Il sogno segreto di Umberto Saba – 1° parte

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IL SOGNO SEGRETO DI UMBERTO SABA

Saba, la “poesia onesta” e il melodramma verdiano

(prima parte)

 

La sua città natale, il mare, gli affetti, l’infanzia. E poi la natura, l’attualità, le partite di calcio. Questi sono i temi cari a Umberto Saba, tra i maggiori poeti del Novecento, che li tratta con un linguaggio semplice, usando parole comuni. 02 Il sogno segreto di Umberto Saba - Giuseppe VerdiQuei temi, però, apparentemente così umili, sono ricchi di altre implicazioni – non di metafore “astruse”, perché per Saba la poesia deve “fare chiarezza”. Una parte della critica accosta la poesia di Saba al melodramma verdiano: in essa, infatti, come nei libretti d’opera musicati dal maestro, i sentimenti del poeta ed i più intimi eventi della sua esistenza acquistano attributi da personaggi, diventano un fatto di tutti e assumono un rilievo esemplare. Un parere che lo stesso Saba accoglie con grande entusiasmo anche perché, come ha asserito Edoardo Sanguineti: “[…] il sogno segreto, ma non troppo segreto, poi, di Saba, fu di essere il Verdi della poesia italiana[1].

Saba nasce nel marzo del 1883 a Trieste, all’epoca parte dell’Impero austro-ungarico. La madre (ebrea) è stata lasciata dal marito (cattolico) durante la gravidanza:

“Ma di malinconia fui tosto esperto;

unico figlio che ha lontano il padre”[2].

La donna affida il neonato alle cure di Peppa Sabaz, contadina slovena allegra ed estroversa. La donna ha da poco perduto un figlio ed alleva Umberto con grande amore. Il bambino manifesta di preferire la tenerezza della balia (“madre di gioia”) all’estrema severità della madre (“madre austera”) che, temendo di perderne l’affetto, tre anni dopo lo riprende con sé:

“…Un grido

s’alza di bimbo sulle scale. E piange

anche la donna che va via. Si frange

per sempre un cuore in quel momento”[3].

Prima l’abbandono paterno, poi quello materno, infine la separazione traumatica dalla nutrice sono causa di profonde ferite, che mineranno fortemente la sua salute psichica e di cui tratterà nelle sue poesie, soprattutto in quelle scritte tra il 1929 e il 1931, raccolte sotto il titolo Il piccolo Berto[4]. Lo stesso cognome d’arte Saba – il poeta rifiuta quello paterno – sembra essere un tributo alla balia. Umberto cresce in un ambiente tutto femminile – Peppa, la madre e la zia (“benefica ed amata”) – e conosce il padre solamente in età adulta:

“Mio padre è stato per me «l’assassino»,

fino ai vent’anni che l’ho conosciuto”[5].

In gioventù, Saba interrompe gli studi ed inizia a lavorare: ragazzo di bottega, mozzo e poi, dall’aprile del 1907 al settembre del 1908, militare nell’esercito italiano (pur vivendo in un territorio dell’Impero austro-ungarico, è cittadino italiano). Intanto, è iniziata la sua attività poetica: nel 1903 ha fatto stampare a proprie spese Il mio primo libro di poesia, mentre il 1911 è l’anno della sua prima pubblicazione ufficiale con Poesie e il 1912 quello di Coi miei occhi. 03 Il sogno segreto di Umberto Saba - La voceNel 1921 pubblica la prima edizione del Canzoniere, che raccoglie la produzione poetica di vent’anni, e che si arricchirà, in seguito, di tutti i nuovi componimenti, fino all’edizione postuma del 1961. Prima dell’esperienza militare, Saba frequenta il Caffè Rossetti, luogo di ritrovo dei giovani intellettuali triestini, e vive due anni a Firenze dove conosce Giovanni Papini e Giuseppe Prezzolini, scrittori e futuri animatori de “La Voce”, una delle riviste più interessanti e dinamiche nel panorama culturale italiano. Con loro, come con molti altri intellettuali del tempo, però, Saba non stringe relazioni significative perché la sua poetica è lontana da quelle delle correnti artistiche di avanguardia che già iniziano a dominare lo scenario italiano ed europeo:

04 Il sogno segreto di Umberto Saba - Giovanni Papini“A Giovanni Papini, alla famiglia

che fu poi della «Voce», io appena o mai

non piacqui. Ero fra lor di un’altra spece”[6].

05 Il sogno segreto di Umberto Saba - Carlo Levi AutoritrattoDurante una licenza dal servizio militare, Saba conosce Carolina Wölfler, la Lina di tante delle sue future poesie, che sposa con rito ebraico nel 1908. L’anno successivo nasce la figlia Linuccia, che per trent’anni sarà legata sentimentalmente a Carlo Levi, l’autore di Cristo si è fermato a Eboli. Richiamato alle armi durante la prima guerra mondiale, ma senza essere destinato al fronte, nel 1918 il poeta è ricoverato nell’ospedale militare di Milano per il riacutizzarsi delle crisi depressive. Tornato nella sua città, grazie all’eredità della zia rileva la “Libreria antiquaria Mayländer” – poi ribattezzata “Libreria antica e moderna” – che costituirà la sua principale fonte di sostentamento per il resto della vita:

06 Il sogno segreto di Umberto Saba - Libreria antica e moderna“Una strana bottega d’antiquario

s’apre a Trieste, in una via secreta.

