“Venuto da un altro pianeta” – Il jazz al cinema (prima parte)

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“VENUTO DA UN ALTRO PIANETA”

Il jazz al cinema

(prima parte)

 

Come fosse un divo di Hollywood o di Cinecittà, il jazz è stato protagonista – ma, a volte, anche semplice comparsa – di innumerevoli film. Il cinema americano, primo tra tutti, ma anche quello italiano e quello francese (per limitarci solamente a tre fra le maggiori cinematografie mondiali) si sono serviti della musica afroamericana per eccellenza per raccontare le biografie di musicisti o la storia del genere musicale, per ambientare vicende rosa, gialle, noir o di qualsiasi altro «colore», oppure, più «semplicemente», come colonna sonora esterna allo spazio della narrazione. Ma, prima di addentrarci nelle specifiche relazioni tra cinema e jazz e nell’esame di alcune pellicole, occorre fare chiarezza sulla varietà dei nessi fra il suono e gli altri due principali elementi del cinema: le immagini e il racconto[1]. La loro correlazione, nel montaggio audiovisivo, può essere riportata a due grandi categorie: la prima attinente allo spazio, la seconda al tempo. Per quanto concerne lo spazio, dobbiamo, prima di tutto, distinguere il suono diegetico[2] da quello extradiegetico. Il primo termine comprende tutti i suoni che provengono direttamente dalla diegesi del film, cioè dallo svolgimento narrativo vero e proprio: un dialogo tra personaggi, il fracasso di piatti rotti durante un litigio coniugale, il suono di un’orchestra che si esibisce in un locale o lo scalpiccio dei passi di un assassino che segue la propria vittima nell’oscurità.02 Venuto da un altro pianeta - Il jazz al cinema (prima parte - dialogo tra personaggi Fabrizi e Totò) Il suono extradiegetico (o suono over), invece, include il sonoro che solamente gli spettatori possono avvertire. Per esempio, la musica d’accompagnamento o la voce fuoricampo di un narratore.

Qualche volta, queste due tipologie di suono possono comunicare e fondersi tra loro: in un teatro è in corso un concerto da camera.03 Venuto da un altro pianeta - Il jazz al cinema (prima parte - concerto da camera) Un personaggio del film vi assiste (suono diegetico), ma, quando la macchina da presa lascia quello spazio, lo stesso brano si trasforma in musica d’accompagnamento (suono extradiegetico) per la sequenza successiva, che si svolge altrove. A sua volta, si può distinguere un suono diegetico in campo (o suono in) da un suono diegetico fuoricampo (o suono off). Nel primo caso, la cinepresa inquadra la sorgente del suono: una pistola, in mano ad un assassino, esplode un colpo.04 Venuto da un altro pianeta - Il jazz al cinema (prima parte - pistola)  Nel secondo, la stessa sorgente è esclusa dall’inquadratura: primo piano di un personaggio, colpo di pistola fuoricampo, il personaggio si accascia al suolo. O, ancora, un personaggio sta ascoltando musica dal vivo in un locale. Oltre al personaggio, sullo sfondo sono inquadrati anche i musicisti (suono in); al contrario, lo stesso personaggio si trova nello stesso locale ad ascoltare la medesima musica dal vivo, ma l’inquadratura è più stretta e non include i musicisti (suono off). Il suono fuoricampo può avere anche lo scopo di ampliare «virtualmente» lo spazio dell’inquadratura. Un regista potrebbe decidere di puntare l’obiettivo sui particolari del volto di un personaggio (occhi, naso, ecc.) e, al tempo stesso, di voler contestualizzare la presenza di quel personaggio in un determinato ambiente: il suono fuoricampo di una folla che incita una squadra di calcio, per esempio, farà capire allo spettatore che il personaggio si trova in uno stadio, dove sta assistendo ad una partita. Il suono diegetico fuoricampo è efficace anche a produrre un senso d’attesa nello spettatore, a fargli avanzare delle congetture: una donna è affacciata ad una finestra e guarda qualcosa che lo spettatore non vede.05 Venuto da un altro pianeta - Il jazz al cinema (prima parte - donna in finestra Romy Schneider) Improvvisamente, dalla strada, si levano il rombo di un motore, lo stridio di gomme sull’asfalto, il fracasso di un forte impatto e delle grida. Sul volto della donna è evidente lo sgomento. Che cosa è accaduto, esattamente? Un incidente, sì, ma ci sono state vittime? E la donna ne conosce qualcuna? La macchina da presa non ce lo rivela, continuando ad insistere sul primo piano del personaggio alla finestra.

