che concerne invece il tuo strumento, quale modello di fisarmonica utilizzi in studio di registrazione e dal vivo?
In merito a questa domanda bisogna tornare anche al discorso degli studi classici. Quando entrai in conservatorio decisi di ampliare le mie conoscenze e di utilizzare una fisarmonica a bottoni o Bayan. In parallelo, però, in studio e per i miei concerti utilizzo una fisarmonica a tasti, una Dallapè degli anni Settanta, strumento dal suono unico e, da quel che ne so, anche introvabile.
Per quanto riguarda la tua discografia, hai registrato il tuo primo album a soli sedici anni – con tuo fratello Manuel – intitolato Kitarmonika. Un CD, questo, pubblicato nel 2018 dall’etichetta indipendente Factory of the Star. Nel 2019 giunge un’altra pubblicazione di un disco dal titolo Oltre i Confini, sempre al fianco di tuo fratello Manuel. Ma è fresco di stampa un nuovo album, Impression, per la Barly Records (by Encore Music) a nome della tua formazione: Gabriel Ambrosone Trio. Si tratta del primo lavoro in assoluto da leader. Che aspettative hai per questa nuova creatura discografica?
Ad oggi i feedback sono del tutto positivi. Il mio nuovo disco ha l’obiettivo di condividere le sensazioni che provo nel suonare quei brani con gli ascoltatori, così da creare un’impressione personale, un’immagine soggettiva per vivere un’esperienza o un viaggio unico che appartiene soltanto a quel momento. Per quanto riguarda le aspettative, non mi piace crearmene. Preferisco vivere alla giornata in modo totalmente improvvisato, lavorando su me stesso e su ciò che mi aiuterà nel futuro e nelle esperienze da affrontare.
(Foto di Jazz on Capaccio e di Luca De Ciuceis)