[…]

Vive in quell’aria tranquilla un poeta”[7].

Nel 1938, la promulgazione delle leggi razziali da parte del regime fascista costringe il poeta a cercare rifugio a Parigi e, in seguito, a vivere nascosto a Firenze con l’aiuto di Eugenio Montale. 07 Il sogno segreto di Umberto Saba - Eugenio MontaleFinita la guerra e caduto il fascismo, escono la seconda (1945) e la terza (1948) edizione del Canzoniere, ciascuna accresciuta da nuovi versi. A causa del perdurare della depressione, Saba si rifugia, però, in un isolamento pressoché totale, fino al ricovero, nei primi anni ’50, in una clinica romana. 08 Il sogno segreto di Umberto Saba - ErnestoSulla fine del 1952 torna a Trieste “apparentemente guarito, ma più che mai disperante e inconsolabile”[8]. Nel 1956, dopo una lunga malattia, muore la moglie Lina. L’anno successivo, il 25 agosto, muore anche il poeta mentre sta lavorando alla stesura di Ernesto, il suo unico romanzo, rimasto incompiuto e pubblicato postumo.

Il Canzoniere è il libro di poesia più facile e più difficile del Novecento […] è la storia di una vita povera di avvenimenti esterni, ricca, a volte fino allo spasimo, di moti e di risonanze interne […]”. E ancora: “[…] E il libro, nato dalla vita, dal ‘romanzo’ della vita era esso stesso, approssimativamente, un piccolo romanzo. Bastava lasciare alle poesie il loro ordine cronologico; non disturbare, con importune trasposizioni, lo spontaneo fluire e trasfigurarsi in poesia della vita […]”. Saba stesso descrive così la propria opera in Storia e cronistoria del Canzoniere[9], inizialmente firmata con uno pseudonimo. Saba, scrivendo di sé in terza persona, offre in quest’opera un quadro completo della propria vita e si fa interprete della propria opera, sia sotto il profilo stilistico, sia sotto quello psicologico. 09 Il sogno segreto di Umberto Saba - Il canzoniereIl Canzoniere ha il carattere di un diario intimo, incline alla confessione e all’introversione. Un diario, però, che, secondo Giacomo Debenedetti, il maggior esegeta della poesia di Saba, nonostante “le molte parti e inserzioni narrative che sussistono nella sua poesia, […], non è […] prevalentemente narrativo”[10]. “Saba” – prosegue il critico – è “principalmente un drammaturgo, nel quale tutto diventa scena, tutto diventa personaggio”. Il poeta “ci offre personaggi caratterizzati, che da situazioni personali, quelle che sono esposte e dialogate nei recitativi, salgono ai momenti assoluti dell’aria, della melodia che trasforma quella situazione personale in un toccante, memorabile proverbio del cuore, appartenente a tutti, che tutti possono riprendere, ripetere, ricantarsi come se fosse nato per esprimere ciascuno di loro. Ma soprattutto l’accostamento col melodramma riesce illuminante per la poesia di Saba, in quanto il melodramma usa un mezzo artistico, la musica, come strumento per fissare certe situazioni drammatiche, non come fine a se stesso”[11]. In Preludio e fughe (1928-29), per esempio, Saba trasforma in personaggi gli impulsi contrastanti che si agitano in lui: il male di vivere e l’entusiasmo per la vita, come il bisogno di unirsi agli altri e quello di chiudersi in se stesso. Saba tenta di costruire le proprie fughe poetiche sul modello delle fughe musicali. 10 Il sogno segreto di Umberto Saba - Saba ritratto da Carlo LeviIn quest’ultime, un tema principale e temi secondari sono esposti da voci diverse nel loro disegno originario e in altri derivati che s’intrecciano simultaneamente, lungo un logico svolgimento tonale, entro uno schema diviso in più parti. Ma la parola scritta non può creare una sovrapposizione di voci. Al massimo, il ricordo di ciò che una voce ha detto in precedenza può perdurare mentre suona la successiva. Quelle che Saba chiama «fughe» sono, più propriamente, dialoghi drammatici tra stati d’animo, che hanno assunto la spessore di veri e propri personaggi. Sempre secondo Debenedetti, nella “Sesta fuga”, costruita come un canto a tre voci, il poeta divide le tre tendenze che sente intrecciarsi in lui e insieme scinderlo: la tendenza a buttarsi impetuosamente nella vita; la tendenza a rinchiudersi in se stesso; la tendenza a specchiarsi in se stesso teneramente. Queste tre tendenze diventano, dunque, tre personaggi estremamente semplificati, proprio come quelli creati dagli autori dei melodrammi quando distribuiscono le parti del tenore, del baritono, del soprano[12].

