Storia del Jazz – Una prospettiva globale

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STORIA DEL JAZZ – UNA PROSPETTIVA GLOBALE
Stefano Zenni
Editore: Nuovi Equilibri/Stampa Alternativa (Collana New Jazz People)
di Gianmichele Taormina

 
Storia del Jazz - Una prospettiva globaleNel corso degli ultimi trent’anni, argomento di discussione rilevante nella vasta comunità internazionale degli studiosi di musica jazz, è stata la ricerca e l’approfondimento di una storicizzazione complessiva operata all’interno dell’articolato mondo della vicenda afroamericana. Più precisamente sotto l’aspetto che riguarda una ricostruzione storica dettagliata sugli inizi, sulle false partenze e sulla rivelazione delle intricate dinamiche che la compongono. Quali scenari restano ancora inesplorati e irrisolti? Quali gli aspetti meno battuti nel corso della (ri)costruzione cronologica di un puzzle ancora così complesso ma essenzialmente vitale? Trascorsi secoli dalle prime deportazioni degli schiavi nella nuova terra d’America, ad oltre cento anni di distanza dall’incisione della prima pubblicazione discografica di un disco di jazz, Stefano Zenni ridisegna l’intricata mappa di un universo che di certo appare affascinante, magico e di grande interesse culturale e documentale. La “prospettiva globale” di Zenni si muove così su più fronti, abbondonando parzialmente l’idea cronologica di fasi, stili e correnti che, da sempre, ha caratterizzato lo studio semantico della nostra musica. Zenni ne dà una nuova visione fornendo una chiave di lettura più ampia e meno ingabbiata, decisamente fuori dai consueti stereotipi, dalle comuni convenzioni e dalle rigide successioni temporali. Evoluzione non lineare, dunque, nella quale il musicologo toscano propone un percorso controcorrente ma decisamente veritiero nella simultaneità di taluni sviluppi. Fra i tratti caratteristi contenuti nel volume segnaliamo in primis le illustrazioni e i diagrammi che indicano percorsi alternativi ed esaustivi per la comprensione dei vari snodi epocali. Ad esempio, altamente esplicativa, appare la figura 6, che contrassegna i flussi dall’esterno all’interno degli States, oppure la tabella indicativa delle musiche nere contemporanee al jazz di fine Ottocento o ancora la mappa di Storyville degli anni Dieci poco dopo la sua demolizione. Di seguito Zenni prosegue con la descrizione della ramificazione contemporanea di stili e correnti sviluppatesi tra gli anni Cinquanta e Sessanta, dove Ellington conduce la ricerca del proprio linguaggio compositivo malgrado i movimenti trasversali di Miles Davis o dove l’hard bop sopravvive al violento avvento del free. Zenni, inoltre, analizza aspetti che si svincolano esternamente dalla pura analisi musicologica e non solo, cogliendone di contro alcuni tratti meno battuti e comunque paralleli: la fase di concepimento dei diritti d’autore, le seminascoste relazioni tra la danza e il jazz, l’avvento delle musiche contemporanee, il business discografico. E ancora la distanza, più che la comunanza, tra musica jazz e impegno politico, l’imprenditoria musicale, le contaminazioni tra i continenti come l’Asia, l’Europa e l’America. Dettagliatissima è tutta la parte dedicata agli anni Dieci e Venti, densa di richiami compositivi e precisazioni storiche minuziose che non tralasciano alcun particolare. Bellissimi i capitoli “La Giungla Urbana di Duke Ellington”, “Le Grandi Orchestre Nere”, “Le Altre Vie Del Bop, Dalla California Al Vocalese”, nei quali Zenni descrive con dovizia di particolari l’approdo a Stan Kenton partendo da Charlie Parker. Con linguaggio agile e fluido, il musicologo procede per titoli esemplari e mondi paralleli rimandando idealmente la fusione di alcuni supplementi, come è giusto che sia, alla sua precedente pubblicazione “I Segreti Del Jazz”, dove l’analisi musicale è ben più approfondita nei suoi aspetti puramente tecnici. Ecco, dunque, il perché di talune assenze di determinati personaggi (Brad Mehladu ad esempio) o di argomentazioni meno sviscerate di altre. Ultimo pensiero: i libri di storia del jazz vanno integrati tra di loro. Non tutto è spiegabile nella sua completezza. Complesso è invece il lavoro di crocevia che talvolta impone di tralasciare un particolare piuttosto che un altro. Spesso le pubblicazioni si coordinano a vicenda, ecco perché, a secondo dei vari punti di vista della critica, anche una sola mancata rifinitura potrebbe risultare attaccabile. Oggi non sappiamo se dall’altra parte del mondo, in questo istante, un altro storico stia approfondendo una particella che Polillo, Gioia, Shipton o Southern hanno inconsapevolmente tralasciato. Zenni lascia a noi un contributo non indifferente di seicento pagine: questo è un bel dato di fatto e a lui va dunque un meritato plauso. Nel frattempo l’affascinante e intricata storia della musica afroamericana continua e prosegue il suo inarrestabile percorso.