“Che Schönberg mi perdoni” (5° parte)

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“CHE SCHÖNBERG MI PERDONI”
La musica nel cinema d’animazione di Walt Disney
(quinta parte)

 

“Nel 1938” – racconta Stravinsky – “ricevetti dall’ufficio Disney in America la richiesta di un permesso per l’utilizzazione del Sacre in un film di cartoni animati. Che Schönberg mi perdoni (5° parte) Igor StravinskyQuella richiesta era accompagnata dal cortese avvertimento che, qualora il permesso fosse stato rifiutato, la musica sarebbe stata utilizzata ugualmente (le Sacre, essendo «russo», non aveva il copyright per gli Stati Uniti). I produttori del film volevano comunque mandarlo anche all’estero (cioè nei paesi che avevano accettato il copyright di Berna), e perciò mi offrivano 5.000 dollari, somma che dovevo fare il favore di accettare. […] Vidi poi quel film con Georges Balanchine[1] in uno studio di Hollywood durante il periodo natalizio del 1939. Ricordo che qualcuno voleva darmi una partitura e, quando dissi che avevo già la mia, quel qualcuno mi disse «Ma è tutto cambiato». Lo era proprio, la strumentazione era stata migliorata da bravate tali come il far suonare i glissandi dei corni a un’ottava superiore nella Danse de la terre. Che Schönberg mi perdoni (5° parte) Balanchine - Strawinskiy - DisneyAnche l’ordine di successione dei pezzi era stato scompigliato, e i più difficili erano stati eliminati (ma neanche questo riuscì a salvare l’esecuzione musicale, che era esecrabile). Non dirò nulla del complemento visivo, perché non voglio mettermi a criticare una sequela incessante di imbecillità; dirò e ripeterò soltanto, comunque, che il punto di vista musicale di quel film dava adito a un pericoloso equivoco”[2].

