L’artista è una persona “perbene”?
La creatività artistica tra emozioni e conoscenza
Emotività, creatività, conoscenza: ognuno sa, per esperienza, quanto siano fondamentali nella nostra vita; allo stesso tempo, esse appaiono dimensioni tanto immense quanto insondabili e non sempre percepite nella loro sostanziale interconnessione, così come testimonia anche la difficoltà di identificazione e collocazione nella storia della scienza e del pensiero. Il sapere veicolato dal vissuto emotivo, insieme a quello del corpo e dei sensi, è stato relegato dalla logica astratta a categorie non conoscitive in quanto non prevedibili, ripetibili e quantificabili. A questa separazione hanno contribuito anche motivazioni di carattere storico, filosofico e culturale che non indagheremo in questa sede, ma che hanno considerato la vita emozionale, tutt’al più, come un sapere secondario, di valore inferiore a quello della conoscenza cognitiva.
Oggi, dagli studi condotti negli ambiti neuro-psico-socio-biologico intorno a funzioni e meccanismi di attivazione dei processi emozionali, sappiamo che la conoscenza è interrelata all’esperienza e all’emotività, per cui sentire e conoscere sono processi interagenti fino a coincidere. Infatti, i processi emotivi e cognitivi viaggiano sulle stesse reti neuronali e sono inseparabili; i processi emozionali sono connessi e coincidenti sia con la maturazione neurologica che con lo sviluppo cognitivo e sociale; la relazione tra quelle che vengono definite le tre istanze del cervello (ragione, affettività e pulsione) sono inseparabili e non si organizzano gerarchicamente, ma in modo interattivo e circolare, in un complesso gioco di intrecci con i processi cognitivi; memoria e apprendimento dipendono dall’attività delle zone del cervello che presiedono all’affettività e quindi alle emozioni; ogni strutturazione della realtà coinvolge tutti gli stati psichici profondi, i quali sono in rapporto di interdipendenza con gli stati bio-neuro-cerebrali.
Ecco, allora, il ruolo centrale dell’esperienza emotiva nella vita dell’individuo, non solo sul piano strettamente psicologico ed esistenziale, ma anche nella strutturazione della realtà e come soglia privilegiata di accesso alla conoscenza intesa come sapere complesso.
E proprio qui entra in gioco la creatività, specie quella artistica. Se il nostro sistema emotivo rende possibile tutti gli apprendimenti e il contatto con la dimensione più profonda dell’essere, permettendo di riconoscere ed esprimere le dinamiche della vita interiore e orientando la realizzazione della propria dimensione esistenziale, alla creatività artistica si riconoscono, oggi, la funzione di comunicazione simbolica delle emozioni e il ruolo di insostituibile strumento di soddisfazione di un bisogno espressivo universale, in grado di servire la gestione del mondo emotivo nelle sue funzioni espressive, introspettive, comunicative ed elaborative.
Sin dall’antichità, la creazione artistica è stata messa in relazione con la modulazione dell’esperienza emozionale e con il benessere psicofisico individuale e sociale. Per ragioni storico-filosofiche il processo creativo e le sue funzioni hanno, però, subito letture diverse nel corso del tempo fino a superare la difficoltà di collocazione in tempi relativamente recenti. La separazione e la contrapposizione tra emozione e pensiero ha condotto a identificare le emozioni come irrazionali e a definirle come perturbanti la vita mentale. Da qui, la funzione dell’artista e dell’opera d’arte hanno assunto una duplice dimensione: da un lato quello di esprimere e rendere interpretabile l’irrazionalità, dall’altro, quello di controllare le risposte emotive al fine di evitare un’amalgama di sogno, realtà emotiva e razionalità. Anche da qui, le ragioni di quell’ammirazione verso un fare artistico misterioso e incomprensibile intrisa, però, della diffidenza che esso suscita, accanto alle motivazioni di quella distanza tra arte e realtà che riscontriamo spesso nell’immaginario collettivo e non solo: celebre è l’esempio di Thomas Mann che fa dire a uno dei suoi eroi borghesi: “Una persona per bene dovrebbe avere un buon impiego e non scrivere poesie, dipingere quadri, suonare strumenti, fare del teatro”.