I TENDENZA/PERSONAGGIO:

“Io non so più dolce cosa

dell’amore in giovanezza,

di due amanti in lieta ebbrezza

Io non so più gran dolore

ch’esser privo di quel bene…”

II TENDENZA/PERSONAGGIO:

“Io non so più dolce cosa

dell’amore; ma più scaltro,

ma di te più ardente, è un altro

che a soffrir nato mi sento.

Non la gioia, ma il tormento

dell’amore è il mio diletto;

me lo tengo chiuso in petto,

la sua immagine in me vario”.

III TENDENZA/PERSONAGGIO:

“Io non so più dolce cosa

di pensarmi. Il puro amore

a cui ardo, dal mio cuore

nasce, e tutto a lui ritorna”[13].

Saba «canta» gli aspetti più minuti della vita quotidiana, usandoli, però, per compiere una profonda e, spesso, impietosa, autoanalisi. E lo fa utilizzando parole semplici e di evidente oggettività. Nel saggio “Quello che resta da fare ai poeti”[14], scritto nel 1912, è molto severo nei confronti di quegli autori della propria generazione, attenti prevalentemente alla perfezione formale del testo. A quei poeti, simili a “figliuoli i cui genitori furono malamente prodighi di averi e di salute”, Saba rivolge l’invito ad “una vita di riparazione e di penitenza”, a un “ritorno alle origini” e all’impegno in “un’opera forse più di selezione e di rifacimento che di novissima creazione. Tale doveva essere una “poesia onesta”:

11 Il sogno segreto di Umberto Saba - Trieste“Amai trite parole che non uno

osava. M’incantò la rima fiore

amore,

la più antica difficile del mondo”[15].

Per Saba, dunque, il “nuovo è occultato in seno all’antico, l’inaudito è il tesoro sepolto nel trito”[16]. Saba riconobbe queste caratteristiche “nel sermo melodrammaticus” […] nel quale, e nel quale soltanto, rimano «fiore» e «amore»[17].

(fine prima parte…)

 

NOTE

[1] Edoardo Sanguineti, “Saba e il melodramma”, in E. Sanguineti, La missione del critico, Genova, Marietti, 1987, p. 154.

[2] Umberto Saba, Autobiografia, “2” in Il canzoniere, Torino, Einaudi, p. 244.
[3] U. Saba, “Tre poesie alla mia balia, 3”, da Il piccolo Berto, in Il canzoniere, 1961, op. cit., p. 389.
[4] U. Saba, Il piccolo Berto, in Il canzoniere, op. cit., pp. 385-406.
[5] U. Saba, Autobiografia, “3” in Il canzoniere, op. cit., p. 245.
[6] U. Saba, Autobiografia, “10” in Il canzoniere, op. cit., p. 252.
[7] U. Saba, Autobiografia, “15” in Il canzoniere, op. cit., p. 257.
[8] Carlo Muscetta, “Introduzione”, in U. Saba., Antologia del «Canzoniere», Torino, Einaudi, 1963, p. xi.
[9] U, Saba, “Storia e cronistoria del Canzoniere”, in U. Saba, Prose, Milano, Mondadori, 1964, pp. 399-657.
[10] Giacomo Debenedetti, Poesia italiana del Novecento. Quaderni inediti, Milano, Garzanti, 1974, p. 130.
[11] Ibidem, pp. 130-131.
[12] G. Debenedetti, op. cit.
[13] U. Saba, “Sesta fuga”, da Preludio e fughe, in Il canzoniere, op. cit., pp. 360-361.
[14] U. Saba, “Quello che resta da fare ai poeti”, in U. Saba, Prose, op. cit., pp. 751-759.
[15] U. Saba, “Amai”, da Mediterranee, in Il canzoniere, op. cit., p 516.
[16] E. Sanguineti, op. cit., p. 151.
[17] Idem.

 

PER APPROFONDIRE

BIBLIOGRAFIA

BARONI, Mario et al., Storia della musica, Torino, Einaudi, 2002.

GARLATO, Rita, Repertorio metrico verdiano, Venezia, Marsilio, 1998.

GIRARDI, Maria (a cura di), Lungo il Novecento. La musica a Trieste e le interconnessioni tra le arti, Venezia, Marsilio, 2003.

LAVAGETTO, Mario, La gallina di Saba, Torino, Einaudi, 1974.

LEVI, Carlo (a cura di), Milano, Mondadori, 1976.

MELLACE, Raffaele, Con moltissima passione. Ritratto di Giuseppe Verdi, Roma, Carocci, 2013.

MINIUSSI, Sergio e PORTINARI, Folco (a cura di), L’Adolescenza del «Canzoniere» e undici lettere, Torino, Fògola, 1975.

PASOLINI, Pier Paolo, “Saba: per i suoi settant’anni”, in Passione e ideologia, Milano, Garzanti, 1960.

PORTINARI, Folco, Le parabole del reale, Torino, Einaudi, 1976.

SABA, Umberto, Lettere sulla psicoanalisi, Milano, SE, 1991.

 

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