Vent’anni dopo, Stravinsky è ancora contrariato da quell’«esecrabile» esecuzione e torna sull’argomento per rispondere ad una lettera pubblicata dalla “Saturday Review”: “Una lettera […] del 30 gennaio 1960, cita il Signor Walt Disney come segue: «Quando Stravinsky venne nello studio… fu invitato a conferire con il direttore d’orchestra… e con il commentatore… e quando gli furono mostrati i primi abbozzi dei disegni, disse di essere “eccitato” dalle possibilità di quel film… fu d’accordo su certi tagli e riordinamenti e quando gli fu mostrato il prodotto finito, uscì dalla sala di proiezione visibilmente commosso»”. Stravinsky prosegue negando di aver mai incontrato Stokowski, né Taylor, il critico musicale incaricato da Disney di stendere i testi narrativi del film, anche perché, nei giorni in cui viene registrato il Sacre, il compositore si trova in un sanatorio per tubercolotici nei pressi di Chamonix. Che Schönberg mi perdoni (5° parte) Leopold StokowskiStravinsky dichiara di essere andato una sola volta agli studios: “Sono stato ricevuto dal signor Disney, fotografato con lui, mi furono mostrati disegni e abbozzi del film ormai finito e, infine, il film stesso. Ricordo di aver visto […] L’apprendista stregone, di essermici divertito e di averlo detto. Che possa aver espresso la mia approvazione sul trattamento che era stato usato alla mia musica mi sembra molto improbabile (anche se, naturalmente, spero di essere stato cortese). L’equivoco del signor Disney fu forse simile a quello di un compositore che una volta invitò un amico mio a sentire la musica della sua nuova opera. Quando quel compositore ebbe finito di suonargli la prima scena e venne il momento di fare dei commenti, tutto ciò che il mio amico seppe dire fu: – E poi che cosa succede? -, al che il compositore disse: – Oh, come sono contento che le piaccia”.[3]Che Schönberg mi perdoni (5° parte) Disney e Strawinsky
Si tratta solamente di uno, sebbene così autorevole (e, beninteso, così di parte), tra i severi giudizi riservati a Fantasia. Fin dalle prime proiezioni, il grande pubblico lo accoglie con freddezza: troppo cerebrale, troppo distante da ciò a cui Disney ha abituato i propri fan. Molti addetti ai lavori, invece, siano essi critici musicali o cinematografici, lo ritengono ingenuo, adatto unicamente ad un platea infantile. Ma c’è anche chi, tra questi ultimi, entusiasticamente, dopo aver assistito al film, sostiene di aver finalmente “capito perché il Padreterno lo ha dotato insieme di occhi e di orecchie”[4]. Per altri, invece, la questione è che la musica è già compiuta in se stessa e non ha bisogno di alcun complemento, soprattutto se proveniente dall’esterno, in opposizione al processo, del tutto individuale, di evocazione di immagini ispirate dai suoni.
Le critiche più puntuali, espresse sia all’epoca in cui uscì il film, sia a distanza di anni, sono quelle che entrano nel merito della rappresentazione visiva delle composizioni, e gli studiosi di cinema si rivelano meno clementi dei musicisti (a parte Stravinsky, naturalmente) e dei musicologi. Che Schönberg mi perdoni (5° parte) Walt DisneyTra i più dissacranti del lavoro di Walt Disney c’è Oreste De Fornari, per il quale le nozze tra musica colta e cartoon, celebrate in Fantasia, sono, a dir poco, affrettate e burrascose: i giochi di luce e le simmetrie suono-colore sono “prevedibili come un semaforo”; la Toccata con fuga in re minore esprime la stessa passione di cui sarebbe capace un computer; il Sacre di Stravinsky fa da colonna sonora a qualcosa a mezz’aria tra un documentario pedante e un film horror; infine, nella Notte sul Monte Calvo, che pare “giuntata a colpi di martello” con l’Ave Maria di Schubert, Satana sembra un enorme robot illuminato da luci al neon[5]. D’altra parte, c’è da sottolineare che a De Fornari Disney proprio non piace. Il suo breve saggio sul cinema disneyano è una sequela di invettive, francamente ingenerose e non condivisibili. Per Gianni Rondolino, anche lui critico cinematografico, la visualizzazione delle composizioni in Fantasia è stata “realizzata in spregio ai più elementari principi di cultura musicale”[6]. Giannalberto Bendazzi non è meno tenero dei propri colleghi. A proposito di Fantasia scrive che si tratta dell’impresa disneyana più ricercata, che fa spettacolo grazie al superbo virtuosismo degli animatori, ma che naufraga sul piano estetico per le scelte grafiche e pittoriche: “I disegni e l’animazione caricaturale, ottimi per le canzoncine, stridono con Beethoven, Bach, Stravinsky (la cui Sagra della primavera diventa una ‘cosmogonia’ popolata di dinosauri-giocattolo e di lava che sembra sciroppo)”[7]. Georges Sadoul (1904-1967), tra i più grandi storici del cinema, pur essendo, dichiaratamente, un estimatore di Mickey Mouse, è anche più lapidario: “In Fantasia, Disney assunse un’imperterrita gravità. Che Schönberg mi perdoni (5° parte) Georges SadoulUn tempo aveva