Oggi si parla, invece, di un vero e proprio sapere artistico, basato sulla comunicazione e sulla partecipazione dei vari vissuti emotivi e che implica, al pari della conoscenza scientifica, un confronto continuo con la natura e la realtà delle tecniche di cui l’esercizio artistico si serve. Ogni esercizio artistico verifica e replica un’ipotesi interpretativa e si misura con l’apprendimento individuale e con l’acquisizione sempre più raffinata di una tecnica specifica, con tutte le immense implicazioni sul piano cognitivo e sensoriale. Il linguaggio creativo utilizza il simbolo come veicolo dall’interno all’esterno, permettendo di dare forma, corpo e collocazione nella dimensione spazio temporale a sostanza e qualità dell’esperienza interiore, altrimenti inesplorabili. Arte, in tutti i suoi linguaggi, consiste in un’esperienza che è forma, sensazione, percezione ed espressione dell’esperienza emozionale. Il prodotto artistico si pone come altro da sé (tanto per l’artista quanto per il fruitore dell’opera d’arte) che conserva allo stesso tempo il legame con il vissuto interno che lo ha investito e lo investe di significato. Da qui, la possibilità di osservarsi, percepirsi, rappresentarsi, riconoscersi, rafforzando identità, autocoscienza e integrazione della personalità.
Mentre le neuroscienze stanno sempre più dimostrando le potenzialità terapeutiche dell’atto creativo, tanto da poter impostare i termini di un rapporto tra arte e terapia, in sede pedagogica può risultare di grande interesse la prospettiva di quelle aree di pensiero che, con Jung, vedono nell’arte lo strumento della scoperta di sé, il mezzo privilegiato del processo di individuazione, che contiene e organizza le energie archetipiche inconsce in forma assimilabile alla coscienza, attivando la crescita dell’individuo e conferendogli non solo il senso di controllo, ma, ben più importante, anche quello del compimento.
Grazie all’individuazione del ruolo della dimensione emotiva nell’esperienza umana è possibile leggere la creazione artistica come funzione dell’esistenza non solo nella dimensione elitaria dell’artista per elezione e vocazione, ma anche, e forse soprattutto, nella dimensione di arte quotidiana: fare e fruire arte, vivendo in maniera creativa è un’esigenza imprescindibile, anche se non sempre consapevole, che ci offre una concezione dell’arte come espressione e comunicazione, legata al vissuto emotivo quotidiano. Questa concezione della creatività artistica è estremamente preziosa e necessaria soprattutto là dove il sentire dell’individuo non è accompagnato dall’acquisizione di strumenti interpretativi adeguati a comprendere la realtà interna ed esterna e a esprimersi nella propria autenticità. Così, l’arte – a partire da quella quotidiana – è un’esigenza di ogni essere umano, in ogni tempo e condizione.
Ben lo esprime Carl Gustav Jung, quando scrive: “Il processo creativo, per quanto possiamo seguirlo, consiste nel ridestare gli eterni simboli dell’umanità che riposano nell’inconscio, sviluppandoli e dando loro forma fino a ottenere la perfetta opera d’arte. Colui che parla con immagini primordiali è come se parlasse con mille voci; egli afferra e domina e, allo stesso tempo, eleva ciò che lui ha disegnato, dallo stato di precarietà e di caducità alla sfera delle cose eterne; egli innalza il destino personale a destino dell’umanità e, al tempo stesso, libera in noi tutte quelle forze soccorritrici che da sempre hanno reso possibile all’umanità di sfuggire a ogni pericolo e di sopravvivere persino alle notti più lunghe. Questo è il segreto dell’azione che può compiere l’arte”.