Ancora, al cinema, la correlazione tra musica extradiegetica ed immagini può essere espressa in due diversi modi: la partecipazione e la distanza. La musica partecipa alla scena, adottando gli stessi ritmi e toni delle emozioni o degli stati d’animo rappresentati: paura, gioia, amore, ecc.; ne prende le distanze, invece, mostrando un apparente disinteresse nei confronti della narrazione, ma, in realtà, consolidando la drammatizzazione per mezzo della contrapposizione tra musica e immagini. Sempre nell’ambito della musica extradiegetica occorre ricordare tre diverse «figure» ricorrenti: il leitmotiv, l’avvio e l’interruzione improvvisa. Il leitmotiv, di origine wagneriana, è il tema che caratterizza fatti, momenti o personaggi nel corso del film.06 Venuto da un altro pianeta - Il jazz al cinema (prima parte - Wagner) L’avvio e l’interruzione improvvisa della musica servono ad enfatizzare una situazione. È necessario sottolineare come la musica extradiegetica e quella diegetica abbiano entrambe un notevole, ma differenziato, ruolo nel racconto filmico. La musica diegetica ha, prima di tutto, una funzione informativa e, poi, indiziaria: per esempio, a quel personaggio piace quel genere di musica oppure in quel locale si suona quel tipo di musica (funzione informativa); qual è l’ambientazione in cui si svolge la storia (funzione indiziaria). La musica extradiegetica, invece, rappresenta il punto di vista dell’istanza narrante nei confronti della storia e dei suoi personaggi.

Il rapporto tra cinema e jazz è caratterizzato da ulteriori, particolari questioni: “Il problema di fondo è l’approccio alla performance del tempo”[3]. Il jazz si svolge nel tempo presente; l’improvvisazione, soprattutto, lo rende un’arte in fieri. Il tempo del cinema, invece, è al passato. Tutto ciò cui assistiamo è «già avvenuto» ed è il frutto del montaggio di frammenti originariamente separati, che produce nel pubblico la sensazione, solamente la sensazione, di un flusso.07 Venuto da un altro pianeta - Il jazz al cinema (prima parte - montaggio) Inoltre, mentre il jazz vive di interazione dinamica tra i musicisti e tra essi ed il pubblico, il cinema prevede, con i propri spettatori, una relazione passiva. “Questa antitesi tra scorrere reale dell’improvvisazione e tempo-patchwork del cinema è apparsa sempre un ostacolo a chi ha usato il jazz, soprattutto nel cinema di finzione. La necessità di spezzare, montare, sfumare, missare, mal si adatta a restituire il dinamismo del vissuto improvvisativo, o comunque quella componente orale, che è alla base del jazz”[4].