fatto dell’arte senza pensarci su, ma dopo gli elogi che gli erano stati prodigati, si credé tutt’insieme Michelangelo, Platone, Darwin e Shakespeare. Lo si vide calpestare la musica con la pesantezza tronfia e albagiosa degli ippopotami, che mascherava da ballerine per mettere in ridicolo un vecchio balletto italiano di Ponchielli. L’estremo cattivo gusto dello Schiaccianoci, sulla musica di Ciajkovskij, ebbe a tratti la scusante dell’ingegnosità. Ma che dire […], soprattutto, di una Sinfonia Pastorale di Beethoven, trasformata in un balletto fiorito di pegasi pomposi e di centaure gagà in un olimpo decorato come un casino di provincia del 1910…”[8]. E, come se le sue parole non bastassero, in una nota aggiunge quelle del critico inglese Ernest Lindgren: “Il trattamento usato da Disney alla Pastorale fu così distruttivo per il mio senso musicale che temetti a lungo di non poter più cancellare le immagini di Disney, e il godimento che provavo (ascoltando Beethoven) fu compromesso per sempre”[9].
Fra i musicologi che non stroncano Fantasia c’è Alfredo Parente (1905-1985). L’intellettuale di area crociana valorizza le “similitudini cromo-fonetiche” dell’operazione disneyana, legittimando un procedimento estetico che definisce di “contaminazione”[10]. Ma in «soccorso» di Disney e di Fantasia arriva anche un compositore, nonché musicologo, di autorevolezza indiscussa: Roman Vlad (1919-2013), autore, anche, di colonne sonore per il cinema (tra le altre, quella per La bellezza del diavolo, di René Clair, 1950), esperto di musica del ’900 e direttore artistico, nel corso della sua lunga vita, di numerose istituzioni musicali. Che Schönberg mi perdoni (5° parte) Roman VladNel 1993, gli viene chiesto di scrivere un breve saggio sulla musica nel cinema d’animazione di Walt Disney per il catalogo di una mostra dedicata a Topolino. Per Vlad, in Fantasia non c’è ombra di tradimento della musica colta. Non c’è nella rivisitazione narrativa del Sacre, nella quale intravede un riferimento a un intento “più profondo dello stesso autore la cui musica rende virtualmente il travaglio viscerale della terra nel rinnovarsi della natura”. E non c’è nel pur ardito accostamento tra la Notte sul Monte Calvo e l’Ave Maria, che può essere spiegato “in funzione dell’intento di accostare il demoniaco all’angelico per rendere l’idea della lotta tra il male e il bene”. Roman Vlad apprezza anche la trascrizione per orchestra e l’interpretazione visiva della Toccata con fuga di Bach. È lì, secondo lui, che Disney dà “l’intera misura della sua sensibilità musicale. […] Si tratta, in questo caso, di un lavoro altissimo il cui significato trascende incommensurabilmente ogni traduzione o interpretazione immaginifica con pretese semantiche. Disney ha risolto brillantemente i problemi che poneva questo stato di cose. Si valse della parte introduttiva, cioè della “Toccata” propriamente detta, per presentare l’Orchestra Sinfonica di Philadelphia. […] Per la parte fugata, in cui la trama sonora assume un severo andamento lineare e polifonico, Disney chiese la collaborazione di Oscar Fishinger, un artista specializzato nell’interpretazione grafica mediante disegni astratti. Che Schönberg mi perdoni (5° parte) Oscar FishingerFishinger associò alle forme sonore di Bach un gioco astratto di linee, fasce, volumi, cascate di onde e altre figure geometriche in movimento, sincronizzate perfettamente con i ritmi e con l’andamento dinamico della vicenda musicale. Una simile soluzione astratta del connubio musica-immagine non sarebbe dispiaciuta forse al celebre critico viennese Eduard Hanslick, grande avversario di Wagner, il quale nel suo saggio Il Bello musicale (1854) coniò la definizione della musica come «forme sonore in movimento»”[11].
È davvero superfluo dire che le competenze musicali di chi scrive non sono nemmeno lontanamente paragonabili a quelle – straordinarie – di Roman Vlad. Ma, ugualmente, non mi sento di sottoscrivere il suo entusiasmo per l’interpretazione di Bach: né sotto il profilo musicale – la trascrizione per orchestra di Stokowski mi pare che faccia perdere di vigore e d’intensità emozionale al brano –, né sotto quello visuale, piuttosto elementare e prevedibile.
Dal punto di vista commerciale, Fantasia si rivela un «fiasco». Solamente i successivi rilanci negli anni ’70 e ’80 (prima dell’invenzione dello Home Video, la Disney, circa ogni sette anni, ridistribuiva nelle sale cinematografiche di prima visione di tutto il mondo i propri “Classici”) ne decretano un certo successo.
Di Roman Vlad non si possono non riportare, e, stavolta, non condividere, le parole con le quali chiude il proprio testo: “Comunque lo si voglia giudicare non si potrà certo negare che, a prescindere dal suo merito intrinseco, esso [Fantasia, n.d.r.] contribuì ad allargare su scala senza precedenti l’interesse per la musica classica e ad avvicinare a essa il pubblico di tutto il mondo”[12].

 
NOTA A MARGINE:Giorni dopo aver messo l’ultimo punto all’articolo, mi sono imbattuto in un video postato su Youtube (ne trovate il riferimento in fondo alla consueta lista di LINK AUDIOVISIVI), che racconta sinteticamente, ma con grande efficacia, l’esperienza di Leonard Bernstein a Salzau, con l’orchestra giovanile dello Schleswig-Holstein Musik Festival. Che Schönberg mi perdoni (5° parte) Leonard BernsteinÈ l’estate del 1988, e i ragazzi stanno provando l’esecuzione del Sacredi Stravinsky. Bernstein spiega ai giovani musicisti la storia che si cela dietro quella sinfonia, ma, anziché la trama del balletto originale, racconta loro quella del relativo episodio di Fantasia, imitando anche i movimenti dei dinosauri. Più avanti, nel filmato, torna sull’argomento, chiedendo ai ragazzi se abbiano mai visto il film di Walt Disney. È allora che si comprende l’origine del lapsus, cioè quando il Maestro rivela che quel film è stato un pilastro della propria formazione e manifesta tutta l’ammirazione per Fantasia, sia sotto il profilo musicale, sia sotto quello visuale.

 

NOTE

[1]All’anagrafe, Georgij Melitonovič Balančivadze (1904-1983), coreografo e danzatore russo.
[2]Igor Stravinsky, Robert Craft, Colloqui con Stravinsky, Torino, Einaudi, 1997, pp. 334-335.
[3]Idem.
[4]Cit. in Ermanno Comuzio, “È ‘casta’ la musica dei film Disney?”, in AA.VV. Coloriture. Voci, rumori, musiche nel cinema d’animazione, Bologna, Pendragon, 1995, p. 262.
[5]Oreste De Fornari, Disney Firenze, La Nuova Italia (Castoro Cinema), 1978.
[6]Gianni Rondolino, Storia del cinema d’animazione, Torino, Einaudi, 1974.
[7]Giannalberto Bendazzi, “Un Cavaliere d’industria”, in S. M. Ejzenštein, Walt Disney, Roma, Castelvecchi, 2017, p. 109.
[8]Georges Sadoul, Storia del cinema, Torino, Einaudi, 1953, p. 397.
[9]Ernest Lindgren, The Art of the Film, Londra, 1948, cit. in G. Sadoul, op. cit., p. 397.
[10]Alfredo Parente, Castità della musica, Torino, Einaudi, 1961.
[11]Roman Vlad, “L’anima musicale di Topolino”, in AA.VV, Topolino. 60 anni insieme, Milano, Electa, 1993, pp. 166-169.
[12]Idem.

 

PER APPROFONDIRE

BIBLIOGRAFIA E SITOGRAFIA

BENDAZZI, Giannalberto, Lezioni sul cinema d’animazione, Catania, CUEM, 2019.

HANSLICK, Eduard, Il Bello musicale, Palermo, Aesthetica, 2007.

LIPPERINI, Loredana, Invito all’ascolto di Bach, Milano, Ugo Mursia Editore, 1984.

PARENTE, Alfredo, La musica e le arti, N.P., Eda, 1982.

RONDOLINO, Gianni, Cinema e musica. Breve storia della musica cinematografica, Torino, UTET Università, 2012.

SADOUL, Georges, Manuale del cinema, Torino, Einaudi, 1981.

STRAVINSKY, Igor, Cronache della mia vita, Milano, SE, 2006.

VINAY, Giafranco, Il Novecento nell’Europa Orientale e negli Stati Uniti, Torino, EDT, 1991.

VLAD, Roman, Architettura di un capolavoro. Analisi della Sagra della primavera di Igor Stravinsky, Milano, Casa Ricordi, 2005.

VLAD, R., Stravinsky, Torino, Einaudi, 1974.

VLAD, R., Vivere la musica. Un racconto autobiografico, Torino, Einaudi, 2011.

 

LINK AUDIOVISIVI