Fino a qualche anno fa, si riteneva che il primo film ad occuparsi di jazz con una colonna sonora diegetica in campo fosse Il cantante di jazz (The Jazz Singer, U.S.A., 1927) di Alan Crosland, interpretato da Al Jolson.08 Venuto da un altro pianeta - Il jazz al cinema (prima parte - Jazz Singer) Si pensava anche che Il cantante di jazz fosse non solamente il primo film sonoro ad avere un qualche rapporto col jazz, ma anche il primo film musicato e parlato della storia del cinema. Precedentemente, Crosland aveva realizzato Don Giovanni e Lucrezia Borgia (Don Juan, U.S.A., 1926), con commento sonoro, ma privo di dialoghi. Al di là del titolo e delle aspirazioni del personaggio principale (il figlio di un cantore religioso ebreo, che nutre una grande passione per il jazz e si trucca da nero per cantarlo), Il cantante di jazz non ha molto a che vedere con la musica afroamericana. Al Jolson canta qualche patetica canzone e disegna il personaggio con tratti che oggi non potremmo davvero definire politically correct. Nello stesso anno (1927) in cui negli Stati Uniti esce Il cantante di jazz, in Francia, Jean Renoir tenta un esperimento ardito: in Charleston (Sur un air de Charleston), un film ancora privo di sonoro, unisce l’interesse per il jazz ad un racconto di sapore fantascientifico.09 Venuto da un altro pianeta - Il jazz al cinema (prima parte - Jean Renoir) Ecco come lo stesso Renoir sintetizza la storia del proprio mediometraggio: “Uno scienziato negro viene da un altro pianeta a visitare la terra. In seguito a una guerra stellare il nostro pianeta è stato distrutto. Sbarca accanto a una colonna Morris[5], unico monumento rimasto in piedi in tutto quel deserto, e viene sorpreso da una selvaggia che, siccome non conosce il linguaggio dello scienziato, si esprime danzando. Dopo questa danza lo scienziato ripartirà verso il suo pianeta portando con sé la selvaggia”[6]. In realtà, guardando il film [7]lo scienziato sembra provenire dall’Africa e ad essere distrutta da una guerra pare essere la sola Europa. Charleston è il quarto film realizzato da Jean Renoir ed è interpretato da Catherine Hessling (moglie/musa ispiratrice del regista) e da Johnny Huggins, ballerino newyorchese, che nell’autunno del 1926 (periodo in cui Renoir gira il film), sta calcando le scene parigine con la sua Revue négre. Il film può essere letto come un messaggio di pace e come una critica al razzismo e al colonialismo. Sarebbe certamente interessante poter ascoltare la musica d’accompagnamento (purtroppo perduta) da eseguire al pianoforte, in sala, che Renoir aveva commissionato a Clément Doucet (1895-1950), compositore e pianista belga, formatosi al Conservatorio di Bruxelles, ma presto convertitosi al cabaret e al jazz dopo un viaggio negli Stati Uniti.10 Venuto da un altro pianeta - Il jazz al cinema (prima parte - Clement Doucet) Ma il jazz, seppure come comparsa, aveva fatto capolino nel cinema già dieci anni prima della realizzazione dei film di Crosland e di Renoir: nel 1917, la Original Dixieland Jass Band è inquadrata in una breve scena di The Good-For-Nothing, di Carlyle Blackwell (1884-1955), uno tra i pionieri del cinema americano.11 Venuto da un altro pianeta - Il jazz al cinema (prima parte - Original Dixieland Jass Band)  E nel 1923, tre brevi pellicole di Lee De Forest, ribattezzate dopo il loro recente ritrovamento Sissle And Blake’s Snappy Songs, ci mostrano, e ci fanno ascoltare, Eubie Blake, Noble Sissle e le loro canzoni[8]. Si tratta di alcuni tra i primi, sperimentali tentativi di cinema sonoro (precedenti, dunque, a Il cantante di jazz), che registrano le performance di questi due straordinari musicisti afroamericani e che, si può sostenere, inaugurano quella che si rivelerà essere la lunghissima avventura del cosiddetto “jazz-film” del quale racconteremo altre vicende nelle prossime puntate.

 

NOTE

[1] Per questo excursus sui rapporti tra suono, immagini e racconto, la fonte di cui mi sono servito è l’imprescindibile saggio di Gianni Rondolino e Dario Tomasi, Manuale del film. Linguaggio, racconto, analisi, Torino, UTET, 2011.
[2] diegètico agg. [dal gr. διηγητικός «narrativo»] (pl. m. -ci), letter. raro. – Nel linguaggio della critica strutturalista, che riguarda la diegesi, lo svolgimento narrativo dell’opera: linea d., il filo o l’andamento d., e sim.
[3] Stefano Zenni, Nati insieme, introduzione a Guido Michelone, Il jazz-film, Roma, Lit Edizioni (Arcana Jazz), 2016, p. 7.
[4] Idem.
[5] La colonna Morris è una colonna luminosa utilizzata (ancora oggi) in Francia per reclamizzare gli spettacoli teatrali, cinematografici, musicali.
[6] Jean Renoir, La mia vita, i miei film, Venezia, Marsilio, 1992, p. 80.
[7] Cfr link in fondo all’articolo.
[8] Guido Michelone, op. cit.

 

PER APPROFONDIRE

BIBLIOGRAFIA

BIAMONTE, S. G. (a cura di), Musica e film, Roma, Edizioni dell’Ateneo, 1959.

COLANGELO, Giuseppe, Il pentagramma di luce. Film, storia e curiosità sulla “musica” nel cinema, Milano, Book Time, 2013.

GIAMPIETRO, Manfred, Ruoli e funzioni della musica nel cinema. Quasi un dialogo, Pisa, Felici, 2013.

RONDOLINO, Gianni, Cinema e musica. Breve storia della musica cinematografica, Torino, UTET Università, 2012.

SIMEON, Ennio, Manuale di storia della musica nel cinema. Storia, teoria, estetica della musica per il cinema, la televisione e il video, Milano, Rugginenti, 1995.

 

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